La matematica è donna?
Secondo i dati raccolti dall’associazione European Women in Mathematics, il numero di donne che si dedicano alla ricerca matematica è ancora basso in tutta Europa, soprattutto man mano che si procede con la carriera accademica.
APPROFONDIMENTO – La scarsa presenza di donne nelle materie STEM (cioè scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) rappresenta da sempre una maglia nera per l’accademia. Una situazione che spesso si cerca di riequilibrare con politiche che funzionano molto più sul piano teorico che su quello pratico. Uno dei punti focali individuati nel rapporto Unesco “Unesco science report- Towards 2030” è la necessità di intervenire in ogni fase della vita delle donne che operano nel settore scientifico: molte donne tendono infatti ad abbandonare gli studi e la carriera accademica, secondo una modalità che ricorda un rubinetto che perde acqua. La precarietà e la difficoltà di conciliare la vita accademica con scelte di tipo familiare pone spesso le donne davanti a un bivio: questo “rubinetto virtuale” finisce per perdere – poco a poco – ricercatrici e studiose che abbandonano l’ambito universitario.
Per poterci focalizzare su una disciplina in particolare, coglierne meccanismi specifici e realizzare un confronto internazionale, in quest’articolo abbiamo deciso di realizzare un focus sulla presenza delle donne nella matematica.
Il contesto europeo
Già da una prima occhiata, i grafici elaborati dall’associazione European Women in Mathematics ci aiutano a comprendere che la situazione tra Nord e Sud Europa è profondamente diversa. Paesi come Italia, Spagna e Portogallo presentano infatti un più alto numero di donne nel settore matematico rispetto a nazioni come Svezia e Germania. Sono state effettuate due analisi principali, la prima nel 1993 e la seconda nel 2005.
Osservando i dati, si deve comunque tener presente la forte differenza esistente tra le tipologie di carriere scientifiche perseguibili nel contesto europeo, che possono variare sensibilmente da un Paese all’altro. I Paesi del Sud Europa presentano un numero maggiore di donne che scelgono un percorso universitario scientifico, rispetto alle nazioni dell’area settentrionale. Questo dato potrebbe essere in parte attribuito al fatto che in Italia chi vuole dedicarsi alla ricerca matematica effettua lo stesso percorso accademico di chi vuole insegnare. Così non accade nel Nord Europa, dove esistono due percorsi universitari distinti.
Un dato che accomuna entrambe le aree, invece, è la scarsità di donne che riveste le posizioni più importanti nel settore dell’accademia. Seppur con dinamiche diverse, il problema della presenza femminile in ambito matematico interessa tutta l’area europea, come spiega Susanna Terracini, professoressa di analisi matematica all’Università di Torino, e referente per la European Women in Mathematics:”Nelle nazioni del Nord Europa si crea una sorta di paradosso. Qui le politiche sono molto attente all’inclusione di genere ed esistono quote rosa negli ambienti accademici. Questo però sembra non servire: il numero delle ragazze è infatti basso a partire dal dottorato e nelle prime fasi di carriera. È come se esistesse un filtro che porta le donne ad autoescludersi dal settore scientifico, quando devono scegliere il proprio ambito di studio. Nei Paesi del Sud Europa, invece, ci sono molte donne che frequentano il dottorato in materie scientifiche, ma il numero crolla man mano che si procede con la carriera accademica. In tutti i Paesi, comunque, sono pochissime le donne che impegnano posizioni apicali nel mondo dell’accademia”.
Un interessante studio, condotto da European Women in Mathematics e presentato a Berlino a luglio 2016, ha esaminato tutte le pubblicazioni matematiche dagli anni Settanta del secolo scorso fino al 2014, prendendo in esame più di 150 000 matematiche attive nel settore della ricerca in questo lasso di tempo.
Lo studio mette in luce la crescita delle matematiche europee, che sono triplicate dagli anni Settanta. Questa crescita, però, non ha garantito alle donne un alto numero di pubblicazioni nelle riviste matematiche che vantano il più alto impact factor: degli autori senior (il parametro di riferimento preso in considerazione dallo studio era la maturazione di almeno 10 anni di carriera accademica) che hanno iniziato a pubblicare articoli alla fine degli anni Novanta, solo il 20% era costituito da donne. Un numero che non riesce comunque a rappresentare degnamente la presenza femminile nel mondo dell’accademia.
