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Animali estremi, l’abominevole granchio yeti

Vive nelle profondità antartiche e rischia in ogni momento di finire congelato o cotto, ma ha risolto il problema del cibo: se lo fa crescere addosso

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SCOPERTE – Un passo troppo vicino alle bollenti sorgenti idrotermali e finirebbe cotto a 400°C, allontanandosi troppo il rischio è invece il congelamento. Così una nuova specie di granchio yeti (Kiwa tyleri, chiamata così in onore del pioniere della scienza degli abissi marini Paul Tyler) trascorre la quasi totalità della sua esistenza in una nicchia a dir poco microscopica, al largo dell’Antartide, presso le sorgenti della East Scotia Ridge a 2.600 metri. È stato descritto in una ricerca pubblicata su PLoS ONE e, ancora una volta, ci ricorda di quanto ci sia da scoprire nelle profondità degli oceani.

Come le altre due specie già note, Kiwa hirsuta e Kiwa puravida (scoperte rispettivamente nel 2005 e nel 2006), il granchio yeti deve il suo nome da abominevole uomo delle nevi al fatto d’essere coperto da strutture bianche simili a peli, chiamate setae. Non si tratta di strumenti decorativi bensì di una sorta di “orto” personale, che cresce direttamente sul suo corpo: le setae attirano i batteri di cui si nutre il granchio yeti, permettendogli di non doversi spostare a caccia di cibo ma coltivarne un tappetino direttamente su di sé. Gli spostamenti, nella sua vita, non sono previsti.

Gli scienziati del team di Sven Thatje, ecologo della U.K.’s University di Southampton e leader della ricerca, hanno scoperto Kiwa tyleri pilotando in remoto un veicolo sottomarino (quello stesso tipo di veicoli che ci stanno aiutando a sviluppare mappe sottomarine in 3D). Si sono imbattuti in una folta e florida colonia di granchi yeti, una distesa bianca e pelosa. Questi crostacei, proprio per il fatto che allontanarsi troppo dalle sorgenti non è una buona idea, vivono a stretto contatto con i loro simili: in un metro quadrato ne si può trovare fino a 700 esemplari, impilati gli uni sugli altri. I più piccoli sono lunghi circa mezzo centimetro, ma possono arrivare fino a 15.

Le uniche ad allontanarsi un po’ di più dalla fonte di calore sono le femmine, che secondo gli esperti si riproducono una sola volta nella vita e sono costrette a raggiungere una zona più fredda per permettere alle larve di crescere. Come quelle di molte altre specie di profondità, è molto probabile che le larve di Kiwa tyleri abbiano bisogno di temperature più basse per svilupparsi. Mentre lo fanno, il corpo delle loro madri viene lentamente consumato dal freddo.

@Eleonoraseeing

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: NERC (National Environment Research Council)

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".