Effetto serra = benefici degli OGM?
Sentiamo spesso ripetere che i negazionisti sono tutti uguali, ma forse non è così semplice. E ora è di moda paragonare chi si oppone agli OGM a chi si oppone ai limiti per le emissioni di gas serra
IL PARCO DELLE BUFALE – Da alcuni mesi è di moda paragonare gli oppositori degli Ogm agli oppositori dei limiti alle emissioni di gas serra. Entrambi apparterrebbero a lobby organizzate per mettere in dubbio il “consenso” scientifico.
L’ultima ripetizione del meme “i negazionisti sono tutti uguali” è uscito lunedì 9 marzo sul Guardian, a firma di tre ex presidenti dell’American Association for the Advancement of Science, Nina Fedoroff, Peter Raven e Philip Sharp:
La lobby anti-Ogm sembra copiare dal manuale di Climategate
dove Climategate sta per il furto, nel 2009, delle mail che i ricercatori della Climate Research Unit dell’università dell’East Anglia si erano scambiati con in colleghi per oltre dieci anni, e per la pubblicazione di frasi fuori contesto che sembravano alludere a falsificazioni dei dati (poi smentite da 11 commissioni d’indagine). L’occasione è la richiesta – non dal furto – da parte dell’associazione US-Right to Know, delle mail scambiate da 14 docenti universitari con multinazionali produttrici di Ogm, una richiesta non giustificata nel caso di parecchi di loro, a cominciare da Kevin Folta mai finanziato dall’industria per creare piante transgeniche o per promuoverne l’uso. Oltretutto US Right to know fa campagna per un’etichettatura che distingua i cibi contenenti Ogm dagli altri, un provvedimento così poco stravagante da essere già stato approvato da molti paesi.
Secondo i tre autori dell’articolo
I fatti sono chiari: il consenso scientifico sulla sicurezza delle piante geneticamente è equivalente a quello per il cambiamento climatico causato da attività umane.
In realtà il consenso si sta ancora cercando, mentre quello sull’effetto serra dei gas serra è stato raggiunto più di un secolo fa. Una rassegna uscita sull’ultimo numero di Environmental Sciences Europe e firmata da oltre 300 ricercatori dello European Network for Social and Environmental Responsibility spiega il perché:
Valutazioni rigorose della sicurezza degli Ogm sono state ostacolate dalla mancanza di finanziamenti indipendenti da interessi privati. La ricerca per il bene comune è stata inoltrefrenata da questioni di proprietà intellettuale e dall’accesso ai materiali negato a ricercatori che rifiutavano di firmare certi accordi contrattuali. (…)
La natura insufficiente e contraddittoria dell’evidenza scientifica pubblicata finora impedisce di giungere a conclusioni sulla sicurezza o meno degli Ogm.Le affermazioni sul consenso in merito alla loro sicurezza non sono convalidate da un’analisi obiettiva della letteratura peer-reviewed.
I fatti non sono chiari nemmeno negli Stati Uniti dove ricercatori – a volte finanziati dalla Monsanto, mai fare di ogni erba un fascio – hanno pubblicato dati sulla crescente resistenza degli insetti alle tossine espresse dagli Ogm per combatterli e delle piante infestanti ai diserbanti venduti insieme agli Ogm.
Sempre per non fare di ogni erba un fascio, alcuni Ogm sono decisamente benefici: nelle Hawaii le papaya SunUp e Rainbow hanno sostituito quella attaccata da un virus. Esprimono una sequenza di Rna inversa a quella indispensabile al virus per replicarsi e rendono dal 20 al 30% in più della Kapoho locale, che sono riuscite a salvare dall’estinzione per un pelo.
Certi oppositori degli Ogm esagerano e usano argomenti irrazionali, ma è un buon motivo per imitarli?
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Crediti immagine: papaya SunUp/università delle Hawaii