Sapone antibatterico, più efficace di quello normale?
Nel dicembre 2013 la FDA statunitense ha chiesto ai produttori di dimostrare con dati l'efficacia dei saponi antibatterici rispetto a quelli normali. Iniziamo a vedere i risultati
Forse ricorderete quando, qualche tempo fa, abbiamo parlato con la dermatologa Anna Belloni Fortina (Università di Padova) del triclosan, un disinfettante ampiamente utilizzato nei prodotti con i quali entriamo in contatto tutti i giorni. Saponi, dentifrici, shampoo per capelli, cosmetici, addirittura in alcuni dei tessuti più complessi. Se dal punto della sicurezza vi rimandiamo alla lettura del nostro articolo, oggi parliamo di un altro aspetto da poco affrontato su una pubblicazione sulla rivista Journal of Antimicrobial Chemotherapy: l’efficacia dei saponi antibatterici che contengono il triclosan rispetto ai saponi “normali”, testata in vitro e in vivo.
A quanto pare lavarci le mani con gli uni o con gli altri non fa nessuna differenza, e il motivo per il quale si comincia ad approfondire questo aspetto è che a partire dal dicembre 2013 la FDA, Food and Drug Administration statunitense (ente governativo che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) ha proposto una nuova regola che imponga ai produttori di dimostrare, dati alla mano, che i prodotti e saponi da loro venduti in quanto “antibatterici” sono davvero più efficaci rispetto alla semplice acqua o a un qualsiasi altro sapone.
Quattro ricercatori della Korea University di Seoul hanno iniziato il loro studio testando l’efficacia antisettica del triclosan sui batteri, 20 ceppi diversi scelti dalla FDA, e continuato l’esperimento studiandola direttamente sulle mani di 16 volontari. Si sono resi conto che la tanto pubblicizzata efficacia antibatterica esiste, sì, ma non si verifica nel giro dei pochi secondi che impieghiamo nella nostra quotidianità per lavare le mani dopo aver utilizzato la toilette, o prima di iniziare a mangiare.
Gli scienziati hanno ricreato le condizioni di un lavaggio esponendo i batteri al triclosan per 20 secondi a una temperatura di 22 °C, quella che potremmo trovare nella stanza di una casa, e poi a 40 °C. La concentrazione del triclosan era dello 0,3%, quella consentita oggi dalla legge in Corea.
(Per quanto riguarda l’Unione Europea la concentrazione consentita è ancora minore poiché è stata limitata allo 0,2% per tutti i prodotti cosmetici nell’aprile 2014 ; la normativa precedente, risalente al 2009, aveva stabilito la concentrazione alla stessa che oggi vige in Corea, 0,3%, ritenuta poi non sicura per il rischio di sovraesposizione)
Cosa hanno scoperto? Gli effetti antisettici del triclosan c’erano, ma dopo più di nove ore. Nel tempo che una persona qualsiasi impiega per sciacquarsi le mani (mani che, nel caso dei volontari dello studio, erano state “contaminate” con enterobatteri della specie Serratia marcescens) la differenza tra un tipo di sapone e l’altro non c’era.
Una scoperta che secondo M. S. Rhee, leader dello studio, dovrebbe portare a conseguenze ben precise: da una parte pubblicità di saponi non ingannevoli, dall’altra una maggior consapevolezza dei consumatori nel momento in cui si apprestano a comprare il nuovo sapone per il bagno.
Per altre notizie riguardo ai cosmetici e ai prodotti da bagno e alla loro sicurezza, spesso messa in discussione ma senza basi scientifiche e seguendo la bufala del momento, vi rimandiamo ai nostri approfondimenti:
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