Un vaccino italiano per l’AIDS testato in Africa? Un film già visto
L'azienda Medestea ha annunciato di nuovo un "vaccino italiano" efficace al 100% contro l'AIDS, disponibile dall'anno prossimo in Africa. Davvero?
SALUTE – Barbara Ensoli, direttrice del Centro nazionale Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, ci ha abituati ai proclami sul “vaccino terapeutico” che a breve sarebbe stato prodotto in una fabbrica high-tech del Sudafrica dove gli ultimi esperimenti clinici erano stati un successo. Purtroppo il vaccino, la fabbrica e il successo non si sono materializzati.
Ora tocca all’azienda Medestea, nota per aver comprato la Fondazione Stamina – inesistente brevetto di Davide Vannoni incluso – e per il record di sanzioni ricevute dall’Antitrust. Dal 2003, l’azienda attende il brevetto per il farmaco AT20 che, stando al suo inventore, il professor Arnaldo Caruso dell’Università e degli Spedali Civili di Brescia, inibirebbe l’attività della proteina p17, a suo avviso “la più tossica” fra quelle “portate dall’HIV”.
Nel gennaio 2014, Caruso e i suoi collaboratori hanno pubblicato su Vaccine i risultati di un mini-esperimento di fase I durante il quale hanno somministrato l’AT20 a 18 pazienti curati con anti-retrovirali, e un placebo ad altri 6. La molecola non è tossica, scrivevano, anche se gli “eventi avversi” sono stati 109. Il farmaco attiva il sistema immunitario con un effetto limitato che però non è stato misurato sui marcatori abituali e quindi non è confrontabile con i risultati ottenuti con altre molecole. Si tratta comunque di un “vaccino terapeutico” che rafforza l’efficacia degli anti-retrovirali, non di una cura a sé stante.
Eppure Caruso dichiarava a Vanity Fair e altri giornali che il suo vaccino contro l’Aids ha “successo sul 100% dei pazienti”, è privo di effetti collaterali e controindicazioni, “i malati sono come portatori sani”. Le fasi II e III si sarebbero svolte in Africa, una notizia confermata dall’azienda: ne prevedeva la conclusione nel 2015-2016.
La scorsa settimana, Caruso ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Cosenza per la sua scoperta e
per aver contribuito ad indirizzare un fascio di luce nel buio dell’AIDS ridando fiducia e speranze concrete all’umanità intera.
L’onorificenza pareva prematura, ma su Vanity Fair e altrove, Caruso (1) spiegava che aveva cambiato idea sulle fasi I e II:
Eravamo pronti a dare il via a quest’ultima parte di studi in Africa, dove si registra il maggior numero di contagi. Ma proprio a causa dell’emergenza in atto, alcuni governi dell’Africa subsahariana hanno deciso di bypassare la fase 3 e cominciare a distribuire il farmaco alla popolazione
Entro il 2016. E il presidente di Medestea, Gianfranco Merizzi, aggiungeva:
È chiaro che in quei Paesi potranno accedere alla vaccinazione anche gli italiani e i cittadini occidentali che vi si recheranno. Per ora, però, non possiamo dare indicazioni precise sui luoghi, al momento giusto diffonderemo tutte le informazioni.
A nome dei sieropositivi, HIV Forum ha mandato una lettera ai responsabili dell’Istituto Superiore di Sanità, con domande pertinenti e precise. Rischiano di essere ignorate, come troppo spesso in passato. Credo che anche “gli italiani e i cittadini occidentali” non sieropositivi vorrebbero sapere in base a quali dati clinici un’azienda promuove in Italia – oltre a vendere a “governi dell’Africa subsahariana” – una “cura” dagli effetti ignoti e dagli eventi avversi noti, che bypassa i controlli obbligatori per legge. Se lo credete anche voi potete sollecitare una risposta ai destinatari? Grazie.
(1) Da parecchi anni, Caruso e colleghi ipotizzano che certi linfomi – un tipo di tumori che insorgono anche in caso di AIDS – siano causati dalla p17 dell’HIV. Resta da dimostrare un’eventuale efficacia del farmaco AT20.
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