Materia oscura e buchi neri primordiali: sono la stessa cosa?
I dati sulle onde gravitazionali raccolti da Ligo aprono a una nuova teoria sulla composizione di materia oscura e buchi neri: potrebbero essere costituiti dalla stessa materia
SCOPERTE – Non conosciamo la materia oscura, ma sappiamo che esiste grazie agli effetti gravitazionali che esercita sulla materia visibile e che costituisce il 27% dell’universo. Non conosciamo nemmeno la composizione interna di un buco nero, ma sappiamo che esercita un’attrazione gravitazionale così potente da non lasciar sfuggire nulla, nemmeno la luce. Due misteri dell’universo che potrebbero risolversi a vicenda con la teoria di Alexander Kashlinsky, astrofisico del Goddard Space Flight Center della Nasa, che ha ipotizzato come materia oscura e buchi neri primordiali potrebbero avere la stessa composizione.
Fino ad oggi si riteneva che la materia oscura fosse composta da qualche particella esotica e massiva, ancora da scoprire. La teoria di Kashlinsky apre uno scenario del tutto differente, come si può leggere dall’articolo pubblicato sul The Astrophysical Journal Letters. Lo scienziato della Nasa sostiene che la materia oscura sia costituita da buchi neri primordiali, cioè buchi neri che si sono formati nel primo secondo di vita dell’universo, subito dopo il Big Bang, e spiega:
“Questo studio ci ha permesso di mettere insieme una serie di idee e dati per vedere quanto fossero in accordo, e sorprendentemente il risultato è stato buono. Se l’ipotesi è corretta, allora tutte le galassie, inclusa la nostra, sono incorporate in una vasta sfera di buchi neri, ognuno dei quali ha una massa pari ad almeno 30 volte quella del Sole”.
Ma come è nata la sua teoria? Tutto inizia nel 2005 dall’analisi della radiazione cosmica di fondo nello spettro dell’infrarosso grazie ai dati raccolti dalla sonda Nasa Spitzer. Il gruppo di ricerca di Kashlinsky ha osservato che nel cielo la distribuzione dello spettro infrarosso è discontinua, e che tale discontinuità potrebbe essere dovuta all’aggregazione di luce dalle prime sorgenti che hanno illuminato l’universo a partire dal Big Bang circa 13 miliardi di anni fa.
Per poter determinare con esattezza la natura di questo fenomeno, gli scienziati hanno utilizzato i dati raccolti dall’Osservatorio Spaziale Chandra X-Ray della Nasa delle radiazioni cosmiche di fondo, stavolta nello spettro dei raggi X, scoprendo così che questo tipo di distribuzioni discontinue della radiazione erano analoghe nei due spettri.
Questa distribuzione analoga della radiazione, per gli scienziati, indica la presenza di buchi neri, gli unici oggetti così massivi e abbondanti nell’universo appena nato da aver giocato un ruolo chiave nel dare il via al processo di formazione stellare.
E se i buchi neri primordiali, con masse superiori alle 30 masse solari, avessero avuto un ruolo da “protagonista” nella formazione e distribuzione della materia oscura, causando le discontinuità osservate? Solo una teoria, che però trova una prima conferma il 14 settembre, quando il Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory (Ligo) ha rivelato l’esistenza delle onde gravitazionali prodotte dalla fusione di due buchi neri supermassivi dalle dimensioni rispettivamente di 29 e 36 masse solari.
Fino a quel momento i ricercatori, osservando l’universo giovane quando aveva appena 500 milioni di anni, avevano ipotizzato che fosse formato da materia visibile e da materia oscura e che quest’ultima aggregandosi in minialoni avesse addensato la materiale normale fino a spingerla a formare nubi di gas così dense da collassare su sé stesse e scatenare la formazione delle prime stelle.
Dopo la scoperta, Kashlinsky e colleghi hanno posto nelle simulazioni dei buchi neri al posto della materia oscura e osservato che il processo di formazione stellare avviene molto più rapidamente e riproduce il tipo di spettro della radiazione cosmica di fondo sia nell’infrarosso che nei raggi X, portando alla conclusione che materia oscura e buchi neri sono effettivamente costituiti dello stesso tipo di materia.
Per Kashlinsky e colleghi ora saranno importanti punti di partenza le osservazioni future di Ligo e della collaborazione Virgo, l’interferometro italo-francese situato a Cascina vicino Pisa:
“Le osservazioni future di Ligo ci diranno molto di più sulla popolazione di buchi neri nell’universo e non manca molto tempo al giorno in cui i dati raccolti ci diranno se lo scenario da me ipotizzato possa funzionare o meno”.
Uno scenario che, se esatto, svelerebbe finalmente la natura della materia oscura, ad oggi uno dei principali misteri dell’universo e Santo Graal dell’astrofisica.
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