SCOPERTE

La Grande Piramide che concentra le onde radio

La Grande Piramide di Cheope è in grado di focalizzare l’energia elettromagnetica nelle camere del Re e al di sotto della sua base.

SCOPERTE – Non è solo la più grande piramide della necropoli di Giza. Insieme alle due sorelle minori, Chefren e Micerino, è tutto ciò che resta delle Sette Meraviglie del Mondo Antico. La Grande Piramide di Cheope, che svetta sopra tutte nella Piana di Giza, in Egitto, è uno dei monumenti più importanti al mondo, simbolo di una delle civiltà che hanno fatto la storia dell’uomo moderno. (*Aggiornamento in fondo all’articolo)

Crediti immagine: Fabio Perelli

Nonostante l’antichità, l’aura di energia che emana la Grande Piramide è a tutt’oggi molto intensa e apprezzata da tanti visitatori, che raramente restano indifferenti davanti a quel colosso ammantato di mistero, e in grado di suggestionare chiunque. Negli anni sono circolate diverse ipotesi e leggende sulle funzioni della struttura e sui suoi segreti, per spiegare il fenomeno della forte ‘energia’ che sprigiona la piramide.

La scienza non è rimasta indifferente e ha condotto una serie di ricerche, culminate con la scoperta appena pubblicata sul Journal of Applied Physics. Come si legge nell’articolo, firmato dai fisici della Itmo University a San Pietroburgo e del Laser Zentrum di Hannover, la Grande Piramide è in grado di accumulare energia elettromagnetica, sia nelle camere interne, sia al di sotto del suo basamento.

Le conclusioni sono state ottenute grazie a una modellizzazione teorica basata su calcoli matematici e principi fisici, che ha permesso di valutare il comportamento della struttura sottoposta a un tipo specifico di radiazione elettromagnetica, le onde radio. L’indagine compiuta va sotto il nome di analisi multipolare, che si basa sull’interazione tra un oggetto complesso e un campo elettromagnetico, e ha mostrato che una parte delle onde radio che interagiscono con la piramide vengono concentrate in zone specifiche del monumento: nelle camere interne e al di sotto del basamento.

Il fenomeno di concentrazione delle radiazioni elettromagnetiche è simile a quello prodotto oggigiorno dalle antenne paraboliche. Non sappiamo di preciso quale fosse lo scopo di questa funzione speciale della piramide per gli Egizi, ma la bella notizia è che anche noi potremo prendere spunto da questo inedito fenomeno per sviluppare tecnologie nuove.

La forma della Grande Piramide crea questo effetto di accumulo delle onde radio, che hanno una lunghezza d’onda tra 200 e 600 metri, quella giusta in rapporto alle dimensioni della piramide. Per ottenere un simile effetto con altri tipi di radiazione elettromagnetica, come quella luminosa, si potranno progettare nanoparticelle di forma piramidale in grado di concentrare la luce nel modo voluto, utili per il funzionamento di celle solari all’avanguardia.

“Scegliendo un materiale con proprietà elettromagnetiche adeguate possiamo ottenere nanoparticelle piramidali per l’applicazione pratica in nanosensori e celle solari efficaci”, annuncia Polina Kapitainova della ITMO University.

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(*) Aggiornamento dell’8 agosto 2018
I lettori ci segnalano che dall’articolo può sembrare che gli antichi egizi fossero a conoscenza dell’effetto di concentrazione delle onde radio e, anzi, lo avessero cercato intenzionalmente. Segue un approfondimento per chiarire lo studio, a cura di Veronica Nicosia.

