17 anni e 22 giorni per il riconoscimento di un diritto
La storia di Eluana Englaro e la lotta per l'autodeterminazione terapeutica raccontata in un fumetto di 001 Edizioni
LIBRI – 6233 giorni sono tanti, tantissimi. Chi di noi diciassette anni fa sarebbe riuscito a immaginarsi com’è davvero oggi? Molto difficile: troppe le variabili, troppi gli eventi esterni che ci hanno condizionati. Per questo, Claudio Falco e Marco Ferrandino, assieme alla disegnatrice Martina Sorrentino, hanno fatto ricorso a un’invenzione narrativa, Laura, nata lo stesso giorno di Eluana, nella stessa clinica. Ma non ha avuto nessun incidente il 18 gennaio 1992: ha vissuto una vita come una qualsiasi delle nostre. Il fumetto segue questo doppio binario, realtà e finzione narrativa, che permette di vedere dagli occhi delle due donne com’è cambiato il mondo, com’è cambiata l’Italia in questi 17 anni. Anzi, quasi 19 se consideriamo i due che sono passati dalla sentenza della Corte di Cassazione del 16 ottobre 2007 e il 9 febbraio 2009 in cui Eluana è effettivamente morta dopo la sospensione dell’alimentazione forzata.
Eluana 6233 giorni (001 Edizioni, 2015) è un altro racconto, che si aggiunge ai molti che già sono stati fatti (come il discusso film di Marco Bellocchio del 2012, Bella addormentata), ma con uno sguardo meno diretto. Non si accanisce nei dettagli, nella ricostruzione. Si concentra piuttosto sul dipingere il clima e l’atmosfera della vicenda. In questo senso, dal punto di vista narrativo, Eluana non sembra nemmeno essere la protagonista, quanto piuttosto un elemento, un elemento di scardinamento di una situazione rimasta immutata fuori tempo massimo.
Nell’introduzione, Maurizio Mori, ordinario di bioetica a Torino e dal 2006 presidente della Consulta di bioetica, parla di una vera e propria “breccia di Porta Pia”: “come allora (20 settembre 1870) l’ingresso dei bersaglieri in Roma ha segnato la fine dello Stato Pontificio e con essa l’affermazione della libertà politica di cittadinanza, così oggi (9 febbraio 2009) l’attuazione di quanto previsto dalle legittime sentenze circa il caso Eluana ha segnato la fine del paternalismo medico vitalista che subordinava la libertà dell’interessato alla tutela della vita, per affermare che il consenso informato e la libertà sta al vertice e ha la precedenza su tutto il resto”.
Una rottura che si è cercato di impedire con proteste, manifestazioni, una legge (il famoso decreto “salva Eluana”), pressioni di ogni tipo, ma che alla fine di quei 6233 giorni si è realizzata. Ma che cos’è cambiato nel frattempo? Tanto, ma soprattutto le capacità della medicina. In questi ultimi quarant’anni, com’è tipico nello storia delle discipline scientifiche, gli avanzamenti tecnici e teorici hanno permesso di spostare più in là i limiti di ciò che l’uomo riesce a fare. E, quindi, capita che il corpo respiri, che il cuore pulsi, ma che il cervello non si risvegli. E che fare in questi casi? La lotta che Beppino Englaro ha condotto al posto della figlia è la lotta perché “l’autodeterminazione terapeutica non può incontrare un limite anche se ne consegue la morte”, come appunto voleva Eluana. La sentenza arrivata al termine di quei 6233 dice che questa scelta “non ha niente a che vedere con l’eutanasia”. Sono virgolettati dall’intervista con Beppino in coda al volume che ricordano la determinazione di chi, con coraggio, ha fatto questa battaglia per sua figlia, ma anche perché tutti noi potessimo scegliere.
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