La diffusione delle notizie false su Twitter
Su Twitter le notizie false si diffondono più velocemente rispetto a quelle vere e raggiungono contatti più lontani
COSTUME E SOCIETÀ – Lo afferma una ricerca pubblicata su Science, condotta dai ricercatori dell’MIT. Il punto di partenza per lo studio realizzato da Soroush Vosoughi, Deb Roy e Sinan Aral è stato l’attentato avvenuto durante la maratona di Boston nel 2013. In quella occasione – spiegano Soroush Vosoughi e Deb Roy in un video – i ricercatori si sono rivolti a Twitter per rimanere aggiornati sull’evento e si sono resi conto di quante delle informazioni condivise fossero false.
Da qui, hanno deciso di analizzare la diffusione di notizie sul social network tra il 2006 e il 2017: i dati hanno riguardato più di 126.000 storie, twittate da 3 milioni di persone più di 4,5 milioni di volte. La veridicità delle informazioni è stata ottenuta confrontando il parere assegnato da sei organizzazioni indipendenti che si occupano di fact-checking (snopes.com, politifact.com, factcheck.org, truthorfiction.com, hoax-slayer.com, urbanlegends.about.com). Il parere è risultato concorde nel 95-98% dei casi. Le organizzazioni hanno osservato la probabilità con la quale un tweet fosse in grado di generare una “cascata” di retweet: nel complesso le notizie false avevano il 70% di probabilità in più di essere ritwittate. Le informazioni false si sono diffuse più velocemente e in modo più ampio attraverso tutte le categorie dell’informazione: le più condivise hanno raggiunto un numero di utenti compreso tra i 1.000 e i 10.000, mentre le notizie vere solo raramente sono state diffuse tra più di 1.000 persone. Le news di politica si sono rivelate quelle più diffuse, con un tasso di viralità pari a tre volte quello delle notizie false di altre categorie (che sono state, nell’ordine, “leggende urbane”, affari, guerra e terrorismo, scienza e tecnologia, intrattenimento, disastri naturali).
Secondo i ricercatori, a favorire la diffusione sarebbe il fattore novità: tanto più una notizia veniva considerata “fresca”, tanto più velocemente veniva ritwittata. Sui social network – spiega Sinan Aral – una persona riceve attenzione quando è la prima a rendere pubblica un’informazione che in quel momento gli altri non conoscono. Quindi, aggiunge il ricercatore, “le persone che condividono per prime sono viste come persone informate”. Per testare questa ipotesi, lo studio ha valutato anche il contenuto emotivo dei tweet: le storie false hanno ispirato più frequentemente paura, disgusto e sorpresa (a supporto dell’idea che l’elemento novità abbia un peso importante), mentre le storie reali erano più spesso fonte di aspettativa, tristezza, gioia e fiducia.
Gli autori hanno, inoltre, usato degli algoritmi in grado di riconoscere e rimuovere i bot dalle analisi. Al termine di questa fase, però, i risultati sono rimasti invariati, confermando come il ruolo principale nella diffusione di notizie false spetti in realtà all’uomo. Le politiche che mirano a limitare il problema – suggeriscono gli autori – dovrebbero tenere conto di questo aspetto, invece di focalizzarsi solamente sugli aspetti tecnologici e sull’identificazione e l’eliminazione dei bot.
Nell’articolo i ricercatori hanno scelto esplicitamente di parlare di notizie vere e false, evitando il termine “fake news”. Secondo gli autori, infatti, questa espressione è stata strumentalizzata dalla politica, che la utilizza per definire tutte quelle informazioni che non supportano la posizione del proprio schieramento.
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