VITE PAZIENTI

Vivere senza stomaco dopo un tumore

Mancanza di nutrizionisti nel percorso post operatorio, discrepanze nella percentuale di invalidità concessa, diverso accesso agli integratori tra regioni. Ecco come vive chi ha avuto un tumore allo stomaco e si è sottoposto a gastrectomia..

“Dall’esterno viene da pensare che sia impossibile vivere senza stomaco, e invece fortunatamente non è così. Il nostro socio più anziano, Salvatore, ha più di 80 anni e vive senza stomaco da anni suonando la sua fisarmonica, così come il nostro segretario Gianluigi. Il problema è che si tratta di una vita faticosa, dove il mangiare e il digerire diventano attività intorno cui ruotano le nostre giornate.

Nonostante ciò, il percorso di cura spesso non prevede la presenza di un nutrizionista in grado di seguire il paziente dall’intervento in poi, in grado di guidarlo in questa fase di così profondo cambiamento. Se vuoi il nutrizionista lo devi cercare in autonomia, a volte pagandolo di tasca propria, spesse volte imparando a conoscere il tuo nuovo corpo insieme a lui”.

Parla velocemente Claudia, con il suo caldo accento emiliano, mentre mi racconta della sua nuova vita cominciata dieci anni fa dopo una gastrectomia totale dello stomaco in seguito a un tumore. Claudia è di corsa, sono le dieci di mattina e sta ultimando i preparativi per iniziare il nuovo anno scolastico. Lei è insegnante ed è anche la presidente dell’associazione nazionale Vivere Senza Stomaco si può Onlus.

Claudia Santangelo, presidente dell’associazione nazionale Vivere Senza Stomaco si può Onlus, insieme al marito.

“Il primo problema che un paziente deve affrontare al momento della diagnosi è decidere dove operarsi. È un problema che interessa i malati di ogni tipo di cancro, ma nel nostro caso è molto più grave, in quanto l’intervento è particolarmente difficile e demolitivo. Per questo è importante rivolgersi a centri che abbiano un grosso volume di interventi, perché è questo che fa la differenza”.

L’intervento e la nuova vita

Lo stomaco asportato non viene sostituito con uno “stomaco artificiale”, ma si procede unendo l’esofago alla parte superiore dell’intestino. Questo significa che una volta masticato e inghiottito, il cibo passa direttamente dalla bocca a quest’ultimo, che all’inizio fatica anche a riconoscere l’alimento, essendo abituato a riceverlo dopo la trasformazione che avveniva nello stomaco.

In alcuni casi, come quello della vitamina B, sono necessarie delle periodiche iniezioni dato che la vitamina viene assorbita solo grazie alla secrezione del fattore intrinseco che avviene, appunto, all’interno dello stomaco.

L’intervento è solo il primo passo. La vera sfida per il malato inizia dopo, quando non può lasciarsi tutto alle spalle ma deve iniziare la sua nuova vita con ritmi e incognite nuovi. “All’inizio non sai come fare, ogni cosa diventa complessa e da un giorno all’altro non sai se potrai mangiare gli stessi cibi di prima, quali saranno i tempi di digestione dei vari alimenti, se il tuo nuovo organismo saprà accettare i vari tipi di cottura. Diventa un fai da te, siamo troppo spesso soli nei nostri tentativi. Per una persona anziana per esempio non è facile modificare le proprie abitudini alimentari senza essere guidati”.

Lo scarso supporto del SSN

Dopo l’intervento la vita di una persona senza stomaco ruoterà per sempre intorno all’atto di nutrirsi, eppure sono rari i pazienti che vengono supportati dal SSN in tal senso all’interno del proprio percorso terapeutico. Questo nonostante l’accordo Stato Regioni siglato a dicembre 2017 proprio in tema di nutrizione in oncologia e le recenti linee guida.

“Sono pochissimi gli ospedali che offrono un team multidisciplinare che prevede la presenza del nutrizionista, che invece per la nostra malattia è fondamentale” racconta ancora Claudia. “Dipende da dove vivi. E comunque il nostro bisogno è quello di avere un nutrizionista esperto in gastrectomizzati”.

