PMA: troppi ovociti, più rischi per il bebé
Con più di 20 ovociti recuperati dopo stimolazione, aumenta il rischio di parto pretermine e basso peso alla nascita.
GRAVIDANZA E DINTORNI – Quando si tratta di fecondazione in vitro, non è sempre detto che “tanto” sia “meglio”. In particolare, non è detto che raccogliere un numero molto elevato di ovociti dopo un ciclo di stimolazione ovarica sia una buona cosa. Anzi, è esattamente il contrario. Sia perché (come già noto) aumenta il rischio per la donna di andare incontro a sindrome da iperstimolazione ovarica, una condizione che può anche avere gravi conseguenze, sia perché – ed è una novità, contenuta in un articolo pubblicato da Human Reproduction – in caso di gravidanza aumenta il rischio di esiti ostetrici avversi: parto pretermine (prima di 37 settimane) e basso peso del bambino alla nascita (meno di 2,5 kg). Una ragione in più per invitare i medici a mettere in atto terapie di stimolazione “su misura” per ogni donna .
Gli autori dello studio – un gruppo di ricercatori inglesi, in collaborazione con Antonio La Marca, professore di ginecologia e ostetricia all’Università di Modena e Reggio Emilia – hanno analizzato i dati relativi ai cicli di fecondazione in vitro a fresco eseguiti in Gran Bretagna tra il 1991 e il 2008 e contenuti nel database della Human Fertilisation and Embryology Authority. In particolare, si sono concentrati su quelli che hanno portato a una gravidanza singola e a un neonato vivo (oltre 65.800). In questo campione è emersa chiaramente un’associazione tra un elevato numero di ovociti raccolti dopo la stimolazione ovarica (più di 20) ed esiti ostetrici avversi, in termini di basso peso alla nascita e di parto prematuro, il cui rischio aumenta del 17%. Ovviamente, non c’è una norma nel numero di ovociti che si recuperano durante le procedure di procreazione medicalmente assistita (PMA): in genere, però, viene considerato ottimale un numero compreso tra 10 e 15.
L’associazione osservata è rimasta valida anche dopo aver tenuto conto di altri fattori che potrebbero comportare esiti negativi (l’età materna, la presenza di cause femminili di infertilità, l’avvio della gravidanza come multipla). Anzi, secondo i ricercatori il recupero di più di 20 ovociti rappresenta proprio il principale fattore di rischio per prematurità e basso peso nelle gravidanze da fecondazione in vitro. Ma da cosa dipende questo effetto?
“L’ipotesi è che c’entri un’alterazione del ‘clima’ ormonale in cui avvengono le prime fasi di sviluppo dell’embrione” spiega La Marca. “Le terapie per la stimolazione ovarica fanno aumentare i livelli di alcuni ormoni, come estradiolo e progesterone, che agiscono anche sull’endometrio, il tessuto di rivestimento dell’utero, sul quale si impianta l’embrione. Si ritiene da tempo che ci sia un rapporto di causa-effetto tra i livelli di questi ormoni e la qualità dell’impianto e, in generale, della formazione della placenta, dalla quale dipende anche l’andamento della gravidanza. Ora, nelle donne che producono molti ovociti, i livelli di progesterone sono particolarmente alti e questo potrebbe appunto influenzare impianto e placentazione”.
Ma di quali numeri stiamo parlando esattamente? “Nel campione preso in esame, e in generale secondo i dati di letteratura, le donne che dopo stimolazione ovarica danno un recupero di ovociti molto elevato rappresentano circa il 5-10% del totale” afferma il ginecologo. Consideriamo il 10%: significa che su circa 55 000 cicli di fecondazione in vitro (tanti ne sono stati eseguiti in Italia nel 2013, parlando di tecniche di II e III livello, a fresco), in 5500 casi si verifica un recupero ovocitario elevato. Se supponiamo che il 20% dei cicli di fecondazione porti a una gravidanza, parliamo di 1100 donne che hanno un rischio più elevato di andare incontro a parto pretermine o di avere un bambino di basso peso. Di quanto più elevato? “Il rischio relativo è del 17%.” precisa La Marca. “In termini assoluti, probabilmente parliamo di 10-20 bambini l’anno”.
Certo, non sono cifre altissime, ma in campo ostetrico è comunque sempre importante riuscire a ridurre il rischio di eventi avversi. Anche perché in questo caso basta davvero poco: “Si tratta semplicemente di valutare con attenzione la riserva ovarica della donna prima di procedere con un ciclo di fecondazione in vitro. Lo si può fare tranquillamente combinando l’ecografia con il dosaggio di alcuni ormoni. Sulla base dei risultati ottenuti, e indipendentemente dall’età della donna, il medico modulerà la terapia per la stimolazione, in modo da ottenere non solo la massima efficacia, ma anche la massima sicurezza”.
Credit Immagine: katerha/Flickr
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