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Quanto sono sicure le centrali nucleari in Europa?

Il nuovo scandalo sulle centrali nucleari in Francia ha riacceso il dibattito sull’utilizzo di questi impianti, per lo più costruiti tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso

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La maggior parte delle centrali nucleari in Francia risalgono agli anni Settanta e sono ancora in funzione. Nell’immagine, la centrale di Cattenom, in Lorena. Crediti immagine: Stefan Kühn, Wikimedia Commons

APPROFONDIMENTO – Non è un caso che l’allarme sia partito proprio dalla Francia: ci sono centrali nucleari vecchie, quindi pericolose. Non stupisce perché proprio Oltralpe si concentrano, peraltro spesso a ridosso dei confini, la maggior parte delle centrali nucleari europee. La Francia infatti detiene da sola la metà delle centrali nucleari del nostro continente (se si esclude la Gran Bretagna). Ma non stupisce soprattutto perché la maggior parte delle centrali francesi sono state costruite negli anni Settanta del secolo scorso e sono ancora in funzione. D’altronde, è questo il business dell’energia atomica: grandissimi costi per la costruzione ma bassi costi per la produzione. È naturale quindi che si cerchi di sfruttare il più possibile la vita degli impianti nucleare. Tuttavia la rivelazione che ben 12 reattori su 58 siano fuori norma ha destato non poche preoccupazioni. La domanda è: quanti impianti ormai vecchi sono ancora in funzione in Europa?

Una breve panoramica

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Clicca sull’immagine per visualizzare l’infografica interattiva. Mappa realizzata da Giacomo Destro

L’energia nucleare, sin dalla nascita delle Comunità Europee, fu un argomento delicato, a cui fu riservato un Trattato a parte firmato nel 1957. Tecnicamente si parla di CEEA, Comunità Europea dell’Energia Atomica, anche se spesso viene chiamato Euratom. Il trattato ha dato vita a un organismo internazionale il cui compito è quello di armonizzare i programmi di ricerca sul nucleare a livello continentale. Voluto dalla Francia per controllare un’eventuale proliferazione tedesca, l’Euratom non ha mai avuto un ruolo attivo e incidente. Gli Stati, ben presto, si sono ripresi la propria sovranità, iniziando a costruire centrali e a sviluppare programmi di ricerca.

Attualmente il 28% dell’energia prodotta nell’Unione Europea è di origine nucleare, ma in alcuni Paesi (anche qui, la Francia) tocca addirittura il 77% del totale. Anche Paesi che non hanno mai sviluppato piani per il nucleare o che hanno esplicitamente terminato i propri (come l’Italia) in realtà spesso comprano dall’estero energia proveniente da centrali nucleari. Insomma, l’Europa è in larga parte dipendente da questa forma di produzione energetica.

I reattori francesi

Tutti i reattori francesi (e la maggior parte dei reattori europei) sono di tipo PWR (Pressured Water Reactor, reattore ad acqua pressurizzata), in cui sostanzialmente il fluido che va a muovere la turbina non entra in contatto con il nocciolo. Per questo generalmente sono considerati più sicuri in caso di incidente. Per comparazione, la centrale di Fukushima era di tipo BWR (Boiling Water Reactor, reattore ad acqua bollente), in cui il fluido che muove la turbina entra direttamente in contatto con il nocciolo e dunque in caso di sversamento è radioattivo.

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Clicca sull’immagine per visualizzare l’infografica interattiva. Grafico di Giacomo Destro

Nonostante queste caratteristiche, rimangono pur sempre centrali nucleari, e il rischio di disastro ambientale e sanitario è alto. In Francia, in particolare, si sono trovate anomalie di cui i gestori erano informati ma che sono state tenute all’oscuro. In particolare, si è scoperto che nell’acciaio delle vasche in cui sono immerse le barre radioattive è stato trovato carbonio in quantità doppie rispetto a quelle consentite. Troppo carbonio indebolisce la lega, e quindi si teme che in caso di malfunzionamento l’involucro potrebbe non reggere. L’inchiesta è partita da un reattore in fase di costruzione (con una nuova tecnologia), ma si è presto estesa a tutti gli altri impianti. Ne sono emerse pratiche scorrette e omissioni sin dagli anni Sessanta del secolo scorso, con la conseguente chiusura di ben 18 reattori per motivi precauzionali.

Gli altri reattori in Europa

 

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Clicca sull’immagine per visualizzare l’infografica interattiva. Grafico di Giacomo Destro

In Europa, al momento, sono attivi 138 reattori nucleari per la produzione di energia elettrica. Gran parte di questi reattori, quasi la totalità, sono stati costruiti tra il 1974 e la metà degli anni Ottanta. Il fatto che siano così concentrati da un punto di vista temporale ha una chiara spiegazione storica: il nucleare è stata la risposta europea alla crisi petrolifera degli anni Settanta. Nel 1973, a seguito della Guerra dello Yom Kippur tra Israele e i Paesi Arabi, l’OPEC, l’organizzazione che riunisce la maggior parte dei Paesi produttori di petrolio, decise di interrompere le forniture di greggio verso l’Occidente. Si cercarono fonti alternative: nacque allora l’interesse per il gas naturale, per i giacimenti off-shore del mare del Nord e per il nucleare. Incidentalmente, proprio dai dibattiti di quegli anni si svilupparono le prime idee ambientaliste.

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Clicca sull’immagine per visualizzare l’infografica interattiva. Grafico di Giacomo Destro

 

Generalmente, una centrale nucleare ha una vita operativa di circa 30 anni, ma molti dei reattori presenti in Europa hanno subito negli anni interventi di rinnovamento e messa in sicurezza e sono al momento ancora operativi. Il vecchio continente, inoltre, si è dotato di ECURIE (European Community Urgent Radiological Information Exchange), un dispositivo comune di allarme e reazione in caso di disastro nucleare.

La questione nucleare è al centro del dibattito europeo da decenni. In particolare, dopo lo stop-and-go dovuto a Fukushima, ci si chiede se realmente possano esistere impianti sicuri, soprattutto in Europa, dove la maggior parte delle centrali ha varie decadi di servizio alle spalle. Al momento, però, rinunciare alle centrali nucleari sarebbe un duro colpo, soprattutto per l’ambiente europeo. Se è vero, infatti, che il nucleare porta con sé il problema innegabile dello smaltimento delle sue scorie, è altresì vero che è l’unico sistema che al momento produce energia pulita a basso costo. Si tratta di un dibattito che sicuramente durerà negli anni, e forse non avrà risposta. Chi, invece, delle risposte deve averle sono i cittadini europei, soprattutto in merito alla sicurezza.

@gia_destro

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