Un nuovo antibiotico per combattere la farmaco-resistenza
Un nuovo metodo aiuta a isolare un antibiotico che potrebbe aiutare a risolvere un urgente problema di salute pubblica
SCOPERTE – Un nuovo antibiotico e, soprattutto, il modo in cui è stato sviluppato possono aiutare a risolvere un urgente problema di salute pubblica, quello dell’aumento delle infezioni resistenti ai farmaci e la mancanza di nuovi antibiotici per sostituire quelli che non funzionano più.
La scoperta, pubblicata su Nature, è di un gruppo di ricercatori della Northeastern University di Boston, della NovoBiotic Pharmaceuticals di Cambridge (Massachusetts) e dell’Università di Bonn (Germania). Il composto che potrebe risolvere la crisi di antibiotici si chiama teixobactina.
Gli antibiotici sono una delle più importanti scoperte terapeutiche nella storia della medicina. Dalla loro introduzione, oltre 80 anni fa, hanno contribuito a ridurre la mortalità di molte malattie infettive e sono diventati uno strumento essenziale in procedure comuni come il trapianto e la chemioterapia ma anche durante le operazioni ortopediche o odontoiatriche. Purtroppo, l’abuso o l’uso improprio degli antibiotici ha portato alla nascita e alla selezione di batteri resistenti, con la conseguenza che infezioni comuni o lievi ferite, da decenni trattabili e quindi non più pericolose, potrebbero tornare a essere fatali.
La farmaco-resistenza ha raggiunto livelli allarmanti in molte parti del mondo: in Europa, i dati parlano di 25 000 morti ogni anno dovuti alla resistenza agli antibiotici e di altre morti dovute alle complicanze di infezioni antibiotico-resistenti.
Ecco perché lo sviluppo di un nuovo antibiotico ha creato tanto fermento nella comunità scientifica: i farmaci cui ci affidiamo per tenere batteri e altri patogeni sotto controllo sono diventati sempre più obsoleti, e negli ultimi 30 anni sono stati scoperti solo una manciata di nuovi composti ad azione antimicrobica (per esempio questi, questo e questo).
Oltre alla scoperta in sé di un nuovo antibiotico, ci sono altri due fattori che rendono lo studio americano molto interessante. Innanzitutto quello legato alla farmaco-resistenza: i ricercatori che hanno pubblicato lo studio suggeriscono che, in base al meccanismo d’azione della teixobactina, dovrebbe essere più difficile per i batteri diventare resistenti all’antibiotico. La teixobactina agisce inibendo la sintesi di vari componenti della parete cellulare del batterio, tra cui il peptidoglicano e l’acido teicoico, e così facendo da un lato impedisce al microorganismo di costruire un rivestimento funzionante, dall’altro promuove la distruzione della cellula.
«I bersagli presi di mira dalla teixobactina sono considerati il tallone d’Achille dei batteri perché sono molecole altamente conservate. Ciò suggerisce che non esistano vie alternative per la sintesi della parete cellulare grazie alle quali i batteri possano proteggersi dalla teixobactina o che possano essere trasmesse da batterio a batterio come nei casi di antibiotico-resistenza», scrive Loose Ling, autore del lavoro.
L’altro aspetto molto interessante della ricerca è il metodo attraverso cui si è arrivati all’isolamento della teixobactina.
I batteri sviluppano continuamente nuovi modi per lottare contro altri microorganismi concorrenti. Uno di questi consiste nella produzione di composti antibatterici, o antibiotici che dir si voglia. Tuttavia il 99% di tutte le specie di batteri presenti nell’ambiente non cresce in condizioni di laboratorio e questo limita enormemente il numero di antibiotici che possono essere studiati e prodotti.
Per isolare la teixobactina, gli scienziati hanno sviluppato un metodo innovativo che consente nel coltivare i batteri direttamente nel loro habitat naturale. Si parte da un campione diluito di terreno che viene poi depositato in un reticolo di piccoli canali, a loro volta ricoperti da una membrana semipermeabile che permette ai fattori ambientali di diffondere all’interno. L’idea è che in ciascun reticolo venga isolata una sola specie batterica. Dopodiché tutto l’apparato viene ridepositato nel terreno.
I ricercatori hanno chiamato il dispositivo iChip e grazie a questa tecnica sono riusciti a studiare 10 000 ceppi di batteri e a isolare 25 diversi composti antibiotici, di cui la teixobactina sembra essere la più promettente.
La teixobactina ha comunque i suoi svantaggi: innanzitutto è stata testata solamente sui topi, dove in effetti non ha dimostrato tossicità per l’organismo. Sappiamo però che solo l’8% dei composti che superano la fase di sperimentazione sugli animali riescono poi effettivamente a raggiungere il mercato. «Gli studi clinici sugli esseri umani inizieranno probabilmente tra due anni», ha osservato Kim Lewis, un altro autore dello studio, in una conferenza stampa. «Poi saranno necessari alcuni anni di test. Se il farmaco supererà tutte le prove richieste, comunque non sarà disponibile prima di altri cinque o sei anni».
Inoltre, la teixobactina si è dimostrata efficace solo sui batteri gram-positivi mentre non ha alcun effetto sui gram-negativi, probabilmente perché possiedono un rivestimento esterno in più rispetto ai gram-positivi che in qualche modo protegge il microorganismo dall’antibiotico.
Tuttavia non ci sono dubbi: come ha concluso Lewis «a prescindere dalla teixobactina, iChip ha un enorme potenziale e in futuro potrebbe portare alla scoperta di nuovi possibili antibiotici».
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