I risultati non sono incoraggianti: le donne sono decisamente sottorappresentate nelle 3 riviste matematiche che vantano i ranking più alti (Intentiones Mathematicae, Annals of Mathematics, Journal of The American Mathematical Society), non solo come autrici in genere, ma anche come autrici a firma singola di uno studio. Le donne firmerebbero infatti come singolo autore solo il 29% delle ricerche prodotte nella propria vita, mentre per gli uomini questa percentuale sale al 38%. Non solo: nel complesso, solo il 52% delle matematiche riesce a pubblicare studi a firma singola, mentre per gli uomini questa percentuale sale al 61%. Le donne risultano meno attive anche nella creazione di network per la realizzazione di studi e ricerche. Infine, si riporta un altro dato interessante: la ricerca femminile sembra concentrarsi in alcune aree specifiche della matematica, come la statistica, l’informatica, la meccanica dei fluidi, le equazioni differenziali a derivate parziali.
Le intenzioni dell’associazione europea sono di concentrarsi ora sull’indagine qualitativa dei risultati quantitativi emersi da questo primo studio: sono le donne a sottoporre meno articoli alle riviste matematiche più autorevoli o sono queste a respingere – in proporzione – più studi femminili? Esistono dinamiche che possano incentivare l’instaurarsi di reti di lavoro che comprendano uomini e donne? Perché la ricerca delle donne in matematica si concentra solo su alcune aree e molto meno su altre?
Anche se rispondere a queste domande potrebbe risolvere parte della questione, rimane un altro dato preoccupante. In tutte le aree della ricerca, ma nelle scienze in particolare, le donne abbandonano la carriera molto più frequentemente degli uomini. Terracini ci spiega le ragioni di questo fenomeno: “La precarietà è rovinosa per tutti, ma soprattutto per le donne. Le quote rosa che i Paesi del Nord riservano alla donne sembrano non avere il giusto effetto, ed è quindi fondamentale chiederci come agire in questo contesto. In Italia le posizioni sono sempre meno e, dove esistono, sono precarie. Nelle Università e nei centri di ricerca mancano tutte le strutture atte a garantire una vita serena da genitore non solo alla madre, ma anche al padre. In altri Paesi, dove invece queste strutture sono presenti, bisogna lavorare sullo sviluppo di network tra donne: è assodato che la presenza femminile in un contesto lavorativo inizia a pesare quando si raggiunge una massa critica. Se le donne sono in numero insufficiente, quindi, è come se non esistessero al fine dei risultati che vogliono ottenere”.
Un confronto: gli Stati Uniti
Se la situazione europea non è rosea, quella degli Stati Uniti – per certi versi – è ancora più complessa. Stando ai numeri riportati sul sito della Joint Committee on Women in the Mathematical Sciences, anche negli Stati Uniti il numero delle donne attive nel settore della matematica decresce con il procedere della carriera. Le laureate in matematica sono il 43% del totale, la percentuale scende al 28% se si considerano quelle che decidono di frequentare un dottorato e al 21% per le postdoc. Infine, solo il 12% delle donne ottiene un posto stabile in un dipartimento universitario di matematica e nessuna donna – a oggi – si è mai aggiudicata il premio annuale della American Mathematical Society.
Anche se il numero delle donne che decide di affrontare un dottorato è cresciuto dagli anni Settanta, le percentuali rimangono insufficienti, a detta delle associazioni di categoria. A questo proposito Marta Lewicka, professoressa associata di matematica all’Università di Pittsburgh, racconta la sua esperienza: “La situazione negli Stati Uniti è peggiore che in Italia: nel 2003, su 20 posizioni di dottorato esistenti nel dipartimento di matematica, eravamo solo due donne. Quando si parla di posizioni permanenti – quindi di ruoli da professore associato od ordinario – i numeri crollano drasticamente”.
Una risorsa importante per chi volesse comprendere la situazione americana è senz’altro il blog di Izabella Laba, professoressa di matematica all’Università della British Columbia, che si batte fortemente per l’abbattimento degli stereotipi di genere nel settore scientifico americano.
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