Lo studio ha attirato l’attenzione dei media proprio per la presenza della piramide egizia, oggetto di miti e legende, ma anche di proprietà fisiche che ancora non sono note. Quello che sappiamo delle piramidi, delle loro strutture interne e della loro costruzione infatti è ancora poco e le informazioni ad oggi non sempre sono affidabili. E’ possibile però fare ipotesi ed elaborare teorie, proprio come quella dello studio in esame che è stato pubblicato sulla rivista Journal of Applied Physics. Uno studio, sottolineano gli stessi ricercatori, che è solo teorico e che richiederebbe sperimentazioni e analisi dati accurate delle antiche piramidi per poter essere confermato anche nelle applicazioni pratiche.

I ricercatori sono partiti principalmente da una domanda: come la Grande Piramide interagisce con le onde elettromagnetiche e quale siano i suoi stati di risonanza. Per poter elaborare un modello matematico, gli scienziati sono partiti da due assunzioni puramente teoriche, come sottolineato dall’autore dello studio Andrey Evlyukhin:

“Le piramidi egiziane hanno da sempre attirato una grande attenzione, anche quella degli scienziati, e così abbiamo deciso di dare uno sguardo alla Grande Piramide come se fosse una particella che dissipa onde radio risonanti. Data la mancanza di informazioni circa le proprietà fisiche delle piramidi, abbiamo dovuto fare alcune assunzioni puramente teoriche. Per esempio, abbiamo ipotizzato che non vi siano cavità interne sconosciute e che il materiale di costruzione fosse dell’ordinaria roccia calcarea distribuita uniformemente dentro e fuori la piramide. Sotto queste assunzioni, abbiamo ottenuto dei risultati interessanti che potrebbero avere importanti applicazioni pratiche”.

Il primo passo del team di ricercatori è stato quello di stimare l’intervallo di lunghezze d’onda in cui le risonanze vengono indotte nella piramide, identificato tra i 200 e i 600 metri, cioè onde radio. Poi hanno elaborato i modelli di risposta elettromagnetica della piramide e calcolato la sezione d’urto d’estinzione, un valore che serve a dare una stima quantificata di quanta energia viene dispersa e assorbita dalla struttura proprio sotto le condizioni di risonanza fissate nelle ipotesi. In questo modo è stato possibile ottenere la distribuzione dei campi elettromagnetici all’interno della piramide.

Il risultato è stato che la Grande Piramide sarebbe teoricamente in grado di concentrare l’energia elettromagnetica all’interno sia delle sue camere, sia della base, dove è stata localizzata un’altra cavità.  Per poter giustificare i propri risultati, però, gli scienziati hanno condotto anche una analisi in sviluppo di multipoli. Si tratta di un metodo ampiamente utilizzato in fisica per studiare le interazioni tra un oggetto complesso e un campo elettromagnetico.

In questo tipo di analisi, l’oggetto complesso che disperde il campo viene rimpiazzato da un gruppo di sorgenti di radiazione più semplici, detti multipoli. Nel caso dello studio in esame, sono stati utilizzati dipoli e quadripoli per sondare la distribuzione e la configurazione dei campi elettromagnetici nell’intero sistema, dato che l’insieme delle radiazioni dei multipoli coincide con il campo disperso dall’intero oggetto che si vuole esaminare.

Ma perché utilizzare proprio la Grande Piramide come punto di partenza? L’idea, spiegano i ricercatori, è arrivata mentre stavano studiando le interazioni tra la luce e le nanoparticelle dielettriche. La dispersione della luce da parte di nanoparticelle dipende da diversi fattori, quali la dimensione, la forma e l’indice rifrattivo del materiale sorgente. Al variare di questi parametri è possibile determinare l regime di scattering di risonanza e quindi utilizzarlo per sviluppare dei dispositivi in grado di controllare la luce su scala nanometrica, come ha sottolineato Polina Kapitainova, co-autrice dello studio e dottoranda della facoltà di fisica e tecnologia dell’ITMO University:

“Scegliendo un materiale con proprietà elettromagnetiche adatte, possiamo ottenere nanoparticelle piramidali con promettenti applicazioni pratiche per nanosensori e celle solari efficaci”.

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