Resistenza ai farmaci: un problema in crescita
L'ultimo rapporto EFSA-ECDC riporta un aumento di batteri resistenti agli antibiotici nell’uomo, negli animali e negli alimenti. E anche sul fronte HIV, TB e malaria le cose si stanno complicando.
SALUTE – La resistenza ai farmaci è un problema reale e in crescita. Lo rivela per esempio l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), pubblicato a fine gennaio, che riporta un aumento di batteri resistenti agli antibiotici nell’uomo, negli animali e nei cibi, con il risultato che le infezioni causate da batteri resistenti agli antimicrobici portano a circa 25.000 decessi nell’UE ogni anno.
Un primo dato allarmante riguarda il batterio della Salmonella, per il quale la resistenza agli antibiotici è molto elevata in tutta l’UE tanto che la Salmonellosi, nelle sue diverse forme, è la seconda malattia di origine alimentare più comunemente riportata in Europa.
L’antibiotico resistenza non è uguale dappertutto, ma varia da paese a paese. In particolare, l’Europa settentrionale e occidentale mostra i più bassi tassi di resistenza, a fronte di picchi nel Sud ed Est Europa. Si tratta – chiosano gli esperti – di differenze correlate senza dubbio anche con i diversi usi degli antibiotici nei vari Paesi europei.
Il rapporto individua in particolare quattro classi di antibiotici la cui resistenza risulta significativa e allarmante. I primi sono i carbapenemi, per i quali gli esperti hanno rilevato per la prima volta la resistenza, e che sono utilizzati solitamente come extrema ratio per pazienti che presentano una resistenza a più antibiotici. La seconda classe è quella dei farmaci per ESBL (Extended-spettro beta-lattamasi) cioè ceppi di microbi di Escherichia Coli antibiotico resistenti, rilevati in bovini, maiali e vitelli, anche qui in maniera variabile da paese a paese. Il terzo problema riguarda la resistenza alla colistina, un antibiotico comunemente utilizzato in alcuni paesi per il controllo delle infezioni negli animali, in particolare nei suini, e come ultima scelta nei casi di infezione grave da uno degli antibiotici di Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella pneumoniae e Acinetobacter multiresistenti. La resistenza alla colistina sta preoccupando anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che riporta un aumento in molti paesi e regioni. Infine, oltre il 10% dei casi di Campilobacteriosi – la zoonosi più frequente in Europa – sono risultati resistenti a due classi di antibiotici, i fluoroquinoloni e i macrolidi, che rappresentano i farmaci più utilizzati per curare la Campilobatteriosi negli umani.
Molto utile è anche un tool interattivo messo a punto proprio da EFSA ed ECDC, che mostra i dati sulla resistenza a Salmonella ed Escherichia Coli in Europa. Per ogni classe di antibiotico e per ogni batterio mostra la prevalenza della resistenza paese per paese, e in alcuni casi la situazione in Italia non è per niente buona. Filtrando i dati per il nostro paese scopriamo che per alcuni antibiotici si superano anche ampiamente le percentuali di resistenza del 70%, che EFSA considera come soglia oltre cui la resistenza è considerata estremamente elevata.
Anche rispetto ad altri paesi europei i livelli di resistenza ad alcune classi di farmaci per le diverse forme di salmonellosi in Italia sono molto elevati.
Le categorie citate da EFSA, che coinvolgono le zoonosi cioè le malattie che possono essere trasmesse dall’animale all’uomo, in particolare attraverso il cibo, e che riguardano quindi la resistenza agli antibiotici, non esauriscono però il ventaglio della farmacoresistenza per le malattie infettive a livello mondiale, come dimostrano gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aggiornati a settembre 2016. L’OMS riporta infatti allarmanti resistenze ai trattamenti ai farmaci di terza generazione per la gonorrea, confermate in almeno 10 paesi fra cui Francia, Giappone, Svezia e Regno Unito, e ai trattamenti per lo Stafilococco aureo, una resistenza che si traduce in un rischio del 64% maggiore di morire per questa infezione rispetto a chi non è resistente al farmaco.
Vi è infine la resistenza ai medicinali pensati per sconfiggere nemici molto aggressivi, fra cui la Tubercolosi, la Malaria, l’influenza e l’HIV. L’OMS ha stimato che nel mondo nel 2014 ci sono stati circa 480 mila nuovi casi di Multidrug-resistant tuberculosis (MDR-TB), tubercolosi resistente ai farmaci, e solo la metà di questi pazienti è stata trattata con successo. Si tratta di una fetta importante nel computo dei nuovi casi di tubercolosi: nel 2014 il 3,3% dei nuovi ammalati mostrava una forma resistente ai farmaci, una percentuale che arriva al 20% fra chi aveva già manifestato la TB. Vi è inoltre un’ulteriore forma, denominata Extensively drug-resistant tuberculosis (XDR-TB), ancora più grave perché resistente a ben 4 farmaci anti TB e identificata già in 105 paesi nel mondo. L’OMS stima che il 9,7% di chi manifesta la MDR-TB, presenta anche XDR-TB.
Sebbene i casi di malaria siano in diminuzione negli ultimi anni, con un decremento del 21% dal 2010 al 2015, e una diminuzione della mortalità di quasi il 30%, rimangono oltre 210 milioni i nuovi casi ogni anno. A partire da luglio 2016, ben cinque paesi della regione del Mekong (Cambogia, Repubblica democratica popolare del Laos, Myanmar , Thailandia e Vietnam) hanno evidenziato casi di resistenza al trattamento, che spaventa gli esperti dell’OMS, che in questo senso hanno siglato un programma per il contenimento della resistenza da qui al 2030) poiché potrebbe diffondersi in altre parti del mondo, rappresentare un importante problema di salute pubblica e mettere a repentaglio i recenti traguardi nel controllo della malattia.
Anche l’HIV non è esente dal problema della resistenza ai farmaci. Sempre dati OMS hanno mostrato che nel 2010 il 7% dei pazienti che iniziavano una terapia antiretrovirale nei paesi in via di sviluppo e dal 10 al 20% dei pazienti nei paesi ricchi presentava una resistenza ai medicinali di prima linea. Le percentuali sono molto più alte – intorno al 40% – fra chi iniziava nuovamente un trattamento a cui era già stato sottoposto in precedenza. Anche qui – incalza l’OMS, che per questo sta mettendo a punto un Global Action Plan per la resistenza ai farmaci per l’HIV da qui al 2021 – la questione è urgente, anche perché coinvolge anche un importante aspetto economico: i farmaci di seconda e terza linea sono rispettivamente 3 e 18 volte più costosi rispetto a quelli di prima linea.
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