SCOPERTE

Sinapsi chiacchierone

Scoperto il meccanismo di comunicazione e “condivisione degli sforzi” tra sinapsi vicine: solo con una più profonda comprensione dei meccanismi del nostro cervello possiamo sperare di arrivare a una cura per malattie come epilessia e autismo.

SCOPERTE – Le sinapsi non si limitano a comunicare tra loro in modo lineare, “in serie”, ma lo fanno anche in parallelo. È questa la scoperta pubblicata oggi sulla rivista Neuron dal gruppo Synaptic Plasticity of Inhibitory Networks dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Come fa un messaggio a passare da una cellula nervosa all’altra? Uno stimolo elettrico provoca l’apertura delle vescicole poste sulla terminazione presinaptica del primo neurone, con conseguente rilascio di agenti chimici detti neurotrasmettitori. Questi vengono poi captati da recettori specifici sulla membrana postsinaptica del secondo neurone, generando una corrente elettrica.

Si pensava che la comunicazione avvenisse solo dalla parte “pre” a quella “post” della sinapsi, linearmente, ma non è così. I recettori, infatti, non sono fissi come si credeva, ma possono spostarsi passivamente, ovvero senza bisogno di alcuna forza che li spinga. Il loro è un moto casuale, disordinato, dovuto all’agitazione termica – i 37 °C sono indubbiamente d’aiuto. Si comportano come una goccia d’inchiostro nell’acqua, diffondendo in tutte le direzioni, comunicando ai neuroni vicini quanto quella sinapsi ha funzionato.

Il tipo di recettori studiati, quelli attivati dal neurotrasmettitore inibitorio GABA, ha una particolarità: dopo che è avvenuta una comunicazione tra la parte pre e quella post della sinapsi, i recettori rimangono in uno stato desensitizzato, inattivo, per alcuni secondi, arrivando anche a 10. Sembra un tempo breve, ma se si pensa che il recettore rimane attivo per pochi millesimi di secondo, la pausa che osserva dopo aver captato i neurotrasmettitori è decisamente molto lunga. È proprio questo lasso di tempo a permettere la condivisione di informazioni in parallelo tra sinapsi che distano pochi micron tra loro.

Andrea Barberis, responsabile del gruppo che ha effettuato la scoperta, spiega che le sinapsi non si limitano a informare le vicine sul proprio stato: è come se queste ultime condividessero anche lo “sforzo”. Di fatto si verifica uno scambio tra recettori desensitizzati e attivi tra sinapsi adiacenti: se le vicine di quella che sta inviando l’informazione si ritrovano parzialmente depotenziate (perché alcuni dei recettori ricevuti sono inattivi), al tempo stesso quelle che si sono appena attivate riescono a non “spegnersi” completamente.

Nel video: I recettori sono il complesso di cinque fusi azzurri e blu, legati a proteine di ancoraggio (gli esagoni verdi), la doppia linea di pallini bianchi con le stanghette rappresenta la membrana postsinaptica, i cerchi lilla sono le vescicole pronte a liberare i neurotrasmettitori GABA. Nel momento in cui i neurotrasmettitori vengono captati dai recettori, questi ultimi vengono rappresentati di colore rosso, poiché, dopo essersi aperti e aver permesso il flusso di impulsi elettrici, passano rapidamente a uno stato non conduttivo. È ora che avviene il cross-talking, fenomeno di plasticità a breve termine: i recettori inattivi, spostandosi, comunicano alle sinapsi adiacenti lo stato di quella da cui provengono.

Merita attenzione il modo di spostarsi dei recettori. L’aspetto curioso è che, mentre in un circuito elettronico gli elettroni che diffondono passivamente costituiscono rumore di fondo – un non-segnale che impedisce di recepire il segnale vero in modo pulito -, nel cervello i recettori si muovono proprio in questa maniera casuale e sono loro a portare l’informazione relativa allo stato della sinapsi appena utilizzata. Può essere visto come un modo di trasmettere l’informazione a basso costo, che, ragionando in maniera futuristica, potrebbe suggerire a chi si occupa di Intelligenza Artificiale una possibile soluzione per costruire macchine più veloci e che consumino meno. “Il sistema nervoso dei viventi – sottolinea Tiziana Ravasenga, prima co-autrice della pubblicazione – riesce a svolgere la propria attività di base con un basso dispendio energetico, contrariamente all’elevato consumo di energia richiesto dalle macchine che elaborano algoritmi di Intelligenza Artificiale”. Se un robot può contare su circa un miliardo di transistor, l’uomo vanta centomila miliardi di sinapsi, che consumano circa un quinto della potenza elettrica e sviluppano il doppio delle operazioni al secondo. Un modello di efficienza da imitare, insomma.

Questa ricerca rappresenta un’ulteriore tessera nel mosaico della comprensione su come funziona il nostro cervello. Per Andrea Barberis è essenziale precisare che, fin qui, si tratta di ricerca di base: non ci sono applicazioni in vista nell’immediato futuro, ma forse la conoscenza del funzionamento della macchina, in tutti i suoi complessi ingranaggi, potrebbe rivelarsi la chiave vincente per dare risposta a diverse patologie. Autismo, epilessia e X-fragile, malattie neuropsichiatriche legate a disfunzioni proprio del sistema GABAergico e a una sostanziale mancanza di plasticità delle sinapsi, potranno auspicabilmente beneficiare, un giorno, di una maggior comprensione sul funzionamento di questa tipologia di recettori. “Malgrado molti anni di studi nelle neuroscienze – conclude Andrea Barberis -, ancora non conosciamo gran parte dei meccanismi di base: quasi tutte le scoperte sono state fatte sotto la spinta della curiosità. Non possiamo fare ricerca di base con la pressione dell’applicazione, c’è già chi lo fa.” Ma, forse, la ricerca applicata non basta.

@giuliavnegri89

Leggi anche: Un chip analogico copia le sinapsi

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Giulia Negri
Comunicatrice della scienza, grande appassionata di animali e mangiatrice di libri. Nata sotto il segno dell'atomo, dopo gli studi in fisica ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste. Ama le videointerviste e cura il blog di recensioni di libri e divulgazione scientifica “La rana che russa” dal 2014. Ha lavorato al CERN, in editoria scolastica e nell'organizzazione di eventi scientifici; gioca con la creatività per raccontare la scienza e renderla un piatto per tutti.