La fantascienza di The Expanse
Questa settimana la rubrica Stranimondi ci porta duecento anni nel futuro, fra gli intrighi politici e le atmosfere noir di una serie decisamente da guardare
STRANIMONDI – Scordatevi salti nell’iperspazio e astronavi più veloci della luce; nell’universo di The Expanse i viaggi spaziali richiedono settimane, se non mesi, pur restando all’interno del Sistema Solare e chi manda un messaggio dalla Terra a un vascello in orbita intorno a Giove sa che ci vorrà almeno un’ora e mezza prima di poter ricevere una risposta. Tratta dai romanzi scritti da Daniel Abraham and Ty Franck – il primo dei quali, Leviathan Wakes, ha vinto il premio Hugo nel 2012 – la prima stagione della serie tv di SyFy ha riscosso un certo successo, soprattutto alla luce dell’eccellente climax che ha portato al finale di stagione.
Ambientata circa duecento anni nel futuro, The Expanse segue tre linee narrative: le indagini di un detective sulla sparizione di una giovane; l’incidente che coinvolge un’astronave raccogli ghiaccio, infiammando le tensioni politiche fra la Terra, Marte e la Cintura; e i tentativi del sottosegretario delle Nazioni Unite di evitare che queste tensioni sfocino in una guerra interplanetaria. Il legame fra queste sottotrame si svela passo dopo passo, man mano che i protagonisti indagano sui fatti nei quali sono coinvolti e cercano di inserirli in un quadro più grande, fatto di rapporti complessi, sfumature e misteri.
Le tre linee narrative portano con sé influenze e atmosfere di diversi generi: seguendo le vicende del sottosegretario fra i palazzi del potere a New York si respira l’aria del thriller politico, mentre il contrasto fra gli angusti spazi delle astronavi e il vuoto siderale al loro esterno richiama una certa fantascienza claustrofobica e incentrata sulla sopravvivenza. Infine, le strade affollate di Ceres, nella Cintura, e la cinica malinconia del detective sono intrise delle più classiche atmosfere noir.
Unire questi elementi in una miscela ben amalgamata non era impresa facile ma gli autori ci sono riusciti egregiamente. I salti da uno scenario all’altro sono sempre fluidi e non si ha mai una sensazione di discontinuità, così come non si rischia mai un calo di interesse o di tensione. Tutte e tre le sottotrame sono infatti avvincenti e la sceneggiatura sa quando soffermarsi su una di esse per svelare nuovi elementi della storia. Anche i colpi di scena sono ben dosati e mai troppo forzati, sempre in equilibrio fra la credibilità della vicenda e la volontà di catturare lo spettatore. Un plauso va anche alla caratterizzazione dei personaggi, che risultano interessanti anche quando sono inquadrati in archetipi ben definiti. Merito di una scrittura mai superficiale, di dialoghi ben sceneggiati e di un cast molto convincente.
Tutto questo impianto narrativo poggia su una robusta dose di verosimiglianza scientifica. Che da un lato serve a rinforzare il realismo dell’ambientazione, prendendo le distanze da alcuni stereotipi della fantascienza classica e contribuendo a creare un’atmosfera più cupa e realistica, nella quale sia facile immedesimarsi. Dall’altro, diventa una vera e propria fonte di ispirazione per snodi di trama e suggestioni drammatiche; per esempio nella scena iniziale del primo episodio, dove l’assenza di gravità – la cui rappresentazione è stata lodata (nonostante qualche inevitabile svarione) – e i movimenti rallentati che essa provoca diventano un ulteriore elemento di tensione durante l’esplorazione di un vascello abbandonato. Oppure quando un sospetto terrorista proveniente dalla Cintura viene catturato dai terrestri, che approfittano della sua abitudine a una forza di gravità più debole per torturarlo con il suo stesso peso.
Così come affascinanti risultano essere le battaglie spaziali, così diverse da quelle che siamo abituati a vedere sullo schermo. Niente astronavi che sfrecciano sparando laser, qui i tempi sono dilatati: un’astronave intenzionata ad attaccarne un’altra inizia a decelerare con due giorni di anticipo in modo da arrivare alla giusta distanza, e fra il lancio di una serie di missili e il loro arrivo nelle vicinanze del bersaglio passa un tempo sufficiente a intavolare conversazioni, pianificare le contromisure e bere una tazza di tè.
E gli elementi scientifici non si limitano a questi: ologrammi in 3D, stivali magnetici, gel rigeneranti, danni da radiazioni e molto altro ancora. Nonostante questa abbondanza, al centro di The Expanse non ci sono speculazioni sulla tecnologia e sul suo impatto sulle vite delle persone. Non ci sono riflessioni sui limiti della scienza. Al centro di tutto c’è una storia di persone che cercano di fare ciò che ritengono giusto mentre il mondo in cui sono cresciute barcolla sull’orlo di una guerra interplanetaria che qualcuno fa di tutto per fomentare.
Non sono eroi, hanno le loro ombre e i loro errori sulla coscienza, e affrontano qualcosa di più grande di loro senza arrendersi, spinti da ciò in cui credono. Non c’è retorica nelle loro motivazioni, né un semplice e banalizzato idealismo. Significativi, in questo senso, sono i rimandi a Don Chisciotte: dal titolo del primo episodio, Dulcinea – nel quale compare una figura femminile che nel corso della storia verrà idealizzata da uno dei protagonisti, influenzandone le azioni – al nome scelto per un’astronave, Rocinante, come il ronzino del celebre cavaliere errante. Fino a una copia del libro vero e proprio, che appare nella casa natale di un altro protagonista.
Difficile dire cosa ci attenderà nella prossima stagione. Il finale del decimo episodio ha chiuso alcuni fili narrativi lasciando (giustamente) in sospeso le domande principali: chi c’è dietro al crescendo di tensione fra la Terra, Marte e la Cintura? Cosa c’era di così misterioso sul cargo Scopuli? Non resta che aspettare con impazienza gennaio 2017.
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