SPECIALE LUGLIO – “L’anno appena trascorso è stato il più caldo dal 1880”. Così il New York Times iniziava un articolo a gennaio di quest’anno, riferendosi al 2014 appena trascorso. Il giornalista potrebbe utilizzare lo stesso attacco anche per l’anno prossimo.
Il 2015 non si è dimostrato meno rovente del suo predecessore. Anzi è rientrato a pieno titolo nella classifica stilata dall’organismo americano NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), una classifica che individua i dieci anni più caldi dell’ultimo secolo. Sono tutti distribuiti tra il 2000 e il 2015 fatta eccezione per il 1998.
Secondo l’ultimo rapporto del mese di luglio del NOAA, la temperatura media globale sulla superficie terrestre di giugno 2015 sarebbe pari a 14,56°C. Ben 1,26°C in più rispetto alla media degli ultimi 130 anni. L’intervallo più grosso rispetto a quello di tutti gli anni precedenti.
Al di là dei singoli valori, l’andamento generale degli ultimi 100 anni è evidente. Il nostro Pianeta ha iniziato la sua corsa verso temperature sempre più elevate.
A peggiorare il quadro, ci sono intere aree che sforano rispetto alla temperatura media. La parte occidentale degli Stati Uniti, le aree più settentrionali dell’America Latina, molte regioni dell’Africa Centro-Occidentale e l’Asia Centrale e Sud-Orientale.
La sezione del Global Climate Change della NASA ha registrato le stesse anomalie anche in Europa. Nel Vecchio Continente sarebbe un fronte di alta pressione a mantenere le temperature così elevate. Nel Nuovo Mondo invece il caldo verrebbe dal mare e in particolare dal Pacifico Orientale.
I dati forniti da MODIS ( Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) uno strumento associato al satellite della NASA “Terra”, hanno permesso di creare una mappa che evidenzia le zone più calde del Pianeta a cavallo tra la fine di giugno e i primi giorni di luglio del 2015. I sensori di MODIS sono in grado di evidenziare le temperature della superficie terrestre, rivelando le zone che hanno una temperatura anomala rispetto alle medie tra gli anni 2001 e 2010.
Ma è possibile localizzare picchi di calore in alcune aree ben precise? Sono le città o i deserti le zone del Pianeta che fanno schizzare in alto le colonnine di mercurio?
La temperatura terrestre superficiale raggiunge picchi più alti soprattutto dove il cielo è limpido e terso e il terreno è secco. I migliori candidati per le zone più calde sono dunque i deserti. Secondo Mildrexler, and Maosheng Zhao, che hanno condotto uno studio tra il 2003 e il 2009 concentrandosi proprio sulle aree deserte, sarebbero proprio il deserto di Lut in Iran, con i suoi 70.7°C o la regione del Queensland in Australia con i 69.3°C ad aver battuto ogni record.
Tuttavia anche le città fanno la loro parte: asfalto, superfici poco riflettenti, mattoni e tegole diventano roventi alla luce del sole e contribuiscono a innalzare le temperature locali. In particolare, secondo l’Environmental Protection Agency americana, le temperature percepite in un centro cittadino sarebbero di 6°C superiori rispetto a quelle delle aree rurali. L’aria si surriscalda in seguito all’andirivieni delle automobili, ai tanti macchinari in uso e alle attività umane.
Basta dare un’occhiata alle temperature registrate negli ultimi due mesi per accorgersi che ci sono città che hanno raggiunto picchi molto elevati.
Secondo il Climate Prediction Center, nei prossimi mesi la situazione non cambierà. Farà sempre più caldo rispetto alle medie registrate in precedenza. Le possibilità che El Niño continui a lambire le coste dell’emisfero settentrionale sono pari al 90%, per cui farà caldo almeno fino alla primavera 2016.
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Crediti: infografica interattiva – Giulia Annovi; Mappa: NASA; Infografica interattiva: cicala