Il drone invadente
Ovvero, come le attuali normative sugli aeromobili a pilotaggio remoto, sia negli USA che in Italia, presentano alcuni punti oscuri. La nostra sicurezza e privacy? Potrebbero risentirne.
APPROFONDIMENTO – L’ultima novità in fatto di droni è che Facebook prevede di lanciare migliaia di droni per collegare sempre più persone a internet in tutto il mondo nel prossimo decennio. Pur non precisando quali saranno i primi Paesi a beneficiare della tecnologia, Andrew Cox, capo della squadra per l’aviazione di Facebook, ha spiegato che l’ostacolo maggiore sono i regolamenti in materia, ad oggi praticamente assenti o molto confusi. A fine Agosto, la FAA (Federal Aviation Administration), l’agenzia del dipartimento dei trasporti statunitense incaricata di regolare e sovrintendere a ogni aspetto riguardante l’aviazione civile (in pratica, l’equivalente dell’ENAC italiano), ha emesso la nuova regolamentazione relativa ai droni.
Un drone, per i pochi che non vi si fossero mai imbattuti, è un aeromobile a pilotaggio remoto, ossia un velivolo caratterizzato dall’assenza del pilota umano, e controllato da un computer a bordo del velivolo stesso, oppure in remoto da un navigatore o pilota. La nuova regolamentazione FAA ha suscitato, come era da attendersi, reazioni contrastanti.
Infatti, se da una parte gli utilizzatori di droni hanno brindato a un significativo progresso nelle potenzialità d’uso, le associazioni di tutela della privacy come l’EPIC (Electronic Privacy Information Center) hanno da subito evidenziato come la nuova regolamentazione costituisse una minaccia per la riservatezza dei cittadini: e, in effetti, non è avvincente lo scenario in cui la nostra sfera privata viene di colpo invasa da una schiera di robot volanti che, seppur eseguendo altri compiti, catturano immagini o registrano video che vedono noi, o gli oggetti di nostra proprietà, quali malcapitate comparse.
Il punto critico della norma FAA è l’intepretazione del termine “ad coelum” e il concetto legale ad esso correlato. Infatti, se a un quota “sufficientemente elevata” non ci sono problemi particolari a classificare gli spazi aerei come pubblici, lo stesso non vale a quote più basse, laddove i droni possono accedere frequentemente, e il cui spazio aereo potrebbe ricadere all’interno della proprietà privata.
Chi stabilisce il confine? Purtroppo, con la nuova regolamentazione, non FAA, che si è guardata bene, finora, dallo sciogliere questa ambiguità, determinando tuttavia la contrapposizione di cui sopra, con tutti i possibili futuri contenziosi annessi. E in Italia come siamo messi? Esiste nel nostro paese una normativa meno ambigua?
Per scoprirlo, basta riferirsi al sito dell’ENAC, che contiene la versione più aggiornata del regolamento relativo ai mezzi a pilotaggio remoto (APR), ossia l’edizione risalente al 16 Luglio 2015, ed integra anche l’emendamento del 21 Dicembre 2015: esaminiamola con ordine. Per iniziare, nella parte di definizione, viene chiaramente indicata un’area cosiddetta di buffer, ossia:
un’area intorno a quella delle operazioni, stabilita per garantire i livelli di safety applicabili per la tipologia di operazioni. Tale area, deve avere caratteristiche analoghe a quella delle operazioni, l’adeguatezza delle sue dimensioni è determinata attraverso la valutazione dei possibili comportamenti dell’APR in caso di malfunzionamenti.
Quindi, come di consueto nelle norme europee, la sicurezza, intesa come capacità dell’apparato di non provocare pericoli e danni per operatori e passanti, è affrontata in modo piuttosto estensivo. Veniamo ora ad alcuni dei punti più importanti:
Il sorvolo di assembramenti di persone, per cortei, manifestazioni sportive o inerenti forme di spettacolo o comunque di aree dove si verifichino concentrazioni inusuali di persone è in ogni caso proibito. [articolo 10, comma 7]
Che, tutto sommato, ci farebbe ben sperare. Non siamo ancora arrivati, tuttavia, al punto cruciale.
