Il sottile confine fra virtuale e reale
"In real life" è un fumetto di Cory Doctorow che esplora le intersezioni tra mondo reale e virtuale, affrontando temi complessi come lo sfruttamento del lavoro e le disuguaglianze sociali.
STRANIMONDI – Cory Doctorow è un blogger, giornalista e scrittore di fantascienza, incluso nel 2009 da Forbes fra i 25 principali influencer della rete, da sempre interessato agli intrecci fra tecnologia, cultura, politica ed economia.
Nel 2004 ha pubblicato Anda’s game, un racconto incentrato su una giovane che si avventura per la prima volta in un gioco di ruolo online e scopre alcune situazioni a esso legate che cambieranno la sua percezione del mondo. A più di dieci anni di distanza, i temi affrontati in questo racconto continuano a essere di attualità, tanto da aver spinto Doctorow a realizzarne – in collaborazione con l’autrice e illustratrice Jen Wang – una trasposizione fumettistica, In real life, pubblicata in Italia a fine 2015 da Edizioni BD.
“In real life è un libro sui videogiochi e l’economia”. Così Doctorow stesso presenta il fumetto nell’introduzione. Il legame fra queste due realtà ci viene mostrato attraverso gli occhi della protagonista Anda, una quindicenne geek, appassionata di giochi di ruolo e con qualche problema di autostima, da poco trasferitasi con la sua famiglia da San Diego a Flagstaff, nella fredda Arizona. Durante un corso di informatica assiste alla presentazione, da parte di una giocatrice esperta, di Coarsegold online, un MMORPG (Massive Multiplayer Online Role Playing Game) di grande successo. Difficile non pensare a World of Warcraft, il più popolare fra i giochi di questo genere, lanciato nello stesso anno in cui uscì Anda’s Game.
Il videogioco viene presentato come una sorta di sport di gruppo, un’occasione per migliorare la propria autostima, il che spinge Anda a convincere la madre ad anticiparle i soldi per l’abbonamento e a lanciarsi in questa avventura. Nel corso del gioco Anda sperimenterà l’inebriante esperienza di crescita e potenziamento del proprio avatar, e la sua abilità attirerà l’attenzione di un’altra giocatrice, Lucy, dalla quale riceverà una proposta intrigante: compiere alcune missioni retribuite in soldi veri.
Dopo averci presentato con grande naturalezza la giovane protagonista e l’ambiente nel quale è immersa, Doctorow e Wang iniziano così a introdurre il primo dei grandi temi al centro di In real life. L’offerta di ingaggio ricevuta da Anda va infatti a incrinare la presunta separazione fra mondo virtuale e mondo reale, fra gioco e lavoro. “Tutti gli executive del clan si pagano l’affitto così” le spiega Lucy. “Alcuni ci si arricchiscono anche! Puoi fare un sacco di soldi giocando”. Le missioni consistono nell’uccidere anonimi personaggi dediti al gold farming, una pratica – spesso proibita in molti giochi online – che consiste nel giocare al solo scopo di collezionare risorse virtuali. Risorse che richiedono molte ore di gioco per essere accumulate e che vengono poi comprate, con soldi reali, da chi non ha voglia di sprecare tempo per farlo.
I primi pagamenti di cui si ha notizia, avvenuti fra giocatori di videogiochi per l’acquisto di oggetti virtuali, risalgono al 1987. Fra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo, questa pratica si è diffusa sempre più, complice la crescente popolarità dei MMORPG – a partire dal lancio di Ultima online, nel 1997 – e la nascita di eBay (2006), dove gli oggetti virtuali venivano messi in vendita a poche settimane dal lancio di un gioco. Da attività casalinga, il gold farming si è presto trasformato in una vera impresa commerciale, soprattutto nell’Asia orientale: già nel 2001, molti cybercafé coreani venivano convertiti in gold farms per sostenere il mercato locale, mentre i farmer cinesi lavoravano invece a vantaggio dei giocatori giapponesi e coreani. Con il passare del tempo, il gold farming si è sempre più raffinato, diventando un vero e proprio settore economico basato su reti di diverse competenze – cacciatori, raccoglitori, produttori, banchieri, distributori – che alcuni studiosi hanno paragonato a quelle degli spacciatori di droga.
Un’attività estremamente redditizia, che prospera sullo sfruttamento del lavoro: ore e ore davanti allo schermo, giocando senza pause per compensi miseri. Questa è la vita dei gold farmer. E questa la realtà con cui si scontra la giovane protagonista di In real life. Alla sua presa di coscienza segue un tentativo di azione, che provocherà conseguenze inattese e un’ulteriore maturazione.
E proprio in questo sta la forza di questo fumetto: nella capacità di raccontare una storia di crescita personale credibile e coinvolgente, grazie alla quale il lettore scopre il problema e tutte le sue ramificazioni come se lo stesse sperimentando di persona. Doctorow riesce ad affrontare temi complessi – lo sfruttamento del lavoro, le disuguaglianze sociali, la lotta per i propri diritti – senza mai adottare toni didascalici. Lo aiuta molto, in questo, il tratto di Weng, che dona grande espressività ai personaggi reali e caratterizza molto bene le ambientazioni virtuali, dall’anonimia dei gold farmer alle icone di gioco che avvicinano la pagina allo schermo del computer.
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