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Il nuovo vaccino contro il Colera costa solo 3,70 dollari

Testato in Bangladesh su 260 mila persone, ha la copertura più alta mai vista e costa un decimo dei precedenti

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SALUTE – Il 5 luglio scorso compariva all’interno dell’inserto domenicale del Sole24Ore un articolo a firma di Gilberto Corbellini dal titolo “Il giusto costo dei farmaci”, che metteva nero su bianco la tesi secondo cui “ridurre artificiosamente i prezzi delle medicine genera effetti negativi sulla salute dei cittadini. Che non beneficiano più dell’innovazione.” La sfida non sarebbe quella di produrre farmaci a prezzi sempre più bassi, perché ciò indebolirebbe la capacità di fare innovazione, quanto piuttosto “fare in modo che i vantaggi per la salute che deriveranno dai nuovi farmaci siano il più largamente accessibili.”

Una questione complessa da dirimere, e che cade a fagiolo oggi, dopo la notizia dell’entrata di un nuovo vaccino per il colera super economico sul mercato.

Si chiama Shanchol e costa solo 3,70 dollari per una confezione di due dosi. È il vaccino più efficace fra quelli finora messi in commercio, ma soprattutto il meno costoso, realizzato grazie agli investimenti della famosa Bill & Melinda Gates Foundation.
Un vaccino la cui efficacia è stata provata all’interno di uno studio condotto in Bangladesh su una popolazione di oltre 260 mila persone, mostrando una copertura altissima. Lo studio è stato pubblicato l’8 luglio su The Lancet.
A un primo gruppo è stato somministrato solamente il vaccino, a un altro alla somministrazione si sono aggiunte le spiegazioni di alcune buone pratiche per evitare l’infezione, mentre all’ultimo gruppo non è stato somministrato alcun vaccino. Il risultato è che quanto a copertura, si è raggiunto il 65% nel primo gruppo e il 66% nel secondo gruppo di pazienti. Numeri importanti.

Le osservazioni di Corbellini ci offrono senza dubbio spunti interessanti sui quali riflettere, ma sembra che in casi come questo non sia così semplice capire qual è la strada giusta da seguire.

A produrre questo nuovo vaccino abbattendo il prezzo rispetto al suo “concorrente”, grazie ai finanziamenti della Bill & Melinda Gates Foundation, è stata infatti non un’organizzazione senza scopo di lucro votata al volontariato, ma Shantha, una società di una delle più note aziende farmaceutiche al mondo, Sanofi Aventis.

Il fatto che il vaccino sia stato testato in un paese come il Bangladesh non è un caso. Il colera infatti in questo paese è endemico, con epidemie annuali, ed è connesso inequivocabilmente con situazioni di estrema povertà e assenza di igiene. Non è nemmeno un caso che all’interno dello studio il fattore delle buone pratiche comportamentali in fatto di igiene, combinato al medicinale, sia risultato primario.
Come molte altre epidemie, il colera è infatti una malattia che va a braccetto con la povertà, colpisce chi è già in difficoltà, chi vive nelle baraccopoli e non ha accesso a fonti d’acqua che non siano contaminate. In paesi come Bangladesh, Haiti, Malawi, specie nelle zone urbane, si legge nello studio, un vaccino che costa un decimo di questo può cambiare non solo la vita delle persone affette, ma la gestione della sanità pubblica.

“A rendere davvero remunerativo innovare nel settore farmaceutico è innanzi tutto la nostra disponibilità a pagare, per stare bene, molto più della nostra disponibilità economica” scrive ancora Corbellini. Forse è vero per noi abitanti dei paesi ricchi, ma è altrettanto vero che non tutti nel mondo se lo possono permettere. Per acquistare il Dukoral, il vaccino orale oggi più utilizzato nel mondo, un abitante del Bangladesh deve mettere da parte un mese di stipendio, circa 30 dollari, il costo della terapia. Con la conseguenza è che ogni anno dai 3 ai 5 milioni di persone si ammalano ancora oggi dal colera, e oltre 100 mila sono le morti accertate.

@CristinaDaRold

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Dominique Dogbout, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.