SPAZIO

Una “ventata” di ossigeno per svelare l’alba cosmica e la galassia a distanza record

Nuovo record per la galassia più antica e distante mai osservata: si trova a 13.28 miliardi di anni luce dalla Terra

SCOPERTE – Immaginate di poter spingere lo sguardo fino all’oggetto più distante nell’universo, cosa pensate di trovare? Gli astronomi sanno già la risposta: antichissime e deboli tracce di ossigeno. Subito dopo il Big Bang infatti l’ossigeno non era presente dell’universo e tutto era buio, ma con la nascita delle prime stelle in quella che è definita “alba cosmica” non è arrivata solo la luce, ma anche la produzione di elementi via via più pesanti, come appunto ossigeno e carbonio, che venivano liberati nel cosmo dalla morte delle prime generazioni di astri.

Una scoperta eccezionale e che spinge indietro le frontiere osservabili dell’universo, oltre a riscriverne la sua storia ed evoluzione, resa possibile dal team internazionale di astronomi guidati da Takuya Hashimoto, ricercatore sia dell’Osaka Sangyo University che del National Astronomical Observatory of Japan, che ha collaborato con Nicolas Laporte, ricercatore dell’University College London, e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

le prime esplosioni dovute alle formazioni stellari hanno spinto via il gas Dalla galassia, che poi è riprecipitato dando un secondo impulso di formazione stellare. Crediti immagine: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), NASA/ESA Hubble Space Telescope, W. Zheng (JHU), M. Postman (STScI), the CLASH Team, Hashimoto et al

A rivelare una di queste antichissime tracce di ossigeno arrivata fino a noi dopo aver compiuto un viaggio lungo 13.28 miliardi di anni luce è stato l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), situato in Cile, che ha permesso così di osservare la galassia MACS1149-JD1 quando aveva appena 500 milioni di anni, una galassia giovanissima nata subito dopo il Big Bang. La scoperta non si è avvalsa solo del telescopio ALMA, ma anche del Very Large Telescope (VLT) dell’ESO e delle osservazioni nello spettro infrarosso dei telescopi spaziali Hubble e Spitzer.

Affinché il giovane cosmo fosse disseminato da elementi più pesanti forgiati dal cuore delle stelle è stato necessario che diverse generazioni di astri nascessero e morissero, diventando supernova. Proprio dalle esplosioni stellari infatti questi elementi sono stati liberati nello spazio interstellare, dove si sono surriscaldati e sono stati ionizzati dalla luce e dalle radiazioni massive emesse dalle stelle.

Gli atomi caldi e ionizzati, dunque, brillavano nella luce infrarossa, ma viaggiando fino a noi e per via dell’espansione dell’universo, anche la lunghezza d’onda di questa luce si è allungata fino a diventare millimetrica, cioè proprio dell’ordine di lunghezze d’onda per la cui osservazione ALMA è stato progettato e realizzato. I ricercatori hanno così misurato il cambio di lunghezza d’onda della luce e hanno scoperto l’incredibile distanza coperta dal segnale emesso dall’ossigeno. La stima della distanza è stata poi confermata dai dati raccolti da VLT, che ha analizzato le osservazioni di idrogeno neutro nella galassia. Due misure indipendenti, che hanno permesso di ottenere per la lontanissima MACS1149-JD1.

Le osservazioni sono state poi inserite in un modello informatico che ha permesso agli astronomi di determinare che se il segnale dell’ossigeno ha un’età pari a 500 milioni di anni dopo il Big Bang, la formazione stellare nella galassia doveva essere iniziata almeno 250 milioni di anni dopo la nascita del cosmo. Secondo il modello, le prime esplosioni dovute alle formazioni stellari hanno spinto via il gas dalla galassia, che poi è riprecipitato dando un secondo impulso di formazione stellare, con la produzione di astri che erano grandi tra le 50 e le 100 volte il nostro Sole ed erano molto più calde, emettendo dunque più radiazioni ultraviolette in grado di ionizzare l’ossigeno tra le stelle. Laporte ha spiegato:

“Questa galassia è stata osservata in un periodo in cui l’universo aveva appena 500 milioni di anni, ma si tratta di una popolazione stellare già matura, che implica che le stelle si fossero già formate in epoche precedenti. Grazie a questa scoperta, siamo stati in grado di utilizzare la galassia per dare uno sguardo ad un periodo precedente e completamente inesplorato della storia dell’universo, arrivando a osservare persino l’alba cosmica, cioè quando le prime galassie sono emerse dal buio”.

La maturità delle stelle osservate e dunque della galassia, come ha sottolineato Laporte, ha in effetti spostato indietro nel tempo la lancetta per la nascita delle prime galassie, fornendo una prima dimostrazione che esse esistevano in epoche precedenti a quelle delle galassie di cui abbiamo una osservazione diretta. Richard Ellis, astronomo dell’UCL e co-autore dello studio, ha commentato:

“Determinare quando l’alba cosmica è iniziata è il Santo Graal della cosmologia e della formazione galattica. Con queste nuove osservazioni di MACS1149-JD1 ci stiamo avvicinando a osservare direttamente la nascita della luce stellare e dato che ognuno di noi è fatto letteralmente di polvere di stelle, significa davvero aver trovato le nostre stesse origini”.

Il record raggiunto da ALMA però non è il primo nel suo genere. Già nel 2016 un team di astronomi guidati da Akio Inoue della Osaka Sangyo University aveva osservato tracce di ossigeno a 13,1 miliardi di anni luce dalla Terra, un record battuto appena l’anno successivo con l’osservazione di un altro segnale di antico ossigeno, stavolta da parte del team di Laporte a 13,2 miliardi di anni luce da noi.

L’unione e gli sforzi dei due team ha permesso ora di raggiungere un nuovo ed emozionante record, segnando un importante passo avanti in quello che è lo studio della prima fase della storia della formazione stellare nel cosmo. La tanto inseguita alba cosmica sembra essere sempre più vicina, proprio grazie al distante ossigeno antico, e le future osservazioni unite a quelle del James Webb Space Telescope, il cui lancio da parte della NASA è previsto nel 2020, potrebbero spingere la conoscenza umana sempre più lontano, fino all’orizzonte del nostro universo.

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Leggi anche: Cosa ci fa l’ossigeno più antico nella distante galassia?

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.