Gli hackers degli organismi viventi
Ovvero, come sfruttare le proprietà e le caratteristiche delle cellule biologiche per programmare la formazione di strutture complesse nello spazio 3D.
SCOPERTE – Una recente sperimentazione, condotta da un team di bioingegneri dell’Università della California – San Francisco (UCSF), ha mostrato come sia possibile realizzare forme geometriche tridimensionali complesse sfruttando il comportamento di cellule viventi interconnesse in modo opportuno.
Di bioingegneria e delle sue applicazioni abbiamo già parlato su OggiScienza: abbiamo per esempio discusso della progettazione di sequenze sintetiche di DNA capaci di svilupparsi in modo autonomo o della realizzazione di retine artificiali di nuova generazione mediante materiali biologici sintetizzati in laboratorio. E proprio la cooperazione tra cellule e tessuti di organismi viventi e tecniche proprie dell’ingegneria dei materiali o delle strutture sembra essere la chiave per ottenere nuovi, sorprendenti sviluppi in questo ambito.
Tale approccio si basa su un’idea suggestiva: le cellule viventi possono incorporare una notevole complessità, che se da una parte può essere mimata da strutture sintetiche che si ispirino alle loro caratteristiche, dall’altra può consentire di integrare le cellule stesse in materiali sintetici per ottenere ‘oggetti’ completamente nuovi.
Andiamo però con ordine. Il titolo dell’articolo, pubblicato dal team di San Francisco sulla rivista Developmental Cell, è “Engineered Tissue Folding by Mechanical Compaction of the Mesenchyme” che può essere reso in italiano con “Realizzazione di tessuti ingegnerizzati ottenuto tramite piegatura per compattazione meccanica del mesenchima”.
Che cosa è, per iniziare, il mesenchima? Si tratta del tessuto connettivo nella sua forma embrionale: quel tessuto cioè che ha la funzione di provvedere al collegamento, al sostegno e nutrimento di altri tessuti.
Dal mesenchima si originano i diversi tipi di tessuto dell’organismo, ad esempio quello osseo, il sangue, il muscolare liscio e così via; esso è, di fatto, costituito di cellule disposte di strutture reticolari.
Di qui l’idea dei ricercatori: disporre cellule estratte dal mesenchima su sottili strati costituiti da matrici di fibre di collagene, ed osservare le forme generate a causa dell’interazione delle cellule biologiche disposte nei nodi del reticolo così creato.
In pratica, il team di UCSF non ha fatto altro che impiantare in una matrice sintetica le cellule biologiche dalle cui caratteristiche dipendono, nel corso dello sviluppo di un organismo complesso, le forme geometriche che assumono le varie parti dell’organismo stesso.
Per fare un esempio, osservando il corpo umano è possibile notare volumi nello spazio tridimensionale con diverse curvature e forme (sferica, cilindrica etc.) la cui formazione dipende, appunto, dalla interazione delle cellule del mesenchima. A seconda di come tali cellule sono disposte negli stadi iniziali è possibile determinare quali saranno le forme che le superfici e i volumi dell’organismo assumeranno nel corso del suo sviluppo.
Questa correlazione tra lo stato di compressione meccanica delle cellule e la forma finale assunta ha suggerito agli scienziati che fosse possibile, in qualche modo, effettuare una sorta di reverse engineering su un simulacro di organismo vivente, prelevando le cellule del mesenchima, disponendole in reticoli opportuni ed osservando la geometria ottenuta a regime.
In altri termini, i bioingegneri hanno vestito i panni di hackers dei meccanismi biologici, e di fatto ‘programmato’ le loro strutture, mediante una opportuna compattazione meccanica iniziale, affinchè assumessero delle forme complesse prestabilite in modo analogo a quanto accade negli organismi viventi.
Una delle acquisizioni più sorprendenti di questa sperimentazione è che la formazione delle suddette geometrie complesse sembra essere dovuta a un sofisticato meccanismo di interazione dei tessuti, che hanno la capacità di assemblarsi autonomamente evolvendo verso la forma finale.
Le implicazioni e le possibili ricadute di queste attività di ricerca sono notevoli: in primo luogo, sfruttando la comprensione di questi meccanismi, sarà possibile simulare in vitro gli stadi successivi dello sviluppo di un organismo vivente, semplicemente prelevando delle cellule di mesenchima e riproducendo lo stato iniziale di compattazione meccanica delle stesse usando le matrici di collagene o di altro materiale sintetico.
Più ambiziosamente, inoltre, in futuro potrebbe essere possibile creare delle strutture integrate di cellule biologiche e sintetiche per ottenere materiali ‘viventi’ che si sviluppino organizzandosi in forme predicibili o, addirittura, programmabili, sfruttando la disposizione e lo stato di compattazione meccanica iniziale delle stesse strutture.
Il raggiungimento di questo secondo target avrebbe una valenza enorme in termini di una delle principali finalità della cosiddetta ‘ingegneria dei tessuti’: assemblare artefatti a partire da cellule viventi e sintetiche che consentano di preservare o riparare tessuti danneggiati o addirittura interi organi compromessi.
Le scoperte sopra descritte potrebbero essere impiegate anche nell’ambito della cosiddetta medicina rigenerativa: per progettare e realizzare, cioè, organi o tessuti sostitutivi in grado di auto-ripararsi, sfruttando un opportuno algoritmo sintetizzato in laboratorio e impresso nei tessuti artificiali mediante una programmazione degli elementi di base utilizzati per la loro realizzazione.
Tutto questo potrebbe essere ottenuto sfruttando, come descritto, dei meccanismi intrinseci di sviluppo delle cellule viventi.
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