Una nuova molecola contro la sclerosi multipla
Si chiama MCAM ed entro giugno partirà il primo trial clinico per studiarne l'efficacia. Sui topi e in vitro ha rallentato il progredire della malattia anche del 50%
SCOPERTE – Un gruppo di ricercatori del CHUM Research Centre e dell’Università di Montreal ha appena scoperto una molecola che, in futuro, potrebbe portare a un farmaco per rallentare il progresso della sclerosi multipla. Si chiama MCAM e, anche se per ora gli studi sono limitati a cellule umane in vitro e ricerca su modelli animali, secondo gli scienziati potrebbe trattarsi della “prima terapia che davvero avrà un effetto sulla qualità della vita delle persone con la sclerosi multipla, riducendo la disabilità in modo importante e rallentando il progredire della malattia”. Questo il commento di Alexandre Prat, leader dello studio su Annals of Neurology e professore al Dipartimento di Neuroscienze all’Università di Montreal.
Le cause della sclerosi multipla sono, in parte, ancora sconosciute. Secondo i dati AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) nel mondo sono tra i 2,5 e i 3 milioni le persone che soffrono di questa patologia, dei quali 600mila in Europa e 72mila in Italia. Può esordire a qualsiasi età ma viene diagnosticata nella maggior parte dei casi tra i 20 e i 40 anni, colpendo le donne in numero doppio rispetto agli uomini. Anche per il fatto che colpisce persone molto giovani può essere difficile convivere con la malattia (ne avevamo parlato qui, raccontando la storia del blog condiviso Giovani Oltre la SM) e su alcuni trattamenti, ad esempio il THC (tetraidrocannabinolo, principio attivo della cannabis) il dibattito è aperto.
Si tratta di una malattia neurologica che porta con sé paralisi, addormentamento di parti del corpo, perdita della vista, deficit nell’equilibrio e nei movimenti che possono portare a una disabilità cronica. Se normalmente il cervello è protetto dalla barriera emato-encefalica, che impedisce ai linfociti di penetrare nel sistema nervoso centrale, in chi soffre di SM questo sistema non funziona altrettanto bene: due tipologie diverse di linfociti, i CD4 e i CD8, trovano il modo di attraversare la barriera, attaccano il cervello distruggendo la guaina mielinica (che protegge i neuroni) e determinano un calo nella trasmissione degli impulsi nervosi. Oltre alla formazione di placche, da cui il nome della patologia.
Nel 2008 il team di Prat aveva già identificato la molecola MCAM (melanoma cell adhesion molecule) che gioca un ruolo cruciale in questi meccanismi. “I nostri studi hanno mostrato che MCAM è necessaria per la migrazione dei linfociti CD4 e CD8 attraverso la barriera emato-encefalica. Se blocchiamo la sua interazione con la proteina con la quale si lega normalmente, l’attività della malattia viene ridotta”, spiega Prat. A quel punto anche la Prothena Corporation aveva raggiunto nuovi risultati studiando MCAM, ed è nata una nuova collaborazione con CRCHUM.
“Abbiamo osservato un calo di circa il 50% dell’attività della malattia nei topi con EAE, l’encefalite autoimmune sperimentale, il modello animale più utilizzato per studiare la sclerosi multipla. La cosa più significativa è che la malattia può essere fermata fin dalla comparsa dei primi sintomi, oltre al fatto che siamo stati in grado di rallentarne la progressione. Per la prima volta”, commenta Prat, visto che nessuna delle medicine al momento in commercio permette di farlo.
L’anticorpo su cui stanno lavorando gli scienziati si chiama PRX003 ed è stato progettato per inibire la funzionalità di MCAM e prevenire, in questo modo, la migrazione distruttiva dei linfociti. I trial clinici dovrebbero iniziare entro la fine di giugno su un gruppo di volontari in salute, per continuare poi nel 2016 con un altro studio che ne esaminerà l’efficacia su pazienti che soffrono di psoriasi. Non si tratta solamente di sclerosi multipla, spiegano gli scienziati, perché l’attività degli anticorpi anti-MCAM potrebbe rivelarsi utile per trattare svariate malattie autoimmuni.
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