Dall’infanzia all’adolescenza: l’origine del controllo degli impulsi
La capacità di controllarsi e di prendere decisioni in modo meno impulsivo è una delle conquiste dei ragazzi che lasciano l'infanzia: alla base di questo cambiamento sembra esserci una trasformazione dei circuiti neurali del cervello, che diventano con il tempo più modulari.
SCOPERTE – “Non comportarti come un bambino…non sei più un bambino, datti un contegno…”: nella nostra esperienza quotidiana – e quindi nel nostro modo di parlare – è ormai assimilato il fatto che, oltre agli evidenti cambiamenti fisiologici e ormonali, il delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza comporta anche una drastica modifica comportamentale. È infatti in questi anni, così cruciali nello sviluppo di una persona, che ognuno di noi impara a controllare i propri impulsi, migliorando la propria abilità nel pianificare e prendere correttamente le decisioni. Uno studio, pubblicato recentemente su Current Biology, ha fatto luce sui cambiamenti nell’organizzazione cerebrale che sottostanno a questi miglioramenti comportamentali che tutti noi abbiamo sperimentato.
È bene notare che non si fa riferimento, in questo contesto, alle dottrine psicologiche di Jung sul fanciullo interiore o ai patemi di Peter Pan (il celeberrimo personaggio nato dalla penna di James Matthew Barrie che non voleva crescere), quanto piuttosto a una vera e propria evoluzione di alcune funzioni cerebrali, dette esecutive. Queste capacità si basano su un insieme di circuiti neurali, la cui attivazione e inibizione sono finemente regolate, e che forniscono la base neurofisiologica del nostro comportamento. Le funzioni esecutive, che hanno sede principalmente nella corteccia cerebrale frontale e pre-frontale, sono tra i primi bersagli di molte patologie neurodegenerative (come il Parkinson e l’Alzheimer); una degenerazione neuronale in queste zone porta infatti a comportamenti anomali, come l’abuso di alcool o di sostanze stupefacenti, la propensione verso il gioco d’azzardo, l’iperattivazione sessuale, lo sproloquio violento: una perdita generalizzata, si potrebbe dire, delle inibizioni.
Per contrastare questi deficit (ma anche per prevenire altri disturbi comportamentali tipici dell’adolescenza, che interessano queste funzioni cognitive) il primo passo è capire come il nostro comportamento venga “forgiato” durante lo sviluppo. A questo scopo il gruppo di ricerca della University of Pennsylvania guidato da Graham Baum ha analizzato i dati di imaging cerebrale provenienti da 882 ragazzi e ragazze, dagli 8 ai 22 anni. In particolare, è stato utilizzato uno strumento di indagine chiamato imaging del tensore di diffusione (DTI), una tecnica di risonanza magnetica cruciale nel mappare a livello tridimensionale la struttura del cervello e nel comprenderne la connettività anatomica.
I ricercatori hanno così scoperto che alla base del miglioramento comportamentale c’è una suddivisione modulare dei diversi comparti cerebrali, che durante l’infanzia appaiono più “aperti” e meno specializzati. Tuttavia questa segregazione è vantaggiosa dal punto di vista funzionale: “Lo sviluppo di un network basato su un’architettura modulare non si traduce in una frammentazione del nostro cervello – spiega Braum – ma anzi in una capacità di comunicazione aumentata, dovuta al rafforzamento delle connessioni tra i vari moduli. Il cervello, crescendo, viene quindi organizzato in unità suddivise con compiti specifici, ma risulta più integrato nel suo complesso”.
Se pensiamo ai nostri comportamenti come a un bene materiale da produrre (un’automobile, per esempio) e al nostro cervello come a una fabbrica, risulta evidente come l’istituzione di una catena di montaggio, in cui ogni reparto è specializzato nella produzione di un pezzo e comunica solo e soltanto con gli omologhi di cui ha strettamente bisogno, è molto più efficiente di una pseudo-organizzazione in cui tutti fanno tutto e comunicano con tutti. È proprio nell’adolescenza che si configura quindi questa “rivoluzione industriale modello Ford”, e la comprensione di questa evoluzione è cruciale per identificare biomarcatori di uno sviluppo cerebrale anomalo, in grado di predire il rischio che una persona sia affetta da psicosi o da altri disturbi della sfera cognitiva.
La strada per la cura di queste patologie è ancora lunga, ma le scoperte di Baum e colleghi pongono un nuovo punto fisso nella comprensione del funzionamento del cervello, una delle macchine più efficienti e complesse esistenti al mondo: per lavorare al meglio, la segmentazione coordinata sembra essere la via più efficiente.
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