AMBIENTE

Antartide, il vento è cambiato: così il ghiaccio si scioglie più velocemente

Il distacco del gigantesco iceberg A68 dalla piattaforma di Larsen C è solo l’ultima dimostrazione di quanto velocemente si sta sciogliendo il ghiaccio in Antartide e uno studio spiega ora il motivo dell’acceleramento della fusione: il rafforzamento dei forti venti caldi da est

AMBIENTE – L’Antartide si sta sciogliendo sempre più rapidamente e ora gli scienziati hanno individuato quello che potrebbe essere il meccanismo chiave di questa accelerazione. Il distacco del gigantesco iceberg, grande quanto il Lazio, dalla piattaforma di ghiaccio Larsen C lo scorso 12 luglio rappresenta un nuovo campanello d’allarme sulla salute dei ghiacci antartici e per i ricercatori dell’Arc Centre di Excellence for Climate System Science in Australia la colpa sarebbe del rafforzamento dei venti caldi che spirano dalla costa est antartica.

Larsen C. Crediti immagine: Esa/Copernicus Sentinel data

Gli scienziati, guidati da Paul Spence, nello studio pubblicato su Nature Climate Change spiegano che il rafforzamento dei venti sulla costa est dell’Antartide causa delle onde oceaniche, conosciute come onde di Kelvin, in grado di generare dei disturbi del livello del mare. Tali disturbi si propagano in tutto il continente ad almeno 700 chilometri orari, portando correnti marine calde a lambire la piattaforma continentale a 6mila chilometri di distanza e aumentando il tasso di scioglimento dei ghiacci nella regione antartica occidentale.

Venti in Antartide. Crediti immagine: Ryan Holmes/NCI

Le onde di Kelvin quindi generano la potente spinta che incontra la ripida topografia subacquea della penisola antartica e spingono la corrente circumpolare calda vicino alla regione dove gli scienziati hanno osservato l’assottigliamento dei ghiacci, spiega Spence:

“Proprio questa combinazione di acqua calda disponibile in mare aperto e il suo trasporto sulla piattaforma è responsabile del rapido scioglimento dei ghiacci nel settore occidentale dell’Antartide negli ultimi decenni. Abbiamo sempre saputo che l’acqua calda stesse trovando la sua strada in questa area, ma il meccanismo secondo cui avveniva ci era sconosciuto. Questi venti remoti nell’altro lato dell’Antartide possono causare un sostanziale riscaldamento sotto la superficie e questo è un aspetto preoccupante della circolazione al margine della penisola”.

A preoccupare gli scienziati è soprattutto la causa di questi cambiamenti dei venti costali antartici, che sarebbe legata al cambiamento climatico. Con il riscaldamento globale i forti venti occidentali, responsabili delle tempeste sull’Oceano Meridionale, vengono spinti verso il polo e questo influenza le correnti d’aria che interessano il continente antartico. I modelli matematici elaborati dai ricercatori mostrano che l’impatto dei venti può causare un riscaldamento fino a 1 grado Celsius delle acque profonde che scorrono sotto le piattaforme di ghiaccio fluttuanti. Si tratta dunque di un aumento di temperatura che ha implicazioni importanti anche per le calotte di ghiaccio e che provoca un incremento sostanziale del tasso di fusione intorno alla penisola antartica.

Il problema principale sottolineato dai ricercatori è che non esistono al momento stime precise sui futuri cambiamenti climatici, ma i loro risultati evidenziano come l’Antartide possa contribuire entro il 2100 a un innalzamento del livello del mare di almeno un metro e di altri 15 metri entro il 2500. Una condizione che sarebbe disastrosa per le regioni costiere e costringerebbe centinaia di milioni di persone che le abitano a spostarsi.

L’effetto di questa accelerazione dettata dai forti venti è il distacco dell’iceberg A68 dalla piattaforma occidentale Larsen C. Si tratta di un ammasso di ghiaccio che pesa circa 1000 miliardi di tonnellate, spesso 200 metri e che si estende per 5800 chilometri quadrati, un’area che è pari alla regione Lazio. Tra il 24 e il 27 giugno gli scienziati avevano osservato un’accelerazione della frattura che il 12 luglio ha portato al distacco dell’enorme blocco di ghiaccio, che rappresenta il 10% dell’intera piattaforma. Per Spence e colleghi dunque è necessario trovare al più presto un modo per contenere il riscaldamento globale e rallentare l’aumento delle temperature, in modo da riportare i forti venti che spazzano l’Antartide orientale nella loro posizione iniziale:

“Questo infatti limiterebbe il riscaldamento dell’oceano e darebbe alle calotte di ghiaccio che rischiano di finire in mare la possibilità di stabilizzarsi. E’ vitale raggiungere questo obiettivo o vedremo sempre più piattaforme di ghiaccio liberate in mare, come accaduto recentemente con Larsen C”.

Come si distaccano i ghiacci. Crediti immagine: Esa/Copernicus Sentinel data (2016–17)/Swansea University

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.