Nuova scossa in Nepal, in aiuto anche le mappe open source
Una nuova scossa di terremoto sconvolge il Nepal: la comunità internazionale può fare molto sfruttando le potenzialità delle mappe open source
CRONACA – È di nuovo emergenza in Nepal. La terra ha tremato martedì 12 maggio alle 12.35 ora locale, con una scossa di magnitudo 7.3. L’epicentro è stato a 76 Km a est di Kathmandu, vicino al confine con la Cina, a 22 Km a sud-est da Zham. Una seconda scossa di 6.3M è stata registrata un’ora dopo, come riferito dall’US Geological Survay. Il terremoto è stato avvertito anche a una distanza di 1000 chilometri da New Delhi, e in alcune città nella zona più a nord dell’India. Al momento si contano 48 vittime e 1261 feriti, principalmente a Katmandu e nel distretto di Chautara, in India 17 morti e 39 feriti, danni e vittime anche in Cina – fonte Earthquake Nepal MoHa.
E mentre la conta dei danni e delle vittime è probabilmente destinata a salire, per affrontare questa nuova emergenza la priorità – soprattutto per le organizzazioni internazionali e i centri di ricerca e di monitoraggio ambientale impegnati a soccorrere la popolazione del Nepal – è per il momento avere un quadro il più chiaro possibile del livello di rischio nelle prossime settimane e degli strumenti a disposizione per intervenire.
Allerta continua
Secondo i sismologi, i due eventi sismici sono parte di una catena di reazioni che ha indebolito la crosta, stressata in quella dalla prima grande scossa del 25 aprile. Ancora una volta, quindi, nessuna vera sorpresa. Subito infatti gli esperti si erano già affrettati a spiegare che sarebbe stato improbabile e imprudente considerare l’evento del 25 aprile come isolato.
Solo qualche giorno fa, un gruppo di scienziati della NASA, del California Institute of Technology, dell’US Geological Survey avvertivano che mancavano pochi giorni – meno di due settimane – per raccogliere e analizzare dati utili del precedente sisma per un’analisi qualitativa sulla dinamica dell’evoluzione geologica della zona. I dati sono disponibili grazie a una rete attiva di sensori alle pendici dell’Himalaya, ma in questa fase di emergenza rischiano di essere inutili se non raccolti per tempo.
Si avvicina inoltre la stagione dei monsoni, che copre generalmente i mesi da giugno a settembre con una quantità di precipitazione in realtà imprevedibile, che può variare di molto di anno in anno. Questo significa rischio di alluvioni e frane nelle aree già destabilizzate dal sisma, e conseguente ostruzione di fiumi e strade con grandi difficoltà di accesso a città e villaggi. Fornire assistenza per i servizi igienico-sanitari primari diventa in questo modo una seria difficoltà.
L’effetto valanga post-sisma, del resto, ha colpito immediatamente il campo base dell’Everest il 25 aprile, dove questa volta non si sono registrate vittime secondo Nepal’s Department of Tourism. La zona trekking del Langtang infatti è stata evacuata negli ultimi giorni per decisione del governo, dopo le nuove pressioni per rivedere i criteri di accesso al Monte. L’attenzione quindi rimane molto alta. Se non c’è tempo per allestire un sistema di allerta efficiente per le prossime settimane, un maggiore tempismo può essere garantito però per i soccorsi, grazie alle tecnologie opensource e di crowdsourcing.
Organizzare i soccorsi in crowdsourcing
Dopo il primo sisma, la comunità OpenStreetMap si è subito mobilitata, con il supporto di MapGive, mettendo all’opera più di 4000 volontari per aggiornare i database con i dettagli dei danni nelle aree colpite (circa 30 000 segmenti di strade e 250 000 edifici). Tra i contribuiti, c’è quello del Kathmandu Living Labs, una compagnia no-profit fondata nel 2013 da Nama Raj Budjatoki, Ph.D. esperto di open data e social media dell’Università dell’Illinois, nella consapevolezza di un disastro imminente.
Questi strumenti possono davvero fare la differenza? Contribuire è in linea di principio molto semplice, si tratta di gestire, aggiornare e comparare le mappe tra prima e dopo l’evento nel minor tempo possibile per interventi mirati. La Croce Rossa, la World Bank e altre agenzie delle nazioni Unite hanno già usato in loco i database del Kathmandu Living Labs (analogamente era successo nelle Filippine per il Tifone Hayan nel 2013). Può contribuire chiunque, anche a distanza, con la stessa logica di uno strumento wiki. Sono già diverse centinaia infatti gli aggiornamenti al database delle ultime ore.
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