L’ambiente violato sul grande schermo
Tra catastrofi ecologiche, distopie ambientaliste, documentari di denuncia.
STRANIMONDI – Con il ritorno di Al Gore in versione documentarista e film maker, come raccontato da Claudio Dutto su queste colonne, si riaffaccia sul grande schermo un cinema che guarda alle “scomode verità” sulle conseguenze planetarie dei cambiamenti climatici. A dire il vero, però, si tratta di tematiche che non se ne sono mai andate del tutto, ma che hanno continuata ad affiorare lungo buona parte della storia del cinema internazionale, in particolare modo in quello di fantascienza. Spesso in termini catastrofistici, quasi sempre cercando di fare da monito allo spettatore sulle conseguenze di scelte sbagliate.
Mentre gli esperti cercano di capire quali siano le ricadute sugli accordi internazionali dello sfilamento degli Stati Uniti targati Donald Trump dagli impegni sul cambiamento climatico e sul rispetto dell’ambiente, vi proponiamo una selezione di alcuni film che raccontano scenari distopici e apocalittici dovuti a uno scarso rispetto per la natura, in nessun ordine specifico. Non ci troverete, per esempio, Blade Runner, che comunque è ambientato in un futuro in cui l’equilibrio tra natura e uomo si è dissolto in un cielo sempre scuro e una continua pioggia, probabilmente acida. Lì la questione ambientale ed ecologica non è parte integrante della storia, ma ne fornisce solo uno scenario. Abbiamo qui invece preferito film in cui il discorso e la riflessione attorno a queste tematiche sia centrale nella svolgimento della storia.
The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo (2004)
Partendo proprio dal clima, quale miglior inizio di questo film di Roland Emmerich con protagonista niente meno che un paleoclimatologo? La base di partenza è proprio quella dell’innalzamento dei livelli di gas serra in atmosfera e le conseguenze di questo fattore sul clima, con desertificazioni e innalzamenti di livello dei mari che spingono una enorme quantità di esseri umani a cercare salvezza migrando in fretta e furia. Un po’ come avviene nel romanzo di Bruno Arpaia, Qualcosa, là fuori, che ha portato anche in Italia la climate fiction. Ma mentre nel romanzo dello scrittore napoletano il cambiamento climatico spingeva verso nord i propri protagonisti, nel film di Emmerich c’è spazio per una satira politica all’interno del film con gli americani che chiedono asilo al Messico…
La saga di Mad Max (1979, 1981, 1985, 2015)
Il film del 2015 firmato dall’arzillo George Miller (di cui abbiamo già scritto a proposito del personaggio femminile di Furiosa) è solo l’ultimo di una serie cominciata quasi quarant’anni or sono. Le storie sono sempre piuttosto lineari, sebbene nascondano spesso un significato simbolico piuttosto stratificato, ma quello che conta qui è che il mondo dove Max si trova a lottare per la propria sopravvivenza è un pianeta Terra che progressivamente diventa una landa desolata a causa di una guerra nucleare che ha praticamente desertificato buona parte della terra emersa. Nell’episodio più recente, per citare uno solo dei simboli ecologici (qui declinato piuttosto pessimisticamente) c’è una terra incontaminata e verde, una sorta di Eldorado o paradiso terrestre dove la desolazione causata dall’uomo non ha attecchito. Ma quando Max e Furiosa vi arrivano, non trovano esattamente quello che si aspettavano.
I figli degli uomini (2006)
Tratto da un romanzo di P.D. James, questo film diretto da Alfonso Cuarón e interpretato tra gli altri da Clive Owen, si concentra su un altro tema, la scarsità di nascite. Ad azzerare completamente la capacità riproduttiva degli esseri umani è, lo spiega Jasper Palmer (interpretato da Michael Cane), è l’inquinamento. Tutto sembra congiurare per l’estinzione dell’umanità, almeno fino a quando non si sparge la voce che una giovane donna avrebbe partorito. Trama lineare, ma resa molto bene, grazie anche a un’ambientazione convincente. Il nesso infertilità/inquinamento è uno di quelli che ritorna ciclicamente, ora accusando (a torto o ragione) questo o quell’elemento della nostra vita occidentale. Chiedere a Google per avere un’idea delle possibilità.
La fuga di Logan (1976)
Lasciate perdere gli effetti speciali e visivi, che oggi sembrano un po’ datati, ma andate a recuperare questo film (tratta dall’omonimo romanzo di William F. Nolan e George Clayton Johnson). La pellicola è introdotta da questa frase: “Nel ventitreesimo secolo i sopravvissuti alla guerra, alla sovrappopolazione e all’inquinamento vivono in una città isolata dal mondo esterno. Qui, in un mondo ecobiologicamente bilanciato, l’umanità vive solo in funzione del piacere, libera grazie ai servomeccanismi che forniscono ogni cosa”. Ovviamente, sotto alla copertina di una città perfetta, idilliaca e perfettamente organizzata c’è qualcosa che non torna e ha a che fare con i colori di alcuni particolari cristalli. A metà tra la denuncia sociale e rifacendosi a tematiche sociopolitiche tipiche dell’epoca, il film è comunque una interessante riflessione sull’equilibrio tra conservazione e preservazione della natura, da una parte, e limitazione della libertà e consapevolezza, dall’altra.
