ATTUALITÀ – Quando esploriamo un nuovo ambiente memorizziamo alcuni punti di riferimento, e ci spostiamo da un luogo all’altro scegliendo la strada più breve per raggiungere i punti di interesse. Quando torniamo in un luogo già visitato poi, riusciamo in breve tempo a riportare alla memoria il percorso da effettuare per muoverci in quello spazio. La nostra capacità di stare e spostarci nello spazio in cui viviamo è dovuta a un vero e proprio sistema GPS presente all’interno del nostro cervello.
E oggi è stato assegnato il premio Nobel per la medicina e la fisiologia agli scopritori “delle cellule che costituiscono un sistema avanzato di posizionamento nel cervello”.
Il Nobel verrà condiviso tra John O’Keefe della University College of London, e i coniugi May-Britt e Edvard Moser del kavli Institute for System Neuroscience di Trondheim in Norvegia.
O’Keefe può essere considerato il padre di queste sensazionali scoperte: lui per primo negli anni ’70 ha individuato nell’ippocampo dei ratti intenti a esplorare un ambiente nuovo, l’accensione di un gruppo di neuroni che chiamò place cells o cellule di posizione. In base all’attivazione specifica di queste cellule, si pensa che il ratto memorizzi la conformazione dello spazio. L’ippocampo del ratto cioè si comporterebbe come una mappa su cui vengono posizionati dei punti di riferimento spaziali, dei veri e propri segnaposto, là dove si attivano le place cells. La sequenza di accensione non è predeterminata, ma le cellule dell’ippocampo forniscono una rappresentazione dettagliata dello spazio in cui l’animale si trova: cambiando luogo, cambia anche la rappresentazione cerebrale.
O’Keefe scoprì poi che l’ippocampo mantiene la sua peculiare funzione anche in questo particolare contesto di azione. L’attività dell’ippocampo è associata infatti alla memoria episodica, legata a un contesto, e tale funzione viene esplicata anche nel contesto spaziale. Infatti nel cervello si riaccende un percorso già rappresentato quando il ratto viene messo nuovamente in un ambiente che aveva già esplorato in precedenza.
I coniugi Moser hanno completato le osservazioni di O’Keefe trent’anni dopo i suoi primi studi, con la scoperta di una seconda area cerebrale coinvolta nell’orientamento e nel posizionamento spaziale, capace di relazionarsi e interagire con le “mappe” create a livello ippocampale.
La corteccia mediale entorinale è una parte del cervello in grado di costruire una rappresentazione dinamica della propria posizione, è quella che ci dice quanto distanti sono i posti tra loro. In questo comparto del cervello del roditore vengono create un sistema di coordinate, comparabili alla griglia di una mappa che segnala longitudine e latitudine e che permette di calcolare le distanze. Il pattern cerebrale è disegnato in seguito all’attivazione delle cellule griglia, così chiamate proprio perché la loro sollecitazione genera una struttura esagonale e periodica.
“L’eccezionalità della scoperta di questo sistema di posizionamento deriva dal fatto che nel cervello dei roditori si formino strutture sorprendentemente regolari, ordinate dal punto di vista matematico. Il cervello nel contesto spaziale ha appreso e applicato da solo regole geometriche che di solito impariamo a scuola”, ha commentato Alessandro Treves, docente di neuroscienze cognitive presso la SISSA di Trieste.
Il premio Nobel assegnato oggi poi ha anche una valenza che va aldilà della scienza: “con i Moser è stata premiata la small-science” e non un grande progetto deciso e gestito dai policy-maker, ha voluto sottolineare Treves. Il laboratorio di Trondheim non era in un centro universitario famoso, ma i Moser hanno deciso di allestire lì il loro laboratorio. Le difficoltà nella ricerca di fondi e di studenti disposti a lavorare con loro è stata ben ripagata dalle successive scoperte. “I punti di forza di questo centro nato dal nulla sono stati la capacità di attrarre giovani e di richiamare collaboratori da ogni parte del mondo, spesso ospitati nel laboratorio come visitatori esterni”, ha spiegato Treves.
Oggi è riduttivo pensare ai campi di applicazione o alla cura delle patologie legate della scoperta premiata dal Nobel. Il cervello è infatti ancora un terreno inesplorato per tante questioni riguardanti le scienze di base. “La scoperta di questi ricercatori ha una bellezza che trascende le possibili applicazionii future”, ha continuato Treves.
Inoltre le basi gettate dalle ricerche premiate oggi con il Nobel saranno fondamentali per gli sviluppi futuri di diverse discipline: infatti, come scrive O’Keefe a conclusione di uno dei suoi ultimi articoli, “le neuroscienze cognitive dello spazio sono destinate a emergere come un eccezionale campo integrativo, per testare le teorie che legano la codificazione neurale, l’apprendimento, la memoria e la cognizione”.
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