Sclerosi multipla, identificata la prima mutazione genica della forma più grave
La ricerca ha analizzato due famiglie canadesi con un'alta incidenza della malattia in una forma particolarmente aggressiva
SCOPERTE – Una ricerca firmata dalla Università della British Columbia ha messo in luce la prima mutazione genica che conferisce un alto rischio di sviluppare la sclerosi multipla (SM) nella sua forma più grave, quella primariamente progressiva (PPMS). Lo studio, pubblicato recentemente sulla rivista Neuron, ha analizzato la storia di due famiglie canadesi in cui si sono presentati sette casi di sclerosi multipla nel corso di tre generazioni. L’età media di insorgenza della malattia era 34 anni ed era caratterizzata da un esordio insolitamente aggressivo. La SM si è presentata fin dall’inizio nella fase primariamente progressiva e in un caso appartenente alla terza generazione, in fase a ricadute e remissioni (RRMS) ma con un’evoluzione rapida verso la PPMS, quando la disabilità, causata dalle frequenti e pesanti ricadute, non è più recuperabile.
La Expanded Disability Status Scale (EDSS) di un paziente appartenente alla seconda generazione era di 7 punti dopo soli sei anni dalla diagnosi ovvero, citando dal sito dell’Associazione italiana sclerosi multipla, non era “in grado di camminare per più di cinque metri, anche con aiuto” e con la necessità della sedia a rotelle, “riuscendo però a spostarsi dalla stessa da solo”. Il decesso è avvenuto a 76 anni, dopo 28 anni dal primo sintomo di malattia. Infine, uno dei casi più gravi, nella terza generazione, un paziente è diventato paraplegico dopo 16 anni di malattia con una EDSS di 8: obbligato a letto, anche se non per tutta la giornata, o in alternativa sulla carrozzella, con un uso in genere buono di una o entrambe le braccia.
La gravità dei casi e la loro ricorrenza nel corso di sole tre generazioni in queste due famiglie ha fatto ipotizzare ai ricercatori canadesi il ruolo fondamentale di un fattore genetico. Attraverso un’analisi completa del DNA di questi pazienti, è stato identificato un tratto comune a tutti: una mutazione a livello del gene NR1H3 “che comporta una riduzione della funzione della proteina codificata, chiamata LXRA, dovuta alla sostituzione di una molecola di arginina con una molecola di glutamina”, come ci spiega Gabriela Constantin, non coinvolta nella ricerca, docente di Patologia generale e Immunologia al Dipartimento di Medicina dell’Università di Verona. “La proteina LXRA appartiene alla una famiglia di molecole LXR – prosegue Constantin – che controllano a livello del nucleo la trascrizione di geni importanti per il metabolismo lipidico, immunità e infiammazione. Di particolare interesse per la sclerosi multipla è il fatto che la proteina LXRA regola l’espressione di geni coinvolti nel trasporto, catabolismo ed eliminazione del colesterolo. Infatti, la sintesi e il trasporto di colesterolo sono molto importanti per la produzione della guaina mielinica che riveste l’assone dei neuroni e per i processi di remielinizzazione. Studi effettuati in modelli sperimentali di SM hanno dimostrato che l’alterazione della funzione di LRXA porta a un assottigliamento della guaina mielinica e a un difetto di remielinizzazione. Inoltre, le proteine della famiglia LXR sono coinvolte nell’inibizione di geni implicati nella reazione infiammatoria e, di conseguenza, il malfunzionamento dell’LXRA potrebbe indurre un’amplificazione della risposta infiammatoria e ad una rapida progressione della malattia”.
Per entrare ancor più nel vivo di questa ricerca, abbiamo intervistato Carles Vilarino-Güell, principale autore della scoperta.
Con quale frequenza si presentano questi casi nella popolazione media?
La mutazione identificata in queste due famiglie è davvero molto rara (1 su 1000), ma abbiamo anche trovato varianti comuni dello stesso gene nei pazienti con sclerosi multipla primariamente progressiva. Perciò, il meccanismo della malattia potrebbe essere uguale per questa famiglia così come per tanti altri pazienti che non hanno una così alta frequenza di malattia nella propria famiglia. Questo, inoltre, ci suggerisce che i trattamenti mirati al gene NR1H3 hanno maggiori probabilità di essere efficaci per altre forme progressive di sclerosi multipla anche quando il gene NR1H3 non sia affetto dalla medesima mutazione da noi identificata, la p.Arg415GIn, causa dell’elevata incidenza della malattia in queste due famiglie. Ulteriori fattori che influenzano la nostra genetica, come l’ambiente, sono comunque indispensabili se altri componenti della famiglia, per quanto ci è dato sapere, potrebbero, invece, non aver sviluppato la malattia.
Quanto è diffusa questa mutazione secondo i vostri studi?
In Canada, la popolazione in generale ha un rischio di ammalarsi di sclerosi multipla dello 0.1%. Se aggiungiamo fattori genetici precedenti, il rischio aumenta fino allo 0.11-0.3%. Attraverso lo studio di queste due famiglie, possiamo stimare che il rischio di sviluppare la sclerosi multipla con la mutazione da noi individuata sia del 60-70%.
Che ruolo ha la proteina NR1H3 nella patogenesi della sclerosi multipa?
NR1H3 è un fattore di trascrizione che regola l’espressione di molti geni. Alcuni di questi rappresentano un fattore critico nella sclerosi multipla e sono i geni coinvolti nell’infiammazione e nella produzione della mielina.
Nello studio parlate anche di un danno iniziale indispensabile per lo scatenarsi della malattia. Qual è?
Non conosciamo quale possa essere il danno iniziale. Questa è l’ipotesi di lavoro per cui alcuni potrebbero sviluppare la malattia più avanti nel tempo oppure non svilupparla affatto anche quando sia presente la mutazione individuata. Potrebbe essere qualcosa di molto banale, come un’infezione batterica o virale che dà il via alla risposta del sistema infiammatorio oppure potrebbe anche essere qualcosa di molto più complesso. Il messaggio fondamentale è che queste persone, nelle quali si individua tale mutazione, hanno una più elevata suscettibilità dal punto di vista genetico e quindi, molta più facilità a sviluppare la malattia.
Secondo Gabriela Constantin, responsabile del progetto ImmunoAlzehimer – finanziato dall’European Research Council (ERC) per 2,5 milioni di euro – che analizzerà anche aspetti rilevanti della sclerosi multipla, la ricerca del gruppo canadese è molto importante perché “suggerisce una nuova strategia terapeutica basata sulla stimolazione della funzione di proteine della famiglia LXR mediante l’utilizzo di agonisti di queste molecole che potrebbe portare a una riduzione della risposta infiammatoria e a un incremento della remielinizzazione”.
Da tempo, ricerche compiute sui gemelli hanno dimostrato l’importanza dei fattori genetici nella sclerosi multipla. Questo studio rappresenta un nuovo tassello a supporto perché ha identificato la prima mutazione genica implicata nell’insorgenza della forma più grave di questa malattia, per la quale ancora non esistono terapie in grado di bloccare la pesante disabilità a cui conduce.
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