Migliorare la memoria grazie alle lingue straniere
I meccanismi con cui memorizziamo nuove parole sconosciute sono influenzati dalle nostre capacità linguistiche: il cervello delle persone che conoscono più lingue straniere sembra reagire in modo più forte ai nuovi stimoli.
SCOPERTE – Fin dall’infanzia il cardinale Giuseppe Mezzofanti si rivelò un bambino estremamente intelligente. Dotato di una memoria di ferro e di un sofisticato orecchio per la musica, nel corso della sua vita confessò orde di turisti e viaggiatori, arrivando a padroneggiare oltre 70 lingue, di cui 38 fluentemente. La sua prodigiosa poliglossia, celebrata persino da Lord Byron che vedeva in lui l’interprete universale necessario a completare la torre di Babele, è tuttora oggetto di stupore e dibattito scientifico. L’impossibilità di studiare la funzione verbale sugli animali da laboratorio relega infatti i meccanismi neurofisiologici del linguaggio tra le funzioni del cervello meno comprese.
Uno studio pubblicato su Scientific Reports da un ricercatore della Scuola Superiore di Economia (HSE) di Mosca e dai colleghi dell’Università di Helsinki getta nuova luce sul rapporto tra intelligenza e capacità di padroneggiare più lingue. Secondo gli autori, sarebbe l’apprendimento delle lingue straniere, e non viceversa, a migliorare la plasticità del cervello e la sua capacità di codificare le informazioni.
L’esperimento prevedeva che i 22 partecipanti ascoltassero le registrazioni di alcune parole appartenenti alla propria lingua madre e a idiomi stranieri noti oppure del tutto sconosciuti. Monitorando l’attività cerebrale tramite elettroencefalogramma, i ricercatori hanno analizzato la velocità con cui il cervello dei partecipanti reagiva alle parole sconosciute. Queste informazioni sono state quindi confrontate con il profilo linguistico dei soggetti basato sul alcuni parametri quali il numero di lingue conosciute e l’età di apprendimento. L’attività elettrica del cervello è risultata maggiore nei partecipanti che conoscevano già alcune lingue straniere.
“Più lingue si conoscono, più rapidamente la rete neurale codificherà le informazioni relative a parole nuove, aumentando di conseguenza la plasticità del cervello” riassume in un comunicato Yury Shtyrov, professore di neuroscienze a capo del gruppo dell’HSE. I ricercatori ritengono che la comprensione dei meccanismi alla base dell’acquisizione del linguaggio sia di cruciale importanza nella diagnosi di difficoltà dovute a incidenti, ictus e altre patologie correlate. Una migliore comprensione sulla formazione e rafforzamento delle reti neuronali, potrebbe inoltre aiutarci a padroneggiare questi meccanismi, accelerando e migliorando il processo di apprendimento. Nell’utopia di imitare, o almeno avvicinare, l’inarrivabile cardinale Mezzofanti.
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