SALUTE

Diete mica tanto efficaci

Trial clinici mostrano che le diete South Beach, Dukan, Weight Watchers e dieta a zona non danno molti risultati

4222533261_97e032f908_zSALUTE – È ormai da tempo che molti medici si dichiarano scettici di fronte al potere delle diete. Quelle “creative” che spopolavano negli anni Ottanta e Novanta, e che tornano periodicamente alla ribalta, o quelle di nuova generazione.

Oggi la pulce nell’orecchio sulla loro efficacia ce la mette anche uno studio condotto da un team di ricerca canadese, e pubblicato sulla rivista Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes. La ricerca, che come anticipato dal nome della rivista rivolge lo sguardo non soltanto ai problemi di peso, ma anche alla questione di salute cardiovascolare legata all’obesità, ha preso in esame quattro delle diete tra le più popolari negli Stati Uniti – South Beach, Dukan, Weight Watchers e dieta a zona – analizzandole in dodici trial clinici. I ricercatori hanno chiarito che, in un anno, i pazienti sottoposti a queste diete, spesso complesse da gestire o insostenibili psicologicamente, hanno perso tra i 2 e i 6 chili, che è proprio il peso che avrebbero perso se avessero seguito un normalissimo regime alimentare povero di grassi. Anzi, i dati raccolti dopo 24 mesi hanno mostrato che parte dei chili persi con alcune delle diete, in particolare Weight Watchers e Atkins, venivano sistematicamente riguadagnati, mentre non sono stati osservati miglioramenti rilevanti per quel che riguarda la salute del cuore.

Certo, dodici trial non sono abbastanza né possono rappresentare una risposta esaustiva, ma ci danno già un’idea abbastanza chiara della situazione e, a fronte di milioni di euro e di dollari spesi in diete popolari, i dati non possono essere ritenuti affatto soddisfacenti per poter sostenere che queste diete siano efficaci. Né se ce ne sia una più utile.

Pare, invece, che un possibile spiraglio per la cura dell’obesità provenga da un ulteriore studio, recentemente pubblicato su Science Signaling, che riguarda il cervello più che l’assunzione di cibo, perché è il cervello che controlla il desiderio legato all’atto del mangiare e anche il dispendio di energia, ed entrambi contribuiscono all’ottenimento del peso corporeo corretto o scorretto.

Il team – del quale hanno fatto parte anche gli italiani delle università di Torino, di Padova, della Sapienza di Roma dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Pozzilli – ha riscontrato che i topi che avevano due particolari enzimi inattivi – PI3Kβ and PI3Kγ – erano più magri, mostravano più massa muscolare e meno adipe rispetto a quelli in cui gli enzimi in questione erano normalmente funzionati. Perciò hanno provato a somministrare inibitori di queste molecole nel cervello dei topi più grassi. Ed hanno visto risultati nella perdita di peso, risultati che potrebbero portare, nel prossimo futuro, all’elaborazione di una terapia umana contro l’obesità.

In Italia più di un terzo della popolazione è in sovrappeso e una persona su dieci è obesa.
Al mondo gli obesi sono oltre 500 milioni.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Alan Cleaver, Flickr

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Sara Stulle
Libera professionista dal 2000, sono scrittrice, copywriter, esperta di scrittura per i social media, content manager e giornalista. Seriamente. Progettista grafica, meno seriamente, e progettista di allestimenti per esposizioni, solo se un po' sopra le righe. Scrivo sempre. Scrivo di tutto. Amo la scrittura di mente aperta. Pratico il refuso come stile di vita (ma solo nel tempo libero). Oggi, insieme a mio marito, gestisco Sblab, il nostro strambo studio di comunicazione, progettazione architettonica e visual design. Vivo felicemente con Beppe, otto gatti, due cani, quattro tartarughe, due conigli e la gallina Moira.