WHAAAT?

Calls or balls? Il compromesso delle scimmie urlatrici

Più forti sono i richiami, più piccoli saranno i testicoli. Ma il motivo di questo trade-off è ancora un mistero per i ricercatori

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WHAAAT? Il venerdì casual della scienza – Le scimmie del genere Alouatta, più note con il nome di scimmie urlatrici, sono diffuse nelle foreste pluviali dell’America centrale e meridionale e sono creature molto particolari: le 15 specie che conosciamo oggi sono annoverate tra le scimmie del Nuovo Mondo (le platirrine) più grandi. In media vanno dai sette agli undici chilogrammi di peso per 60-90 centrimetri, coda esclusa. Ma soprattutto vantano dei richiami tra i più rumorosi che un animale terrestre possa produrre. Ruggiscono con una frequenza simile a quella di un grosso felino, come una tigre.

Uno dei principali scopi di un richiamo tanto poderoso ovviamente è l’accoppiamento: se urli attrai le femmine e metti in guardia i potenziali rivali, scoraggiandoli. Ma non tutti i maschi sono parimenti dotati di voci roboanti, anzi. Una recente ricerca pubblicata su Current Biology ha studiato queste scimmie e scoperto che a un certo punto si è verificato una sorta di scambio, un compromesso tra l’investimento nelle dimensioni dell’osso ioide (che permette al richiamo gutturale di risuonare) e quelle dei testicoli. Più grande l’organo vocale, più piccoli i testicoli. E, di conseguenza, la quantità di liquido seminale che il maschio è in grado di produrre. Alcuni esemplari osservati nella ricerca avevano un osso ioide dieci volte più piccolo rispetto ad altri.

Non si può avere tutto nella vita ma anche i sacrifici hanno un senso, alla fine: secondo i ricercatori, guidati da Jacob Dunn della Division of Biological Anthropology dell’Università di Cambridge, questo trade-off è associato alle strategie di accoppiamento e caratteristiche sociali delle diverse specie di scimmie urlatrici. I maschi dotati di ioide più grosso, richiami più profondi e testicoli piccoli vivono in gruppi di dimensioni minori, strutturati in modo che un maschio dominante conviva con una serie di femmine. Un harem di scimmie urlatrici. Al contrario gli esemplari con grossi testicoli tendono a vivere in gruppi più ampi, con cinque o sei maschi e femmine che si accoppiano con tutti. Perché puntare sui testicoli? Ogni maschio, in un gruppo grande, avrà lo stesso accesso alle femmine e alla possibilità di riprodursi: cercare di garantirsi un accesso esclusivo all’accoppiamento sarebbe troppo dispensioso in termini energetici. Per questo gli conviene puntare su una competizione a livello spermatico: più liquido seminale (e sua migliore qualità) sono gli strumenti per acquistare un vantaggio.

Quello che ancora non è del tutto chiaro è come si sia evoluto questo trade-off nelle scimmie urlatrici: in altre specie (pensiamo agli uccelli del paradiso) conosciamo meglio le conseguenze, per un maschio, dell’investire in colorazioni accese, corna o lunghi denti – anche se ci sono eccezioni – “ma questa è la prima volta in assoluto che si osserva un compromesso tra richiami e produzione spermatica”, spiega Dunn.

“Potremmo ipotizzare che investire in un organo ampio e nei richiami sia tanto dispendioso da non lasciare risorse sufficienti per i testicoli. O in alternativa che sfruttare i richiami sia talmente efficace nello scoraggiare gli altri maschi da non richiedere di dotarsi anche di grandi testicoli, per prevalere”. Quando emettono i loro richiami, le scimmie urlatrici danno l’impressione di essere animali molto più grossi, facendo rumori più profondi di creature dieci volte più grosse di loro: hanno una voce che, nella foresta, si sente a cinque chilometri di distanza.

@Eleonoraseeing

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Crediti immagine: Steve, Wikimedia Commons

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".