Il traffico che assorda le manguste
Quando un predatore si avvicina, fuggono seguendo i richiami d'allarme degli scoiattoli. Ma se c'è traffico non riescono a "tradurre" bene e non scappano, finendo per essere mangiate.
AMBIENTE – Settanta anni fa i richiami di una balenottera azzurra avrebbero viaggiato lontano, raggiungendo conspecifici anche a 1600 chilometri di distanza. Oggi la portata di questi messaggi è drasticamente ridotta: solo 160 chilometri. Ma cosa causa un tale disturbo nelle comunicazioni? L’inquinamento acustico, ovvero suoni e rumori prodotti dalle attività umane, che danno fastidio agli animali e impediscono loro di sentirsi esattamente come capita a noi nei locali molto rumorosi. Se a noi basta inclinarci verso gli amici, e mettere le mani a mò di megafono vicino alle loro orecchie, una balenottera ha vita assai più dura. Ma non è la sola.
Gli scienziati dell’Università di Bristol hanno ora confermato che i suoni di origine antropica, nello specifico il traffico, possono intralciare le risposte degli animali ai segnali di allarme lanciati da altre specie, rendendoli molto meno efficienti nello scappare dai predatori. La comunicazione animale, infatti, non si svolge tra i soli membri di una specie. Ci sono molte orecchie pronte a origliare e approfittare di informazioni utili traducendo i segnali altrui: ascoltando bene si possono captare indizi su dove si trova una preziosa fonte di cibo, ma anche sulla presenza di un predatore o sulla posizione del malcapitato che a breve diventerà un pranzo. Come fanno quei predatori che prediligono uccelli “rumorosi” e possono mettersi in ascolto in attesa che uno di questi si esibisca, per esempio per conquistare una femmina.
Al secondo caso, in cui il segnale altrui torna utile per salvarsi la vita e scappare al predatore, appartengono invece le manguste nane: fuggono in risposta ai segnali di pericolo degli scoiattoli, scappando a zampe levate anche se non possono effettivamente vedere la minaccia.
Studiando le popolazioni delle manguste in Sudafrica, gli scienziati coordinati da Amy Morris-Drake hanno scoperto che le manguste scappano molto di meno quando in “sottofondo” c’è il rumore del traffico. Anche se gli scoiattoli stanno dicendo chiaramente che c’è un predatore, il messaggio non arriva forte e chiaro come dovrebbe.
Le manguste sono distratte dal rumore delle automobili? Sono stressate e questo compromette la risposta di fuga? Sono due delle ipotesi dei ricercatori, che hanno pubblicato i loro risultati su Environmental Pollution. La terza ipotesi è che i suoni del traffico mascherino a tal punto i messaggi degli scoiattoli da impedire alle manguste di estrapolarne le informazioni utili. “Mentre un sacco di lavoro si è concentrato sul capire come gli animali modificano le vocalizzazioni per evitare gli effetti del mascheramento, spesso è difficile determinare quali potrebbero essere le conseguenze per la sopravvivenza”, dice in un comunicato Anna Bracken, co-autrice. “Studiando le risposte ai segnali di allarme, si trova un legame diretto con la sopravvivenza; se non c’è risposta, il risultato potrebbe essere la morte”.
C’è davvero così tanta differenza con gli effetti che l’inquinamento acustico ha su di noi, o anche qui non siamo poi così diversi? Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il solo rumore del traffico nuoce alla salute di quasi una persona ogni tre nella regione europea. Una su cinque è esposta a livelli di rumore notturni così alti che la sua salute potrebbe esserne compromessa in modo significativo, con effetti a livello cardiovascolare, psico-fisiologico e conseguenze sul rendimento a scuola e sul lavoro.
L’inquinamento di origine antropica compromette la comunicazione degli animali e li stressa molto, un effetto che gli scienziati possono quantificare misurando la presenza degli ormoni dello stress (come il cortisolo). Lo spiega bene Danilo Russo, ricercatore in Ecologia all’Università Federico II di Napoli, nel suo libro Suoni Bestiali – che ho recensito su queste pagine qualche mese fa.
Tra gli esempi più noti, per l’influenza del traffico navale ma anche delle esplorazioni petrolifere sottomarine, ci sono i cetacei. Come scrive Russo, parlando delle balene franche dell’Atlantico settentrionale, “I terribili attentati dell’11 settembre 2011 ebbero, tra i molti effetti a breve termine, un forte calo nei trasporti, inclusi quelli marittimi. In quel periodo, nella Baia di Fundy, si registrò una riduzione di sei decibel nel rumore prodotto in mare dalle navi. Questa fu accompagnata a una diminuzione degli ormoni dello stress (gli scienziati hanno potuto misurarne la quantità presente nelle feci delle balene) che purtroppo in seguito sono di nuovo aumentati in concomitanza con il ripristino dei normali livelli di traffico navale”.
Leggi anche: Affinità bestiali, sesso e relazioni umane spiegate da quelle animali