“Dipende dove vivi” detta con sconforto, è un’espressione che incontro spesso quando parlo con pazienti e medici in tanti ambiti sanitari. L’assurdità in questo caso riguarda anche il riconoscimento della percentuale di invalidità ai fini dell’accettazione della richiesta di riduzione dell’orario di lavoro per ragioni di salute.

“Perché vengano riconosciuti questi diritti è necessario che l’invalidità dovuta alla malattia sia almeno del 70% e con riconoscimento della “gravità”, art 3 comma 3 della legge 104/92– mi spiega Claudia – ma dipende dalla commissione, anche all’interno della stessa regione”. Chi vive una malattia dal di dentro e si confronta quotidianamente con altri malati, questo lo sa bene. Da presidente di un’associazione di pazienti vedo molte persone con lo stesso tipo di difficoltà che ottengono gradi di invalidità molto diversi, differenze che possono andare dal 60% al 100% e davvero non ce lo spieghiamo noi che conosciamo le persone nella loro vita quotidiana. Forse è un tema su cui bisognerebbe ragionare meglio anche in termini di linee guida e indicatori omogenei.”

Una lotta contro gli sbalzi glicemici

Un enorme problema di chi vive senza stomaco è legato agli sbalzi glicemici che fiaccano il corpo impedendo di lavorare, per esempio, una giornata intera. Si può passare in poco tempo da 300 a 30 di glicemia: non riesci a stare seduto, a parlare compiutamente, ed esiste il rischio di complicanze.

Allora ti sdrai e aspetti un paio d’ore finché le la glicemia si stabilizza, ma per assicurarsi di non perdere ore di lavoro è necessario alzarsi molto presto al mattino e fare una piccola colazione per potere uscire di casa in sicurezza. “Il punto è che sul problema della glicemia noi non siamo assimilati ai diabetici. Abbiamo lo stesso problema, anzi più grave in un certo senso perché legato verosimilmente a un limite meccanico che non ci consente l’assunzione di farmaci, come ad esempio fanno i diabetici, per regolarizzare la glicemia. Noi non abbiamo diritto ad avere i rilevatori, siamo degli sconosciuti in questo senso. Infatti lo strumento per misurare la glicemia me lo sono dovuta comprare a spese mie.”

Stesso problema ma diversi diritti. La beffa finale riguarda gli integratori, che sono fondamentali se non hai lo stomaco, ma che ancora una volta vengono forniti gratuitamente a seconda di dove hai la fortuna di vivere. Un’amica di Claudia che vive nel Lazio, per esempio, se li deve pagare di tasca propria, mentre a Claudia in Emilia vengono passati gratuitamente.

La diagnosi precoce è fondamentale

“Quello che ho imparato in 10 anni di vita senza stomaco – mi dice infine Claudia prima di tornare alla sua mattinata – è che chiediamo, anche, la possibilità di avere diagnosi precoci perché questo fa davvero la differenza, per un tipo di tumore così aggressivo, tra il vivere e il morire.

I medici di famiglia sono professionisti preziosissimi, da loro dipende molto. Utile ricordare l’esperienza del dott. Luca Saragoni, dell’area Vasta della Romagna, che ha strutturato un progetto triennale di formazione sui medici di medicina di base. Tale progetto ha fatto sì che i tumori allo stadio iniziale individuati in quel territorio siano sovrapponibili a quelli del Giappone, il paese al mondo con il numero più alto di tumore gastrico e che quindi prevede la gastroscopia come screening.”

Il messaggio che arriva forte e chiaro da Claudia è che non basta non avere più il tumore. Ogni persona merita di riprendere una vita quotidiana dignitosa dopo il cancro e di poter essere un lavoratore disabile e non un disabile assistito.

Claudia Santangelo e i suoi amici sono disponibili su www.viveresenzastomaco.org con molte notizie utili, news e informazioni, o nel gruppo Facebook “Cancro allo stomaco. Vivere senza stomaco si può”, che conta oggi più di 2300 membri.  Nell’area soci del sito sono disponibili gratuitamente diversi specialisti per consulenze specifiche.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.