Soylent Green (1973)
Rimaniamo negli anni Settanta per questo capolavoro della fantascienza. Qui il tema ecologico/ambientale al centro della vicenda è il problema di produrre abbastanza cibo per una popolazione cresciuta a dismisura. Le uniche cose che si possono mangiare sono due tipi di soylent, quello rosso e quello verde del titolo, pubblicizzato come l’ultimo squisito ritrovato della coltivazione e della lavorazione del plancton. In realtà le cose non stanno proprio così… Film che riflette su molti aspetti della gestione delle risorse naturali e umane, con una profonda critica anche alle varie pallottole magiche che ogni tanto spuntano nei dibattiti sull’ambiente e che quasi mai mantengono quello che promettono.
Wall E (2008)
Capolavoro dell’animazione firmato Disney-Pixar, Wall E racconta la storia di un’umanità che se ne è andata dalla Terra a causa di un’enorme e ingestibile quantità di rifiuti che hanno reso inabitabile il nostro pianeta. Film-parabola sul senso stesso dell’essere umani, Wall E ha la forza di lasciare sullo sfondo della storia principale tutta una serie di tematiche e spunti di riflessione ecologista/ambientalista che sembrano essere fatti apposta per essere colti da visioni ripetute (magari a causa di qualche bambino in famiglia…). Una su tutte? La trasformazione del corpo degli esseri umani a causa di una vita troppo sedentaria: mollezza, ciccia e pigrizia, che corrispondono proprio ad alcuni dei problemi che insorgono con l’obesità.
Snowpiercer (2013)
L’esordio in lingua inglese del regista sudcoreano Bong Joon-ho, basato su di un fumetto francese Le Transperceneige. Il motore della trama è una nuova era glaciale, causata dallo sconvolgimento climatico dovuto alla sovrapproduzione della nostra società. In questo scenario apocalittico, un magnate ha creato un treno che non si ferma mai, continuando a spostarsi lungo un percorso circolare che attraversa il mondo. Si tratta di una metafora ferroviaria che ripercorre il classico bastimento intergalattico che ripropone una società che ha bisogno di riorganizzarsi e di programmare per riuscire a sopravvivere. Come in Soylent Green, anche in questo caso una delle problematiche principali ruota attorno alle modalità di produzione del cibo, soprattutto per le carrozze dove vivono coloro che hanno potuto permettersi un biglietto più economico. Intriso di marxismo e con degli effetti speciali straordinari, Snowpiecer è una delle più recenti incarnazioni cinematografiche sulle responsabilità dell’uomo nella distruzione e l’alterazione delle risorse naturali.
Minamata – Kanja-san to sono sekai (1971)
Menzione speciale per un documentario giapponese che è entrato di diritto nella storia del cinema e che ha goduto di un certo revival perché inserito recentemente in Story of Film: An Odissey. Il film di Noriaki Tsuchimoto racconta le vicende degli abitanti di Minamata e di alcune altre comunità che hanno subito l’avvelenamento da mercurio a causa della presenza di una grossa azienda produttrice di fertilizzanti. Un film iconico per tutte le Bhopal a venire, forse non facile da digerire con il suo crudo bianco e nero, ma una delle vette del documentarismo di ogni epoca.
Conan il ragazzo del futuro (1978)
Restiamo in Giappone per un’altra deroga. Questa volta non si tratta di un documentario, ma di una serie animata di Hayao Miyazaki, maestro noto per tantissimi suoi film che hanno conquistato un pubblico vastissimo e non solo di bambini. Dopo una guerra devastante che nel 2008 ha visto contrapposte due supernazioni (siamo in clima da Guerra Fredda) che non hanno esitato a usare le super-armi magnetiche a loro disposizione, il mondo è devastato a causa dello spostamento dell’asse terrestre. Conan e Lana, i protagonisti, sono due dei sopravvissuti di un fallito tentativo di lasciare il pianeta a bordo di una nave spaziale nella speranza di trovare una nuova casa. Un fallimento che sembra voler essere un monito di Miyazaki al fatto che il pianeta che abitiamo è questo e non è detto che quando non sarà più ospitale per la nostra specie avremo già sviluppato la tecnologia necessaria per metterci in salvo e, quindi, ci converrebbe trattarlo meglio fin da ora.
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