Oh baby baby it’s a small world
L'evoluzione di una rete è influenzata dal modo in cui si diffondono le infomazioni al suo interno. In questo modo nascono le strutture di tipo small world, che permettono un flusso di informazioni molto efficiente.
SCOPERTE – Il concetto dei “sei gradi di separazione” è uno dei più affascinanti – anche perché apparentemente inverosimile – dello studio della sociologia moderna. Secondo questo principio, teorizzato negli anni Sessanta del secolo scorso dal sociologo Stanley Milgram, ciascuno di noi potrebbe entrare in contatto con qualsiasi altra persona sulla faccia della Terra attraverso al massimo sei parenti, amici o conoscenti. Pensiamo alla società come a una rete: in essa le persone costituiscono i nodi, uniti da delle connessioni, che sono le relazioni interpersonali. La teoria di Milgram si basa su un effetto, denominato small world: a causa di questo effetto, la distanza tra due nodi qualsiasi tra i milioni esistenti sarà sempre molto piccola, e fondamentalmente indipendente dalla grandezza della rete stessa.
Uno studio, nato dallo sforzo congiunto dell’Università di Leicester e di quella di Leuven, ha esaminato come l’effetto small world sia osservabile in quasi ogni tipo di reti, da quelle neurali a quelle su cui è strutturato il web, passando per quelle che governano fauna e flora negli habitat naturali: nonostante siano tutti sistemi complessi e profondamente diversi tra loro, secondo i ricercatori inglesi e belgi essi condividono un’organizzazione basata su una tipologia di tipo small world. Sulla rivista Scientific Reports i ricercatori hanno dimostrato che queste strutture sono le più comuni perché assicurano un alto livello di diffusione delle informazioni all’interno della rete, e che la loro creazione dipende dallo flusso di informazioni stesso.
Spiega Nicholas Jarman, Dottore di Ricerca in Matematica e primo autore dello studio: “Gli algoritmi che portano a reti small world sono studiati da molti anni. Uno degli esempi più significativi è l’algoritmo di Watts-Strogatz, ma non è mai stato pensato (e quindi mai impiegato) per spiegare come le strutture small world emergano nell’auto-organizzazione delle reti”. L’algoritmo di Watts-Strogatz spiega come le reti sociali si sviluppino grazie a un alto livello di aggregazione, o clustering: cioè che ogni nodo abbia relazioni con relativamente pochi altri, elemento solo apparentemente in contraddizione con il basso grado di separazione.
“La diffusione delle informazioni all’interno di una rete guida la sua evoluzione, attraverso la progressiva comparsa di strutture complesse”, prosegue Cees van Leeuwen, capo ricercatore dell’Università di Leuven. “Questa comparsa avviene attraverso una sorta di ri-cablaggio delle connessioni, nel quale vengono rinforzate quelle più in uso e al contempo degradate quelle meno utilizzate. Le strutture small world che si creano fanno da bilanciamento tra la modularità del sistema e la sua centralità”. Non stupitevi se questa descrizione di un sistema complesso vi fa pensare al cervello umano: è esattamente il tipo di organizzazione (“spacchettata” per funzioni cognitive distinte, ma organizzate in attivazioni/deattivazioni sincrone, “centralizzate”) a cui sottostanno i miliardi di neuroni della nostra corteccia cerebrale.
Leggi anche: La genetica dei social network
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.