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Più sport per vivere meglio con l’HIV

Per le persone colpite il rischio di sviluppare patologie croniche è più alto: l'attività fisica aiuta a ridurlo e a vivere meglio

5936685734_bdf8e761f8_zSALUTE – Mentre l’idea di una giovane dottoranda italiana è ora una delle più promettenti linee di ricerca per l’HIV, continua la ricerca di base sul virus e anche l’impegno del personale medico per garantire ai malati una qualità della vita il più possibile vicina a quella delle persone sane. L’ultimo suggerimento arriva da una pubblicazione sul Journal of the Association of Nurses in AIDS care: oltre alle terapie antiretrovirali, chi ha l’HIV dovrebbe seguire un piano di attività fisica elaborato specificamente in relazione alla malattia.

“Le persone malate di HIV sviluppano patologie secondarie croniche prima e più frequentemente rispetto alle loro controparti sane”, spiega Allison Webel, prima firma della pubblicazione. “E le patologie cardiache sono tra quelle che rischiano di più”. I benefici del praticare regolarmente attività fisica, seguendo piani personalizzati sulle esigenze dei malati, sono numerosi: da un abbassamento del colesterolo fino a un miglioramento della salute mentale. Un impegno che ripaga.

Il punto è che, per quanto migliorare il proprio stile di vita sia una linea guida che accomuna il trattamento moderno di moltissime patologie (tra tutte i tumori), esistono solamente due programmi di allenamento pensati in modo specifico per chi ha l’HIV. E con circa 140mila sieropositivi e oltre mille decessi l’anno solo in Italia (un primato decisamente negativo per l’Europa occidentale, stabilito lo scorso anno) probabilmente è il caso di cominciare a ragionarci su.

Ma prima di tutto i ricercatori volevano capire se i pazienti, in generale, fanno un qualche tipo di attività fisica. Perciò hanno condotto un primo piccolo studio su 102 persone con l’HIV, età media 48 anni, che hanno tenuto un diario prendendo nota delle proprie abitudini. Così hanno scoperto che:

  • le donne si esercitavano circa due ore e mezza alla settimana, gli uomini tre e mezza (ma a ritmi meno intensi)
  • l’esercizio più diffuso era la semplice camminata o il salire le scale di casa, insieme a un po’ di stretching e sollevamento pesi
  • togliendo la camminata di routine, per le donne le ore di attività scendevano a poco più di una a settimana

Essendo le patologie cardiache il rischio predominante per i pazienti, il team di Webel ha confrontato questi numeri con le raccomandazioni dell’American Heart Association, che prevedono 30 minuti di esercizi aerobici cinque volte a settimana oppure 25 (ma più intensi) tre volte a settimana. Il tutto associato a esercizi di stretching fatti con cura almeno due volte a settimana. Se da questo primo piccolo campione è emerso un quadro mediamente positivo, rassicurando i ricercatori sul fatto che chi soffre di HIV è consapevole dell’importanza dell’attività sportiva e non conduce una vita del tutto sedentaria, siamo ancora lontani dalla situazione ideale.

Almeno l’80% dei partecipanti, infatti, soffriva già di una seconda patologia; nella maggior parte dei casi ipertensione o depressione. Per intervenire nel modo giusto, spiega Webel, bisognerebbe studiare degli allenamenti che, gradualmente, permettano a tutti i pazienti di lavorare in base al proprio ritmo ma anche di migliorare con il tempo, aumentando durata ed intensità degli esercizi per massimizzarne gli effetti benefici. E la soluzione ottimale sarebbe elaborare questo piano d’allenamento fin da subito, così che possa agire in parallelo ai farmaci.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Negazionismo HIV/AIDS “peer-reviewed”? Scienziati e pazienti non ci stanno

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Francois Peeters, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".