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La storia siberiana dei cavalli Yakut

Nel giro di 800 anni si sono adattati a vivere in un clima rigido, con temperature che arrivano ai -70°C. Ma ripercorrendo la storia dei loro antenati non mancano le sorprese.

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Fotografia: Maarten Takens, Wikimedia Commons

Nel giro di 800 anni i cavalli Yakut si sono adattati alla vita nella fredda Siberia orientale, dove vivono perfettamente a loro agio a temperature che possono crollare fino ai -70°C. Questo straordinario adattamento, che dal punto di vista dell’evoluzione è avvenuto in un battito di ciglia, ha coinvolto l’espressione di numerosi geni, alcuni dei quali si trovano anche nelle persone che vivono in Siberia (oggi tra le regioni meno popolate del pianeta) e – ancor più affascinante – sono stati trovati nel mammut lanoso, la specie Mammuthus primigenius estintasi nell’Olocene. Geni legati non solo ad aspetti morfologici come la crescita di pelo, ma all’attività ormonale in risposta alla termoregolazione e molto altro.

Lo studio che racconta quest’evoluzione è stato pubblicato su PNAS da un gruppo di ricercatori internazionale guidato da Ludovico Orlando, del Centre for GeoGenetics al Natural History Museum of Denmark. Il confronto è stato fatto tra il genoma completo di nove cavalli Yakut viventi più due appartenenti a esemplari antichi e quello di 27 cavalli addomesticati: ha rivelato che la popolazione odierna di Yakut si è formata tra il XIII e il XV secolo d.C., seguendo la migrazione degli Jakuti, il gruppo etnico che ora vive nella Siberia settentrionale. Ma l’adattamento al clima rigido è stato molto rapido, il più rapido noto alla scienza per quanto riguarda i mammiferi, dicono gli autori della ricerca.

Quando gli Jakuti sono arrivati in Siberia, probabilmente dalla Mongolia, hanno sviluppato un’economia (e dunque uno stile di vita) incentrata sui cavalli, dalla carne per nutrirsi alla pelle per proteggersi da temperature estremamente rigide. I cavalli hanno popolato la Yakutia per moltissimi anni (i fossili ritrovati parlano del tardo Pleistocene) ma il lavoro di Orlando e dei colleghi ha mostrato che quelli attuali non ne sono i discendenti, al contrario, c’è tra loro una differenza pari a quelle che si incontrano lungo l’origine dell’essere umano moderno.

La genetica racconta storie

I cavalli corrono nella Yakutia da parecchi anni – i fossili ritrovati risalgono al tardo Preistocene, vecchi di 30 000 anni – ma quelli antichi non sono gli antenati dei cavalli che vi si trovano ora. Il genoma antico di 5200 anni che è stato confrontato con il genoma moderno ricorda anzi quello di una popolazione ora estinta di cavalli selvatici, scoperta dallo stesso gruppo di ricercatori lo scorso anno, nella penisola Tamyr, in Siberia Centrale. Un ritrovamento che ha permesso di ampliarne di migliaia di chilometri il range, per una popolazione che si è separata da quelli che sarebbero diventati i cavalli moderni circa 150 000 anni fa.

I cavalli dei moderni Yakut non sono imparentati con questa linea estinta, ma con i cavalli addomesticati che oggi vivono in Mongolia. “Sappiamo che la popolazione estinta di cavalli selvatici è rimasta in Yakutia fino a 5200 anni fa, con un areale che partiva dalla penisola Taymir e probabilmente attraversava l’intera ecozona olartica. In Yakutia è probabile si siano estinti prima dell’arrivo degli Yakut e dei loro cavalli: basandosi sui dati dei genomi, i moderni cavalli Yakuti non sono più vicini a questa popolazione estinta di quanto lo siano agli altri cavalli addomesticati”, commenta Orlando.

Sapendo questo, è facile capire come tutti i tratti dei cavalli che oggi galoppano in quest’area della Siberia siano il frutto di un periodo di evoluzione molto rapido, 800 anni, che per i cavalli sono all’incirca “un centinaio di generazioni”, spiega lo scienziato. “Questo ci mostra quanto può andare veloce l’evoluzione quando la pressione selettiva legata a un ambiente estremo è forte quanto quella della Yakutia”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".