CULTURA – Per realizzarla ci hanno messo un tempo da record: solo 3 anni, impensabili oggi. Per colpa della burocrazia, come ha sottolineato Luigina Feretti, l’attuale direttore dell’Istituto di Radioastronomia. O per il fatto, ha notato il sindaco di Medicina Onelio Rambaldi, che oggi “la ricerca è soprattutto – purtroppo – quella dei fondi, piuttosto che quella scientifica”. Quali che siano gli attuali ostacoli a progetti di queste dimensioni, la Croce del Nord, un’antenna per misurazioni radioastronomiche di dimensioni importanti, è stato il progetto che ha messo l’Italia sulla mappa dell’avanguardia scientifica e tecnologica degli anni Sessanta e ha dato il via alla storia della disciplina nel nostro paese.
La stessa Ferretti, nell’introdurre la giornata di celebrazioni del 4 ottobre, ha posto lo strumento al centro di una delle grandi questioni scientifiche del Novecento: dirimere tra due teorie sull’origine dell’universo, quella dello stato stazionario di Fred Hoyle e quella del Big Bang di George Gamov. Scoperta proprio all’inizio degli anni Sessanta, è stata la radiazione cosmica di fondo a far propendere per la teoria, come ha sottolineato il giornalista Pietro Greco durante la mattinata, di un universo in continuo mutamento ed evoluzione. Ma soprattutto, aprendo all’uomo due nuovi occhi capaci di guardare nelle frequenze radio e allargando così le possibilità di indagine del cosmo, la radioastronomia ha anche profondamente modificato lo scenario filosofico in cui queste domande si sono poste. Non solo, come già si sapeva dalla rivoluzione copernicana, la Terra non occupa un posto “geograficamente unico” nell’universo, ma nemmeno il nostro sistema solare e la nostra galassia sono esattamente centrali nell’universo.
La Croce del Nord, con i suoi due bracci di 564 e 640 metri di lunghezza, le sue 500 tonnellate di peso, le 15 mila saldature che ne tengono insieme le parti, e i suoi 5632 sensori suddivisi tra le singole antenne ha contribuito alla storia della radioastronomia mondiale, fornendo uno degli strumenti capaci di guardare l’universo con “nuovi occhiali” e contribuendo a realizzare uno dei cataloghi di oggetti celesti più importanti tra anni Settanta e Ottanta. Dopo 50 anni di onorato servizio, non ha ancora intenzione di andare in pensione.
Oggi, infatti, è ancora un interessante banco di prova sul piano tecnologico. Lo ha raccontato Stelio Montebugnoli, appena pensionato, ma ingegnere che fino allo scorso anno ha potuto osservare e contribuire direttamente all’evoluzione della Croce del Nord. Una parte del ramo nord-sud è stata reingegnerizzata e ha preso il nome di BEST-2. Grazie a quest’operazione, la Croce del Nord ha contribuito a testare tecnologie che saranno implementate nel nuovo Square Kilomenter Array (SKA) in costruzione tra Sudafrica e Australia, strumento che dovrebbe entrare in funzione nel 2025.
Tecnologie che potranno avere impatti su diversi fronti, a partire dalla telefonia mobile e dalla trasmissione dei dati, ma che non da ultimo hanno avuto come obiettivo quello di ridurre i costi energetici per l’elaborazione dei dati. SKA raccoglierà ogni giorno l’equivalente di dati che un iPod potrebbe leggere in 2 milioni di anni. In mezzo ai deserti sudafricani e australiani, ridurre al minimo l’energia necessaria per l’elaborazione di questa mole enorme di dati è cruciale.
Ma BEST-2 è al centro anche di un altro banco di prova tecnologico, quello dell’identificazione e la tracciatura dei detriti spaziali. Dai dati presentati da Montebugnoli, c’è di che preoccuparsi: i detriti in orbita attorno alla Terra con un diametro compreso tra 1 e 10 centimetri sono stimati in oltre 500 mila. La stima per quelli sotto il centimetro è impressionante: 100 mila milioni. Considerando la grande velocità con cui viaggiano, sono veri e propri proiettili vaganti che possono compromettere seriamente i satelliti e la Stazione Spaziale internazionale. Con la Croce del Nord si sta sperimentando come poter tracciare in modo accurato questi resti spaziali che orbitano attorno al pianeta per cercare di limitare al massimo i danni da scontri.
Adagiata nella pianura alle porte di Medicina, comune a pochi chilometri da Bologna, la Croce del Nord si nota appena nella campagna attorno al Centro Visite con i suoi profili esili. Si fa notare sicuramente di più la parabola di 32 metri di diametro che la guarda da lì accanto. Assomiglia a un grande erpice che si integra bene con il panorama agricolo circostante e non “grida” la propria presenza al mondo. Eppure ha contribuito a una delle grandi rivoluzioni scientifiche dell’ultimo secolo, quella della radioastronomia, che ci ha permesso di capire più a fondo l’universo in cui viviamo. Chissà se quando l’avventura è cominciata quei pionieri pensavano che la Croce del Nord avrebbe potuto spegnere cinquanta candeline. Poco importa, e buon compleanno.
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