Il porno nell’era dei social
Il porno ha cambiato la concezione del sesso, Internet ha cambiato il modo di concepire il porno, ora è il turno dei social network. E gli scienziati cominciano a studiare le dinamiche con cui si propaga il materiale su queste piattaforme
COSTUME E SOCIETÀ – Il porno ha cambiato la nostra percezione del sesso e Internet ha modificato la nostra concezione del porno, ma ora la pornografia è caduta nelle mani dei social network. E cambia di nuovo. “La tendenza moderna della pornografia è molto diversa da quella di un tempo, è più sociale e prevede l’interazione tra le persone, il racconto di storie. Si lasciano commenti, like, è più coinvolgente per gli utenti”, spiega a OggiScienza Mauro Coletto, dottorando alla IMT School for Advanced Studies di Lucca che studia le dinamiche dei deviant behaviors nelle comunità online.
Ma cos’è esattamente un deviant behavior? Letteralmente un comportamento deviante, categoria nella quale la sociologia annovera sì il consumo di materiale pornografico, l’adult content, ma anche l’autolesionismo, l’utilizzo di sostanze stupefacenti, l’abuso di alcol, i disordini alimentari e il bracconaggio. Tutti comportamenti considerati “inappropriati” ma che coinvolgono un enorme numero di persone e attraverso i social arrivano a un pubblico ancora più ampio.
Le persone coinvolte in questi comportamenti si aggregano online ma gran parte degli studi scientifici condotti finora ha studiato le comunità considerandole dei gruppi di “outsiders”, concentrandosi sulle piattaforme specializzate specialmente per quanto riguarda la pornografia. In realtà “si tratta di comportamenti che partono sì da una piccola comunità, come nel caso del consumo di pornografia sui social network, ma che hanno un effetto di propagazione molto ampio”, spiega Coletto, che insieme ai colleghi Luca Maria Aiello, Claudio Lucchese e Fabrizio Silvestri ha indagato la propagazione del materiale pornografico su due social network, la piattaforma di micro-blogging Tumblr e la comunità per fotografi e foto-amatori Flickr, analizzando i dati anonimi di rispettivamente 130 milioni e 39 milioni di utenti. Hanno presentato i loro risultati alla Tenth International AAAI Conference on Web and Social Media (ICWSM 2016).
“Rispetto ad altri social network, su Tumblr esiste da tempo la tendenza spinta alla diffusione di materiale pornografico e a differenza di Facebook non ci sono filtri o detection tools per individuarlo. Allo stesso tempo ci siamo resi conto che c’erano molti studi sul consumo di pornografia, anche recenti, ma riguardavano tutti siti web specializzati e non i social network”.
Partendo dalle query di ricerca di Yahoo, le sequenze di parole usate dagli utenti sul motore di ricerca, gli scienziati sono andati a studiare quello che le persone cercavano su Tumblr. “Ne abbiamo trovate moltissime a contenuto pornografico, poi siamo risaliti ai blog che li pubblicavano e mappato in che modo questi contenuti si diffondevano in rete”. A produrre contenuti, dunque caricare materiale su Tumblr, sono pochissimi utenti: meno dell’1% del campione. A consumarli, interagendo con like o re-post, è il 22%.
I due enormi dataset a disposizione hanno permesso a Coletto e colleghi di isolare anche la categoria degli unintentionally exposed, ovvero tutti coloro che non cercano materiale pornografico ma sono potenzialmente esposti perché seguono qualcuno che lo pubblica, lo condivide o vi interagisce. Il che aggiunge un’abbondante 28% (di cui circa il 10% minorenni) alla fetta di utenti che ha a che fare con il porno su Tumblr e li porta a un numero notevole: metà del campione.
“Dal punto di vista sociale, una delle domande che ci siamo fatti è legata proprio alla definizione di pornografia come deviant behavior: in quanto tale è considerata un fenomeno circoscritto, ma quanto può essere deviant se la propagazione delle informazioni su Tumblr riguarda più del 20% degli utenti? È quasi un comportamento di massa”.
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio è il genere. Finora l’idea abbastanza condivisa era che il consumo di pornografia fosse prioritario per gli uomini, “mentre dai nostri dataset è emerso qualcosa di diverso”, dice Coletto. “Ci siamo accorti che è si preponderante per gli uomini, in generale, ma la situazione cambia se si considerano diverse fasce d’età: il consumo è grossomodo paritario fino ai 20-25 anni, da quell’età in poi crolla per le donne mentre va aumentando fino a circa 55 anni per gli uomini”. Il che non è correlato con la diversa base di utenti delle due piattaforme perché se così fosse stato “avremmo ottenuto curve di distribuzione molto diverse tra i due social, l’uno prevalentemente maschile, Flickr, l’altro prevalentemente femminile, Tumblr, mentre sono invece molto simili tra loro”. Oltre il 70% degli utenti di Tumblr sono donne e l’età media è 26 anni, ma più dell’80% dei produttori di materiale pornografico sono uomini.
Mentre su Instagram c’è una continua caccia ai nuovi hashtag per diffondere materiale pornografico, e per ogni hashtag #boobs #sex che viene bannato compaiono un #boobss e un #sexx per propagare nuovi contenuti, su Tumblr non ci sono restrizioni di alcun tipo. Le regole della piattaforma recitano “[..] per favore non utilizzare l’opzione Carica Video di Tumblr per ospitare video sessualmente espliciti. Non facciamo parte del business che trae profitto dai video per adulti (e ospitare questa roba è maledettamente costoso) [..]” ma non essendoci filtro si può in realtà pubblicare qualsiasi cosa e cercare materiale pornografico è facile quanto diffonderlo. Tumblr si basa in gran parte sul re-post di contenuti altrui.
Su Flickr non è così semplice, perché c’è un filtro che limita le immagini quando si passa per la ricerca pubblica. Ma allo stesso tempo se è l’autore -o comunque chi pubblica- a taggare le foto esplicitamente come materiale pornografico accedervi diventa molto più semplice, ad esempio attraverso gruppi dedicati. L’impostazione stessa della piattaforma, che non permette ad esempio di condividere contenuti altrui, fa sì che i numeri del porno siano molto più ristretti: anche qui meno dell’1% produce, poco più del 5% consuma e un abbondante 82% vive la sua vita su Flickr senza aver mai contatti col porno.
“Per noi è iniziato come uno studio informatico, la possibilità di studiare una rete con milioni di nodi, identificare comunità e sotto-comunità, era già di per sé una sfida”, spiega Coletto, “ma ci interessava anche l’idea di proporre un metodo per studiare questi fenomeni. Una volta online si aveva un’identità quasi nascosta, mentre ora il grado di vergogna è più basso e pochi sono davvero consapevoli delle possibilità di tracciare le informazioni. La maggior parte delle persone dimentica che una foto inizialmente diffusa tra amici può fare il giro del mondo in pochissimo tempo. Allo stesso tempo, con i social sono nate varie comunità ‘ponte’ come i siti di gossip sulle celebrità, che pubblicano contenuti borderline. Una volta il porno e il non porno erano nettamente separati, ora le cose sono cambiate”.
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