Le operazioni specializzate condotte con APR di massa al decollo minore o uguale a 0,3 kg con parti rotanti protette da impatto accidentale e con velocità massima minore o uguale a 60 km/h, fermo restando quanto previsto al comma 2 del presente articolo, sono considerate non critiche in tutti gli scenari operativi. Il pilota, al quale non è richiesto il possesso di un Attestato secondo quanto previsto al successivo art. 21, deve comunque garantire che le operazioni siano svolte in osservanza delle regole di circolazione definite nella Sezione V. [articolo 12, comma 5]
Quindi, scopriamo che chi utilizza un APR di massa molto piccola (max 300 grammi) e con velocità massime relativamente basse (max 60 km/h) può condurlo anche senza alcun formale attestato, purchè garantisca che le operazioni avvengano in osservanza delle regole di circolazione descritte in un’apposita sezione. C’è un ma, visto che il testo è stato successivamento emendato:
Per l’effettuazione delle operazioni con SAPR avente le caratteristiche di cui al presente articolo, l’operatore, o il pilota nei casi di cui ai precedenti commi 4 e 5, deve in ogni caso presentare all’ENAC la dichiarazione in accordo al comma 2 dell’art. 9 del presente Regolamento. [articolo 12, comma 6, Emendamento 1 del 21/12/2015]
Chiariamo due punti in proposito. Innanzitutto, che cosa si intende con SAPR? Come da definizione presente nell’articolo 1:
I mezzi aerei a pilotaggio remoto impiegati o destinati all’impiego in operazioni specializzate o in attività scientifiche, sperimentazione e ricerca, costituiscono i Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto (SAPR) e ad essi si applicano le previsioni del Codice della Navigazione secondo quanto previsto dal presente Regolamento.
In econdo luogo, che tipo di dichiarazione deve in ogni caso presentare all’ENAC, anche per i droni più piccoli, il pilota o l’operatore? Vediamolo nell’articolo 9, comma 2:
Prima di iniziare operazioni “non critiche”, l’operatore deve presentare all’ENAC la dichiarazione che attesti la rispondenza alle applicabili sezioni del presente Regolamento e indichi le condizioni e i limiti applicabili alle operazioni di volo previste, inclusa, eventualmente, la necessità di operare in spazi aerei segregati. La dichiarazione è resa dall’operatore utilizzando esclusivamente l’accesso al sito web dell’Ente (www.enac.gov.it), fornendo le informazioni e dati previsti nella procedura, inclusi i dati della targhetta identificativa del SAPR.
Se non vi è venuta la labirintite finora, passiamo a qualche rapida conclusione.
- La sicurezza e la privacy sono alcuni degli aspetti chiave tenuti in conto nel Regolamento ENAC; tuttavia, esistono alcuni casi particolari (“operazioni non critiche”) in cui in un certo modo si demanda all’operatore la valutazione del rischio nell’uso del sistema, lasciandogli, almeno implicitamente, una certa libertà d’azione
- Nel testo originario probabilmente erano state sottovalutate, o non tenute adeguatamente in conto, alcune delicate questioni dell’utilizzo di droni molto piccoli (massa inferiore a 0.3 kg, velocità inferiore a 60 km/h), come, ad esempio, la necessità di una autorizzazione
- La questione suddetta è stata sì, affrontata nel testo emendato, e precisamente nell’articolo 12, comma 6, rimandando tuttavia unicamente alla necessità di presentare una dichiarazione dall’ENAC, tramite apposita procedura telematica.
Quindi, con una semplice dichiarazione da presentare per via telematica, chiunque utilizzi un microdrone e rispetti il regolamento relativo alla circolazione aerea, può riprenderci come e quando gli pare facendo uso di piccole fotocamere o telecamere? Assolutamente no. Infatti, nell’articolo 34 del regolamento, commi 1 e 2, si legge chiaramente:
Protezione dei dati e privacy
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Laddove le operazioni svolte attraverso un SAPR possano comportare un trattamento di dati personali, tale circostanza deve essere menzionata nella documentazione sottoposta ai fini del rilascio della pertinente autorizzazione.
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Il trattamento dei dati personali deve essere effettuato in ogni caso nel rispetto del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni (“Codice in materia di protezione dei dati personali”), con particolare riguardo all’utilizzo di modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità ai sensi dell’art. 3 del citato Codice, nonché delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell’interessato prescritti dal Garante per la protezione dei dati personali.
Quindi, via libera all’utilizzo di questa sorta di insetti robotici volanti, purchè chi li usa si assicuri che non producano alcun danno, sotto la sua responsabilità. E che, naturalmente, non violino la nostra privacy.
Avremo pertanto a che fare con automi svolazzanti sicuri, discreti e molto, molto piccoli. Possiamo stare tranquilli? Più che tranquilli, a quanto pare. O forse no? Solo qualche numero in proposito: una microtelecamera per utilizzo investigativo non pesa più di pochi grammi, 5-10 è una stima ragionevole per molti modelli. Inoltre, un oggetto che viaggia a 60km/h, con una massa di 0,3 kg, possiede un’energia cinetica pari a circa 41 Joule. Per inciso, le armi ad aria compressa che siano capaci di sviluppare un’energia alla volata superiore o uguale a 7,5 joule (circa 0,76 chilogrammetri) vengono considerate dalla legge italiana armi comuni da sparo e pertanto il loro acquisto richiede una licenza di detenzione di armi e la successiva denuncia di possesso.
Avete letto bene: 7,5 Joule. Un valore circa 5 volte più basso della energia cinetica posseduta dai microdroni. Naturalmente per provocare ad esempio un danno grave alla vista basta molto, molto meno in termini di energia. Poniamoci nuovamente la domanda: possiamo davvero stare tranquilli? O forse no?
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