Trapianti: nel 2017 numeri migliori degli ultimi 10 anni
In un solo anno la lista d'attesa per il rene è calata del 5%. "Siamo ai primi posti in Europa" afferma Alessandro Nanni Costa, Direttore Generale del Centro Nazionale Trapianti
APPROFONDIMENTO – In questi giorni è stato pubblicato il Rapporto 2017 del Centro Nazionale Trapianti, che porta con sé delle ottime notizie: una crescita mai vista negli ultimi dieci anni sia per le donazioni che per gli interventi, con la conseguente riduzione dei tempi di attesa. Al 31 dicembre 2017 si contano nel complesso 8743 pazienti in lista d’attesa, contro i 9026 della fine del 2016. Diminuiscono per il secondo anno consecutivo i pazienti in attesa di un rene (6492 contro i 6842 del 2016, mentre sono sostanzialmente stabili i pazienti iscritti nelle altre liste (fegato, cuore, polmone) rispetto al 2016. Nell’anno appena trascorso è diminuita addirittura del 5% la lista d’attesa per un trapianto di rene.
Una delle ragioni è senza dubbio l’aumento di adesioni di persone che hanno deciso di diventare donatori, grazie al percorso di attivazione nei Comuni italiani del servizio di registrazione della dichiarazione di volontà sulla donazione di organi e tessuti durante il rilascio e il rinnovo della carta d’identità. A oggi sono 2217 i comuni che hanno aderito a questa possibilità e 8 persone su 10 sono state favorevoli alla donazione.
Nel 2017 il numero di interventi ha toccato quota 3921 rispetto ai 3698 del 2016, ovvero un +6%. Ad aumentare sono stati in particolare i trapianti complessivi di rene (2221 nel 2017 contro i 2076 nel 2016) e di fegato (1304 rispetto ai 1220 del 2016). Sostanzialmente stabili invece i trapianti di cuore (265 nel 2017- 266 nel 2016) e di polmone (144 nel 2017- 147 nel 2016).
Fra le altre cose l’aumento delle donazioni e quindi dei trapianti è stato influenzato positivamente anche dalla crescita importante delle cosiddette “donazioni a cuore fermo”, passate da 1-2 l’anno del 2014 alle 55 nel 2017. I trapianti grazie a queste donazioni sono stati 63 nel 2017 rispetto ai 34 del 2016 (sono di più rispetto ai donatori perché ogni donatore può donare più di un organo). In Italia, la donazione a cuore fermo può avvenire solo dopo che un medico ha certificato la morte mediante l’esecuzione di un elettrocardiogramma protratto per un tempo di almeno 20 minuti (nella maggior parte dei Paesi europei questo tempo è di cinque minuti) .
Questo è considerato il tempo di anossia, trascorso il quale si considera vi è certamente una irreversibile perdita delle funzioni dell’encefalo e quindi la morte dell’individuo. “Da qualche anno le nuove tecnologie come gli apparecchi ECMO che permettono comunque di far circolare il sangue ossigenato nei tessuti da prelevare e i perfusori che mantengono irrorati gli organi hanno reso sempre più possibile questo tipo di donazione” spiega a Oggiscienza Alessandro Nanni Costa, Direttore Generale del Centro Nazionale Trapianti.
In Italia siamo inoltre all’avanguardia nella donazione e nel trapianto di cellule staminali emopoietiche, che si prelevano grazie alla donazione di midollo osseo: nel 2017 i trapianti da donatore non familiare hanno superato quota 800 (838 contro i 778 nel 2016 e 728 nel 2015). Al 31 dicembre i potenziali donatori iscritti al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo- IBMDR 392.873, con circa 25.000 nuove iscrizioni solo nel 2017.
“Se facciamo un confronto con gli altri paesi europei ci rendiamo conto che l’Italia è un paese all’avanguardia – continua Nanni Costa – dal momento che il Centro-Nord con 35 donazioni per milione di abitanti è secondo solo alla Spagna e anche il Centro-Sud è comunque al di sopra della media europea. Riguardo al rene nello specifico, per cui stiamo ottenendo i migliori risultati, va detto che una delle possibili ragioni per cui abbiamo meno pazienti in lista d’attesa rispetto ad altri paesi europei è un miglior controllo dei casi che davvero necessitano di trapianto.
Sempre nel 2017 si è registrato un ulteriore risultato positivo per i pazienti di difficile trapiantabilità (gli iperimmunizzati) che erano in attesa di ricevere un trapianto di rene: un totale di 64 interventi contro i 31 nel 2016 , i 32 del 2015 e i 30 del 2014. “Il caso del rene – prosegue Nanni Costa – è un esempio di quello che miriamo a fare con il Piano Nazionale Donazioni, che prevede che in ogni ospedale venga messo in piedi un programma che non coinvolga solo la rianimazione, ma anche internisti, cardiologi e via dicendo, in vista addirittura dell’abolizione del concetto di centro trapianti in favore di un comitato programma multidisciplinare che gestisca a livello ospedaliero o regionale i trapianti”.
segui Cristina Da Rold su Twitter
Leggi anche: Midollo osseo: come migliorare l’esito dei trapianti
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.