In Val Padana la nebbia si dimezza
Così dicono i dati di uno studio condotto dall'Istituto di scienza dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna
AMBIENTE – Dai primi anni Novanta a oggi gli episodi di nebbia in Val Padana sono diminuiti del 47%, quasi dimezzati. E contemporaneamente è calato drasticamente il livello degli inquinati contenuti nelle gocce di nebbia e si è ridotta di ben 10 volte l’acidità. Questi dati sono stati recentemente diffusi da uno studio condotto dall’Istituto di Scienza dell’Atmosfera e del Clima del Cnr di Bologna e pubblicato sulla rivista Atmospheric Environment.
Il brutto della nebbia non riguarda esclusivamente i problemi legati ai trasporti e alla mobilità a causa dell’alta concentrazione di minuscole goccioline di acqua che riducono la visibilità, ma soprattutto il grado di inquinamento delle zone colpite. È proprio per il suo alto tasso di nebbia che la pianura padana – “perfetta” per la sua conformazione, che favorisce la stagnazione dell’aria intrappolando gli inquinanti nei bassi strati dell’atmosfera – è una delle zone più inquinate d’Europa.
In sostanza sono proprio le goccioline che agiscono come assorbenti di inquinamento, concentrando gli agenti inquinanti presenti nell’aria e trasportandoli verso le nostre vie respiratorie e spargendoli nell’ambiente, nelle zone verdi, sulle piante.
“La notizia interessante – spiega Stefano Fuzzi, responsabile dello studio – è che negli ultimi decenni la concentrazione di inquinanti nelle goccioline di nebbia si è parallelamente ridotta di circa l’80%, riflettendo una riduzione delle emissioni dei principali inquinanti: anidride solforosa, ossidi di azoto, ammoniaca, rispettivamente del 90%, 44% e 31%. E soprattutto sono diminuite le emissioni acidificanti portando l’acidità della nebbia a condizioni prossime alla neutralità.”
Oggi la nebbia, insomma, è la metà di una volta, in Val Padana: “Abbiamo osservato un calo della frequenza di nebbia a partire dall’inizio degli anni Novanta – ha chiarito Fuzzi – dopodiché negli ultimi anni la frequenza si è stabilizzata”. Inoltre il calo padano non è un trend che possa essere ricercato tout court anche nel resto d’Italia dove, non solo le nebbie sono da sempre meno frequenti, ma è possibile abbiano anche caratteristiche differenti. C’è chi parla di un aumento della nebbia al sud, ma in quel caso, il fenomeno non è dovuto all’olografia del territorio come in questa zona. È piuttosto originato dal mare e dall’umidità che deriva dalla sua vicinanza.
I motivi dell’incredibile calo? Ancora non del tutto chiari, ma i ricercatori ipotizzano che tale diminuzione vada di pari passo con l’aumento della temperatura dovuto al riscaldamento climatico. “Questa per il momento è ancora un’ipotesi che stiamo verificando – conclude Fuzzi – Comunque, a temperature più elevate corrisponderebbe una minore facilità a raggiungere il punto di condensazione del vapore acqueo atmosferico che determina lo sviluppo della nebbia. Una seconda ipotesi, per noi meno plausibile, è che la riduzione dell’inquinamento abbia fatto diminuire i nuclei di condensazione sui quali le goccioline di nebbia si formano. Nella pianura padana vi è infatti un’abbondanza di questi nuclei. Per ora non si può prevedere nulla per il futuro. Certamente sarà molto improbabile che la nebbia sparisca”.
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