Dalla parte degli animali
La nuova edizione italiana di Minding Animals è una sorpresa: il testo inglese risale al 2002, ma la trattazione del biologo Marc Bekoff ci spinge a riflessioni più che mai attuali
Ai lettori che nella fatidica pila sul comodino hanno sempre un libro sugli animali, il nome di Marc Bekoff non giungerà nuovo. Bekoff è professore emerito di Ecologia e Biologia dell’evoluzione all’Università del Colorado Boulder e da oltre 40 anni conduce ricerche sul comportamento animale. Insieme a Jane Goodall ha fondato l’organizzazione Ethologists for the Ethical Treatment of Animals.
Per via del suo approccio allo studio dell’etologia Bekoff è stato spesso definito stravagante. Non c’è miglior modo di spiegarlo del titolo italiano di uno dei suoi libri più conosciuti: Dalla parte degli animali. Etologia della mente e del cuore (Ricca Editore, 2017, 344 pagine, 18,50€) edizione italiana di Minding Animals. Awareness, Emotions, and Heart pubblicato nel 2002 dalla Oxford University Press.
Il ‘cuore’ nel titolo italiano e le ‘emotions’ in quello inglese riassumono bene cosa rende differente l’approccio di Bekoff. Se non proprio stravagante possiamo certo definirlo un po’ biased in direzione dell’animalismo, ma senza alcun fanatismo. Come anticipa Jane Goodall nella prefazione, Bekoff ama gli animali e non ha paura di dirlo apertamente fin da subito. Ci costringe a riflettere su alcuni temi scomodi e ad analizzare l’approccio a “mali necessari” come la sperimentazione animale.
Ciò che scrive è sempre dalla parte dagli animali, e lo stesso approccio secondo lui dovrebbe averlo qualunque scienziato li studi. Che si tratti di un etologo che conduce le sue osservazioni sul campo, o della più delicata situazione di un ricercatore che conduce esperimenti più invasivi in laboratorio, questo non cambia. Tant’è che nelle idee che considera di maggior interesse, quando si parla della “responsabilità” degli scienziati nei confronti degli animali, è che questa sia paragonabile alla responsabilità di un medico nei confronti dei suoi pazienti.
Lo scienziato, propone Bekoff, dovrebbe essere un difensore morale dei suoi soggetti – spesso purtroppo ridotti a oggetti – di studio. Dovrebbe vedere il loro benessere come una questione prioritaria, anche prima “dell’obiettivo di ottenere risultati che passino il vaglio della comunità scientifica internazionale”. Chi ha sempre adottato questo approccio, come la stessa Goodall e Dian Fossey, all’interno della comunità scientifica ha “ricevuto molte critiche”, scrive l’autore.
Dal 2002 al 2018, vecchie e nuove riflessioni
Il libro è datato per pubblicazione (l’originale ha ormai quasi 15 anni) ma in grossa parte non per contenuti e tantomeno per le riflessioni sull’etica del nostro rapporto con gli animali.
In Dalla parte degli animali Bekoff le mette nero su bianco con estrema onestà e solo di rado sfociando in quell’emotività che ha fatto sollevare il sopracciglio a tanti suoi colleghi. E molto di quello scetticismo, anche se ci si tiene lontani dagli argomenti più controversi come la coscienza nelle altre specie, in realtà sopravvive ancora oggi. È impossibile poi non notare la posizione critica di Bekoff nei confronti della scienza come dogma – la stessa che ci perseguita nei titoli dei media sotto forma di verità assoluta, nell’infelice formula “lo dice la scienza”-. Una scienza che, per via della necessità di essere oggettiva, risente secondo lui di un “pesante indottrinamento” e di “arroganza” insiti.
Oltre a raccontarci in modo ricco e dettagliato molti aspetti della vita animale che anche molti altri autori hanno trattato diffusamente – altruismo, onestà e inganno, preferenze sessuali, test dello specchio, apprendimento, gioco, dolore, organizzazione sociale… – il merito e la caratteristica distintiva di Bekoff è riuscire a far riflettere il suo lettore, a prescindere da chi questo sia, e con la pacata consapevolezza di una vita di studi sul campo.
Se un appassionato, divulgativo ma più cauto – e rigoroso nelle interpretazioni – Frans de Waal ci fa sentire quasi sempre al sicuro nella trattazione, aprendoci comunque a mondi inaspettati e affascinanti, Bekoff è differente. Con il suo trasporto ci fa ragionare sui mille modi nei quali interferiamo con la vita degli animali. In questi rapporti ci sentiamo autorizzati a entrare a gamba tesa e distanziamo le altre specie per, non sempre consapevolmente, sentire meno il peso del trattamento che riserviamo loro. Allontaniamo gli animali usando pronomi neutri come parlassimo di oggetti, o usando anche inopportunamente le parole più variegate (eutanasia, prelievo, sacrificio) per tenere a distanza l’idea della morte e dell’uccisione.
L’emozione e il rapporto con gli animali
Ciò che ha da sempre affascinato Bekoff è la vita emotiva degli animali. Dalla lettura è evidente come pensa che sia: ricca, fatta di gioie e dolori, tristezza e rabbia, di un’intensità che non necessariamente ha molto da invidiare alla nostra.
Tutti aspetti che prima con aneddoti e poi sperimentalmente, da osservazioni condotte in modo sempre più rigoroso, abbiamo negli anni imparato a conoscere. E che oggi ci spalancano a una nuova consapevolezza quando guardiamo le immagini degli elefanti che si struggono in lutto di fronte al corpo inerte di un compagno ucciso dai bracconieri, o quando ascoltando i richiami di un animale, primate o uccello che sia, ci riesce quasi spontaneo distinguere tra quelli gioiosi e quelli preoccupati, spaventati.
Con lucidità e in modo documentato (fatta eccezione per una menzione positiva al China Study nel promuovere l’alimentazione vegetariana) Bekoff tratta praticamente ogni frangente nel quale la nostra vita incrocia le altre specie. Da circhi, zoo e acquari fino alla sperimentazione animale. Che, dato l’anno di pubblicazione del saggio in inglese, non ci stupisce trovare nei termini di vivisezione.
Nella trattazione Bekoff riporta il punto di vista di numerosi esperti, spingendoci a riflettere anche qui. Riguardo alla sperimentazione offre il commento della sociologa Mary Phillips, secondo la quale molti ricercatori creano mentalmente e senza rendersene conto una distinta categoria animale che è quello “da laboratorio”. Ben diverso, anche se spesso appartiene alla stessa specie, dal pet con il quale condividono la vita e che li aspetta a casa la sera quando tornano dal lavoro.
Se tra i molti spunti dovessimo scegliere una lezione da portare a casa da questo libro, o meglio un elemento sul quale sembra assurdo dover ancora riflettere molti anni dopo che è stato scritto, è che gli animali non sono oggetti. Sono invece soggetti e questo dovrebbe guidarci in ogni momento della vita a prescindere dal ruolo che abbiamo. Ma non finisce affatto qui. A pagina 227 trovate 25 domande che spaziano dall’etica al benessere degli animali fino al loro “valore” e ai loro diritti, e che vi terranno impegnati a lungo. Perché dare una risposta precisa ad anche una sola di quelle domande è davvero, davvero complicato.
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