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I due ‘hobbit’ di Flores e il nanismo insulare umano

Studiare l'Homo floresiensis partendo dalle popolazioni attuali è possibile?

RICERCA – L’isola di Flores, in Indonesia, è famosa per aver ospitato nel Quaternario una specie di ominide di dimensioni pigmee, Homo floresiensis, di cui si è discusso molto dai tempi della loro scoperta. Ma l’hobbit di Flores non è l’unico fenomeno di nanismo dell’isola. Anche una popolazione dei nostri giorni presenta dimensioni corporee insolitamente ridotte, al punto da dare l’impulso a uno studio comparativo, per vedere se esistono affinità e magari qualche grado di parentela tra i due pigmei dell’isola.

Ipotetica ricostruzione eseguita con metodi forensi del viso di Homo floresiensis. Crediti immagine: Wikimedia Commons

L’analisi, condotta da ricercatori della Princeton University (con in testa l’italiana Serena Tucci) e pubblicata su Science, ha dato esito negativo riguardo l’esistenza di possibili progenitori comuni, ma ha suggerito la loro vera storia evolutiva e svelato altre cose interessanti sulla loro genetica.

Studiare l’uomo del passato con il DNA dell’uomo del presente

I ‘pigmei’ attuali di Flores vivono nel villaggio di Rampasasa, e hanno una statura media di 145 centimentri, del tutto comparabile a quella dei loro predecessori. Il loro villaggio è pure vicino alle grotte in cui gli ‘hobbit’ di Flores emersono per la prima volta nel 2003. Addirittura parlano di un misterioro ‘uomo dei boschi’ chiamato Ebu gogo, che alcuni di loro associano ai resti trovati nella grotta. Inevitabile pensare, di primo acchito, a una forte affinità reciproca tra i due pigmei.

Per saperne di più, non restava che affidarsi al DNA. Il problema era l’impossibilità di estrarre DNA dalle ossa dell’hobbit di Flores. Per questo è stato necessario ingegnarsi per trovare tracce dell’antico genoma nel DNA attuale. Il laboratorio di Joshua Akey alla Princeton ha trovato il modo, impiegando un metodo statistico chiamato S* (S star), che permette di individuare sequenze geniche appartenenti a neanderthaliani e denisoviani nei genomi attuali senza bisogno di confronto diretto con sequenze di DNA antico. Il presupposto di base per la riuscita dell’analisi era che il metodo permettesse di indagare anche l’esistenza di sequenze attribuibili ad antenati arcaici non ancora conosciuti, che potrebbero appartenere sia a H. floresiensis sia ad altre specie ancora.

Spiegando loro i fini dell’esperimento, i ricercatori hanno ottenuto il consenso per prelevare DNA da 32 individui della popolazione di Rampasasa. I genomi di 10 di loro sono stati completamente sequenziati, per poi essere confrontati con quelli di individui melanesiani, asiatici ed europei.

Quali i risultati?

I risultati hanno mostrato un quadro chiaramente incoerente con l’ipotesi dell’affinità tra gli uomini di Rampasasa e gli hobbit di Flores. I piccoli indigeni attuali hanno tracce di genoma nearderthaliano e in minor misura denisoviano, ma nessuna traccia attribuibile a popolazioni antiche come H. floresiensis o H. erectus, l’altro importante protagonista del Quaternario di Flores.

Se Rampasasa non è abitata da discendenti degli hobbit di Flores, la storia della genesi dei suoi abitanti deve essere un’altra, ancora sepolta nella memoria dell’isola, ma adesso più vicina all’essere raccontata.
Secondo gli autori, i loro antenati dovevano essere giunti dalla vicina Oceania, per poi incrociarsi con altre popolazioni giunte dall’Asia orientale.

Quanto alla loro statura pigmea, è entrato in campo il diffuso fenomeno del nanismo insulare, già noto nel regno animale, e in modo particolare a Flores, dove oggi vive un ratto gigante (Papagomys armandvillei) e ieri vivevano elefanti nani (Stegodon florensis insularis) e una cicogna gigante (Leptoptilos robustus). La selezione ha agito su diversi geni legati alla statura, in qualche modo livellandone le differenze tra i diversi abitanti dell’isola: i grandi diventano piccoli e i piccoli grandi.

E se il nanismo insulare finalmente viene dimostrato valido anche per gli esseri umani, è una prova in più che la selezione naturale agisce di base sull’uomo esattamente come sugli altri animali. “Questo è realmente intrigante”, ha dichiarato Serena Tucci, “perché significa che evolutivamente non siamo così speciali”.

Un altro aspetto interessante relativo alla genetica degli uomini di Rampasasa è la presenza di varianti dei geni legati al metabolismo degli acidi grassi (FADS), come accade negli Inuit. La presenza di enzimi FADS permette loro di digerire meglio il pesce, fondamentale nel regime alimentare di entrambi.

Non si può comunque escludere che ci siano stati incontri e ibridazioni tra i loro antenati e gli H. floresiensis, dato che percentuali molto basse di DNA antico non sono rilevabili attualmente. Viene da credere che da coinquilini di una piccola isola qualche contatto ci sia stato, ma per saperlo dovremo attendere ulteriori sviluppi della tecnologia del sequenziamento genomico, in grado di fornire estrazioni valide anche da materiali fortemente degradati.

Attendiamo fiduciosi i nuovi capitoli della saga dello Hobbit di Flores.

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