Piantiamo alberi e proteggiamo il suolo
Il 22 aprile si festeggia in tutto il mondo la Giornata della Terra: il pianeta è di tutti ma ce n'è uno solo, e spesso tendiamo a dimenticarlo
AMBIENTE – La Terra è di tutti e la giornata del 22 aprile ce lo ricorda ancora di più. Oggi si celebra il World Earth Day con iniziative in tutto il mondo intorno al tema dell’anno: Trees for the Earth – Let’s get planting. Mancano solo cinque anni al 50° anniversario della Terra, meta che si pone un obiettivo molto ambizioso: arrivare a piantare 7,8 miliardi di alberi, partendo proprio da oggi. Gli alberi costituiscono uno dei cinque obiettivi da raggiungere e riuscirci contribuirebbe a vivere in un pianeta più pulito, più sano e più sostenibile. Piantare alberi significherebbe aiutare a combattere i cambiamenti climatici, a respirare aria più pulita e a proteggere il suolo da incursioni irreversibili e letali. Il suolo infatti non è solo una superficie, ma è un corpo vivo che registra la storia e racconta anche di noi.
A parlare di questa risorsa, che ogni giorno calpestiamo, è Paolo Pileri, professore associato di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, nel libro “Che cosa c’è sotto”. Pileri racconta perché ogni giorno dovremmo ricordarci del suolo e perché la sua gestione dovrebbe entrare urgentemente nell’agenda politica. “Per quanto gli esseri umani si affannino con arte e tecnologia, la loro esistenza dipenderà sempre da un sottile strato di terra, e dalla pioggia”, ci racconta l’autore del libro ricordando un antico proverbio cinese. “Ce lo dimentichiamo molto facilmente, ma il suolo non è una merce, è un bene”, continua Pileri, “ed è importantissimo perché ci dà cibo, acqua, aria, risorse e paesaggio”.
Sulla Terra, non c’è risorsa altrettanto capace di fare tutto questo e, forse, non ce ne è una altrettanto delicata, fragile e resiliente. “Per rigenerare 2,5 centimetri di suolo occorrono 500 anni, un fuori scala rispetto alle nostre vite biologiche”, racconta Pileri, “se lo cementifichiamo, decade immediatamente e non si riprende più”. Il suolo, quindi, non è una risorsa rinnovabile e cementificarlo significa perdita e rinuncia alla produzione di cibo, acqua e aria buona. Ogni anno nel mondo oltre 24 miliardi di tonnellate di suolo sono perse per sempre, un danno pari a 70 dollari per persona all’anno. “È sicuramente l’urbanizzazione il più invasivo e irreversibile tra i consumi del suolo, ma c’è anche l’erosione, la compattazione e gli sversamenti inquinanti” spiega Paolo Pileri, che commenta “nessuno Stato mette questa enorme e assurda perdita nei suoi bilanci”.
In Europa, vengono urbanizzati circa 250 ettari di suolo al giorno. In Italia, si parla di 50-60 ettari, ovvero circa 5 metri quadrati al secondo. “Il problema non è solo chi consuma di più, ma chi tutela di meno. E noi non abbiamo strumenti per la tutela del suolo: da anni giacciono in Parlamento proposte di legge; le regioni legiferano a singhiozzo e spesso male; i comuni continuano a fare piani urbanistici pieni zeppi di futura urbanizzazione” sostiene Pileri, e continua “in Italia siamo pieni di appartamenti non utilizzati e pronti da abitare (l’Agenzia delle entrate ne stima oltre 2 milioni), oltre a moltissimi da recuperare assieme a una enorme superficie di aree dismesse. Tutto il futuro della nostra edilizia potrebbe tranquillamente rigenerarsi accettando la sfida di recuperare ciò che esiste già”. Non c’è bisogno, quindi, di ulteriore cementificazione e urbanizzazione, ma quello che è più necessario sembra essere un impegno a fermare il consumo del suolo e a concentrarsi sul suo recupero.
Quello che ci dà la misura della fragilità del nostro pianeta è il fatto che solo il 3-4% della superficie terrestre è coltivabile in modo efficiente. Questa risorsa è distribuita in modo disomogeneo e oggi è minacciata dai cambiamenti climatici. “Tutto questo è aggravato dal nostro stile di vita energivoro basato su una dieta alimentare eccessivamente calorica e proteica che richiede tanto suolo per far mangiare poche persone” prosegue Paolo Pileri, “senza contare che continuiamo a spalmare asfalto sui terreni agricoli”.
“Le istituzioni hanno la responsabilità di intervenire sulla dissipazione dei suoli e di aumentare la consapevolezza del valore di questo bene comune, mentre i cittadini dovrebbero pretendere che la tutela del suolo sia tra le priorità dell’agenda politica e dovrebbero iniziare a documentare, usando gli smartphone, tutti i patrimoni pubblici e privati vuoti abbandonati o dismessi che potrebbero essere recuperati” suggerisce Paolo Pileri, che conclude: “Dobbiamo lavorare tutti per incrementare la conoscenza, solo così aumentiamo la consapevolezza che costruisce la coscienza. E questo possiamo farlo proprio a partire dalla scuola”.
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