SCOPERTE – Mentre gli animali domestici diventano, negli anni, parte sempre più integrante del nucleo familiare, un piccolo gruppo di ricercatori si è domandato: quanto la relazione tra le persone e i loro compagni non-umani rispecchia quella tra genitori e figli?
La risposta l’hanno cercata tramite imaging a risonanza magnetica, per scoprire quali sono le aree del cervello che si attivano mentre si osserva il proprio bambino e mentre si osserva il proprio cane. “Gli animali domestici occupano un posto importante nel cuore e nella vita di molte persone, ed esistono prove evidenti da studi clinici e in laboratorio che l’interazione con loro può essere benefica non solo per la salute fisica, ma anche per il benessere emotivo”, spiega Lori Pallei del Massachussetts General Hospital, co-autrice dello studio pubblicato su PLoS ONE. “Molti studi precedenti hanno confermato che i livelli di neuro ormoni come l’ossitocina – coinvolta in legami come il pair bond e l’attaccamento materno – aumentano dopo l’interazione con gli animali. Le nuove tecnologie di imaging cerebrale ci stanno aiutando a comprendere le basi neurobiologiche di queste relazioni, il che è davvero interessante”.
Per confrontare le due tipologie di rapporto e l’attivazione cerebrale che le caratterizza, i ricercatori hanno arruolato un piccolo gruppo di 16 donne tutte con almeno un bambino tra i due e i dieci anni di età, e con almeno un cane che fosse parte della famiglia da due o più anni. L’indagine si è svolta in due fasi. Nella prima le partecipanti hanno compilato, da casa propria, svariati questionari, tra i quali uno riguardante la relazione con il figlio/a e con l’animale domestico. Entrambi, inoltre, sono stati fotografati all’interno della casa di famiglia.
Durante la seconda parte della ricerca le donne dovevano osservare le fotografie (non solo quelle dei propri bambini e cani, anche quelle altrui) mentre si trovavano nello scanner per l’imaging cerebrale. Dopo la sessione di scanning, ognuna ha svolto un test nel quale si valutava se avesse posto attenzione alle fotografie: se si ricordava quali aveva visto, a quali sentimenti associava le varie immagini e così via.
Gli scienziati hanno poi compilato i loro risultati in base ai dati di 14 donne su 16 (gli altri non sono risultati completi dal punto di vista delle informazioni o dello scanning), confermando che le aree cerebrali che si attivano sono simili di fronte alla foto di un figlio o del proprio cane. Se nel caso delle zone coinvolte in emozioni, ricompensa, legame e interazioni sociali l’attivazione avveniva in entrambi i casi, la regione legata alla formazione dei legami (la substantia nigra/ area tegmentale ventrale) si attivava invece solamente di fronte alle fotografie del proprio bambino.
La circonvoluzione fusiforme invece, area legata al riconoscimento facciale e ad altre funzioni di processamento visivo, mostrava attività molto più intensa di fronte al proprio cane che al proprio bambino. “Nonostante sia uno studio piccolo, i cui risultati potrebbero non applicarsi ad altre persone, i risultati suggeriscono che esista una rete neurale comune che è importante sia per la formazione del pair bond che del mantenimento di tale legame, e che si attiva sia di fronte alle immagini di un figlio che di un cane”, commenta Luke Soteckel, co-autore dello studio. “Pensiamo che la risposta della circonvoluzione fusiforme possa riflettere il fatto che nella comunicazione tra esseri umani e animali si fa più affidamento sugli elementi visivi rispetto a quelli verbali”. In futuro i ricercatori vorrebbero proseguire lo studio su un campione più ampio, per scoprire se gli stessi risultati si ottengono di fronte a donne senza figli, padri e genitori che hanno adottato i propri bambini (oltre che coinvolgendo animali differenti dai cani).
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