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Come dipinge una intelligenza artificiale?

Immaginate di essere un’intelligenza artificiale, come dipingereste le immagini che vedete? Ecco cosa accade quando un algoritmo di deep learning, cioè apprendimento profondo, “dipinge” la realtà nello stile dei grandi artisti del passato, da Vincent Van Gogh a Pablo Picasso

Crediti immagine: Università del Tubingen, Germania

SPECIALE DICEMBRE – Pensate ai girasoli e alle notti stellate dipinte da Vincent Van Gogh. Oppure alla Guernica di Pablo Picasso o alle ballerine di Edgar Degas e Claude Monet. Dietro a queste grandi opere d’arte si cela il lavoro (cerebrale) e la sensibilità artistica dei grandi pittori. Ma cosa accadrebbe oggi se a dipingere ciò che vedono, e con quegli stili, non fossero degli umani ma una intelligenza artificiale, che è in grado di imparare dagli stimoli visivi che riceve e di elaborare algoritmi che la portano ad avere una creatività propria o ad applicare dei filtri per rielaborare le immagini?

A rispondere sono gli scienziati dell’università di Tubingen, in Germania, che hanno sviluppato un algoritmo, che fa parte degli algoritmi di deep learning, cioè apprendimento profondo, in grado di dipingere fotografie nello stile dei vari pittori.

Che cos’è il deep learning?

Nello sviluppo di una intelligenza artificiale, l’obiettivo degli scienziati è quello di ottenere sistemi che siano in grado di apprendere da stimoli esterni e dall’esperienza, proprio come accade nel cervello umano. Per fare questo sono stati sviluppati algoritmi di apprendimento profondo, il deep learning, dove il sistema non agisce come un classico algoritmo in cui è già codificato cosa fare se si verifica una precisa istruzione del programmatore, ma dove si formano reti neurali che simulano le reti create dai neuroni nel cervello umano.

Immaginate di avere a vostra disposizione miliardi di neuroni, come accade proprio nel cervello umano: questi interagiranno con gli stimoli esterni, li elaboreranno e costruiranno reti in cui si immagazzinano le conoscenze. Quando si verifica una situazione, il nostro cervello cercherà l’informazione già codificata che è la risposta più adatta nel suo database e permetterà una reazione allo stimolo ricevuto. Ogni stimolo nuovo costituisce un’esperienza che arricchisce il nostro database “umano”.

Immaginate ora invece di avere a disposizione un neurone “informatico”, o meglio un algoritmo, e di voler replicare il complicato meccanismo di immagazzinaggio delle informazioniche si verifica nel cervello umano. Si avrà bisogno innanzitutto di un numero superiore di algoritmi, ma sarà necessario che siano in grado di elaborare ogni volta gli stimoli a cui vengono sottoposti e ri-programmarsi sulla base di quanto imparato e non solo delle istruzioni singole che il programmatore può fornirgli. Questi algoritmi che riescono così ad imparare dai loro errori, creando vere e proprie reti neurali che ricordano il cervello umano, sono gli algoritmi di deep learning, cioè in grado di simulare e replicare un meccanismo di apprendimento di tipo umano.

La potenza di questi algoritmi nello sviluppo di un’intelligenza artificiale appare chiara e le potenzialità, proprio come per il cervello umano, sono molte dato che l’apprendimento profondo avviene, proprio come per i bambini, anche attraverso stimoli che possono essere immagini. Da questi concetti base si ottengono così programmi e applicazioni che possono leggere le immagini ed elaborarle, come per esempio la ricerca per immagini di Google o il riconoscimento facciale e il tag dei propri amici su Facebook, ma si possono anche sviluppare software in grado di riprodurre opere d’arte o, in futuro, di produrre opere d’arte inedite grazie alla loro capacità di apprendere e di rielaborare, proprio come accade con gli esseri umani.

Come dipinge un algoritmo?

I ricercatori dell’università tedesca di Tubingen hanno utilizzato un sistema di rappresentazione neurale che è stato in grado di separare e ricombinare il contenuto delle singole foto e gli stili, per poi elaborare un algoritmo neurale che a sua volta ne ha riprodotto immagini artistiche. Un vero e proprio sistema di intelligenza artificiale, basato sulle reti neurali, in grado di produrre opere d’arte di alta qualità.

Gli scienziati hanno preso come esempio una foto di un appartamento vicino a un fiume a Tubingen, vicino dunque all’università, e hanno lasciato che l’algoritmo elaborasse le immagini, ottenendo un’opera d’arte che ricordava gli stili di grandi artisti, come la “Notte stellata” di Van Gogh, “L’Urlo” di Edvard Munch e ancora il “Relitto di una nave da trasporto” di William Turner.

Questo accadeva nel 2015, e i risultati dello studio venivano pubblicati su ArXiv, ma dopo un anno a che punto siamo con il deep learning nel campo dell’arte? La risposta è che c’è ancora molto da fare, ma sempre più università e aziende stanno sviluppando software in grado di rielaborare le immagini. Lo scorso settembre 2016 è stato pubblicato sulla rivista Evolutionary Computation un nuovo studio condotto da Anh Nguyen, dell’università del Wyoming, che analizza come un algoritmo possa essere “incoraggiato” a scegliere in autonomia di rappresentare un’immagine piuttosto che affidarsi a scelte basate su processi stocastici e quindi causali.

Attualmente dunque gli scienziati non solo sviluppano algoritmi sempre più in grado di elaborare le informazioni, ma iniziano anche a comprendere come un’intelligenza artificiale possa essere dotata di un “animo” indipendente, che sia rigorosamente algoritmico e matematico, ma anche artistico.

Se in un primo momento questi algoritmi venivano impiegati soprattutto per le ricerche per immagini, ora offrono uno sguardo anche al funzionamento della creatività umana. Proprio come gli esseri umani infatti questi algoritmi sono in grado di apprendere, creando complesse reti neurali, e di elaborare un’immagine applicando un determinato filtro, che nel linguaggio umano definiremmo creatività. Un algoritmo è diventato così capace di dipingere e non resta da chiedersi cosa ne direbbero i grandi artisti del passato di questa “concorrenza” artificiale.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.