Crisi della riproducibilità: la nuova sezione di PLOS Biology
Conflitti di interesse non dichiarati, protocolli omessi, animali che scompaiono tra una fase e l'altra della sperimentazione: la rivista open access farà "ricerca sulla ricerca"
RICERCA – La crisi della riproducibilità degli studi scientifici è stato un argomento talmente caldo, nel 2015, da essere inserito dalla rivista Science tra le scoperte più importanti dell’anno passato, sotto il vessillo del Reproducibility Project. Un fallimento colossale che, secondo molti, ha contribuito ad aggravare la sfiducia che il pubblico nutre nell’efficacia del metodo scientifico, anche dal punto di vista degli investimenti e degli sprechi.
In un momento storico nel quale tale sfiducia rischia di diventare (o è già diventata) pericolosa, ad esempio per la salute pubblica, arriva da PLOS Biology una buona notizia: all’inizio del 2016 la rivista open access ha lanciato una nuova sezione chiamata Meta-Research Section, dedicata proprio alla ricerca sulla ricerca. La notizia arriva da un editoriale firmato da Stavroula Kousta, editor di PLOS Biology, e dai suoi colleghi.
“Con la nostra nuova sezione sulla meta-ricerca datadriven, vogliamo sottolineare che la ricerca sulla ricerca è un’importante branca della scienza. Creando uno spazio di spicco in questo campo, PLOS Biology contribuirà agli sforzi già in atto per migliorare gli standard della ricerca nelle scienze biologiche e non solo”
L’annuncio di questa nuova sezione l’ha subito vista arricchirsi di pubblicazioni, due in particolare che si sono concentrate sulla trasparenza e comunicazione dei progetti di ricerca nelle scienze biomediche, prendendo in considerazione una finestra che va dal 2000 al 2014. I problemi principali sembrano -a occhi inesperti, ma forse anche a quelli esperti- questioni talmente fondamentali da rendere complicato capire come possano essere state spesso trascurate. E talmente importanti da far capire perché sia necessario fare ricerca sulla ricerca.
La maggior parte degli studi considerati, spiegano infatti Shareen Iqbal della Emory University, John Ioannidis del Meta-Research Innovation Center di Stanford (METRICS) e i colleghi, non condividono i dati di ricerca, non forniscono i protocolli utilizzati durante il lavoro, millantano scoperte innovative anche quando si tratta di “repliche”, omettono i conflitti di interessi e/o i finanziamenti ricevuti.
Il Reproducibility Project, che nel frattempo continua, non vuole fare le pulci solamente alla psicologia sperimentale. È il turno -la ricerca è in corso- degli studi sul cancro, un ambito che potrebbe portare a galla ancora più turbolenze se risultasse pesantemente coinvolto nella crisi. Ma anche in questo senso PLOS Biology ha già messo le mani avanti, perché il secondo articolo che ha accompagnato la pubblicazione dell’editoriale si è concentrato proprio sugli studi che, sfruttando la sperimentazione animale, hanno lavorato su tumori e infarti.
Come spiegano Constance Holman della Charité Universitätsmedizin, Ulrich Dirnagl e i loro colleghi, delle centinaia di paper esaminati la maggior parte non forniva informazioni sufficienti in merito al numero di animali utilizzati, mentre in alcuni gli animali sembravano “sparire” tra una fase e l’altra, senza che vi fosse una menzione del perché di oscillazioni numeriche tanto importanti.
Di questa mancanza di rigore, in particolare nella sperimentazione su modelli animali, avevamo parlato diffusamente in questo articolo che (purtroppo) è ancora attuale. E più animali vanno perduti o sottratti alla ricerca senza una documentazione seria, più instabili e/o soggette a bias sono le conclusioni di un lavoro scientifico. Il che fa danni alla ricerca stessa, avvalorando la tesi di chi vede nella sperimentazione animale una pratica inutile e crudele.
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