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Possiamo usare una app come contraccettivo?

Sono più di mille i software che puntano a evidenziare sul calendario la "finestra fertile" e si stima che in questo tipo di mercato saranno in ballo 50 miliardi di dollari in meno di dieci anni. Ma come funzionano queste app?

SALUTE – Le app più usate per conoscere il tuo ciclo mestruale oppure Le Cinque app per chi cerca un figlio. O ancora l’estremo opposto: Le migliori app per non rimanere incinta. Alle donne che nel seguire il proprio ciclo mensile vogliono affidarsi anche alla tecnologia basta un giro sull’App Store, sul Google Play Store e simili piattaforme per rendersi conto che l’offerta non manca.

Le fertility app sono ormai numerosissime, ma è davvero sensato affidare la propria vita sessuale a questo tipo di “strumenti”? Fotografia: Pixabay

Tra le diffusissime, a livello globale, troviamo esempi come Clue, che ha più di cinque milioni di utenti e ha ricevuto finanziamenti per oltre 20 milioni di dollari (con investitori come Nokia), e Natural Cycles, la prima app a ottenere la certificazione come contraccettivo in Europa (nel 2017) e che sta facendo parlare di sé poiché è l’unica approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) americana. Molte altre si sono già messe in coda per ottenere questa certificazione.

Sono ben più di mille i software che puntano a evidenziare sul calendario la cosiddetta finestra fertile, e si stima che in questo tipo di mercato saranno in ballo 50 miliardi di dollari in meno di dieci anni. Sono milioni le utenti che hanno scaricato queste applicazioni e che prendono decisioni in merito alla propria vita sessuale sulla base delle informazioni che ricevono. Faranno bene? La questione è calda: da un lato c’è chi lancia claim dal sapore rassicurante, dall’altro chi reclama regole più chiare sulla definizione stessa di contraccettivo e su cosa possa (e non) essere promosso alle giovani donne. La confusione è tanta e fare scelte consapevoli non è facile.

Come funzionano

Innanzitutto, le app che seguono la fertilità non sono tutte uguali. Le più essenziali chiedono semplicemente di inserire ogni mese la data di arrivo delle mestruazioni e possono fornire un’indicazione approssimativa di quando arriveranno quelle dei mesi successivi, così come della finestra fertile. Altre richiedono di fornire dettagli più intimi: i sintomi e l’”entità” delle mestruazioni, per esempio, se in corrispondenza si sono presentati anche mal di testa, o un particolare nervosismo, o spossatezza, se si è fatta attività fisica, se ci sono state variazioni di peso nell’arco del mese e così via, in modo da avere sott’occhio anche la frequenza di queste manifestazioni. Naturalmente, per andare a regime, devono essere usate per alcuni cicli consecutivi, in modo da “mettere in bolla” i calcoli necessari.

Altre ancora presuppongono un monitoraggio quotidiano di quei segnali fisiologici che possono suggerire che l’ovulazione è in corso, o che siamo molto vicini ai giorni delle perdite. La misura della temperatura basale, per esempio, poiché questa tende ad aumentare lievemente in concomitanza dell’ovulazione. Sono queste le app che si dichiarano più affidabili per l’uso come contraccettivo o, in caso contrario, per individuare gli intervalli dove la probabilità di concepire un figlio è maggiore.

Gli “approcci” con cui fanno presa sono grossomodo due. Ci sono le app che si dichiarano utili per conoscere meglio il proprio ciclo, come ne si viene influenzate e imparare forse qualcosa in più sul proprio corpo, ovvero quelle che vengono chiamate comunemente period tracking. Il secondo approccio è invece quello di dichiararsi un anticoncezionale, cioè garantire efficacia contro le gravidanze indesiderate.

Il loro funzionamento è legato ad algoritmi per l’intelligenza artificiale che, via via che lo user inserisce i dati, li masticano fino a ricavarne un profilo personalizzato. Più dati inseriamo più accurato sarà il profilo, quindi migliore la previsione sull’andamento del ciclo: merito del machine learning, che utilizza metodi statistici per perfezionare la performance dell’algoritmo nell’individuare i pattern nella mole di dati.

Di aspettative e controversie

Semaforo rosso: stai ovulando, evita di avere rapporti sessuali non protetti. Semaforo verde: via libera, sei lontana dall’ovulazione, non serve usare i contraccettivi. Non serve più ricordarsi di assumere la pillola, niente più effetti collaterali, insomma: una bella liberazione. Ma anche un bell’abbaglio.

Sta di fatto che la stessa app ufficialmente approvata al rango di anticoncezionale, che reclama un’efficacia del 93%, per assicurarsi il giusto grado di accuratezza necessita di un monitoraggio costante della temperatura basale (che tradotto significa misurarsela ogni mattina, alla stessa ora). E, pur se siamo ligi e costanti nell’operazione, ci sono fattori che possono interferire col risultato: qualche linea di febbre, o se si è appena fatto un bagno caldo, per esempio.

Di fatto (e questo vale per tutti), più un metodo contraccettivo dipende dal modo in cui ne usufruisce l’utilizzatore finale, più si infittiscono le variabili e i potenziali casi di insuccesso.

All’inizio di quest’anno proprio Natural Cycles si è trovata al centro di una bufera in seguito alle segnalazioni di 37 donne di essere incappate in una gravidanza indesiderata pur utilizzando la app. Sono quindi stati passati in rassegna tutti gli studi clinici che la coinvolgevano: su un campione di oltre 15mila donne che l’avevano usata le gravidanze erano meno del 2%, in linea con i loro claim.

La stessa azienda dichiara che il sistema non pretende di funzionare per tutti, poiché il metodo del termometro è adatto a donne con un ciclo molto regolare… tenendo però anche in conto che stress, viaggi, o carenza di sonno possono comunque condizionarlo.

In più c’è il fatto che la finestra fertile non ha di per sé confini netti. Sia lo sperma che la cellula uovo non sono così “estemporanei” come molti pensano e possono rimanere vitali all’interno del corpo per molte ore, consentendo alla fecondazione di avvenire anche nei giorni successivi al rapporto sessuale: purtroppo non tutte le app sono chiare sull’importanza di tener conto di tutte queste sfumature. Anche dal punto di vista comunicativo potrebbero anzi far passare ingenuamente il messaggio che il ciclo mensile sia qualcosa di “matematico” e prevedibile.

Uno dei riferimenti della letteratura scientifica sul tema è un paper del Journal of the American Board of Family Medicine, che riporta un sopralluogo delle fertility app più popolari. La maggioranza, stando ai risultati, non è evidence-based, cioè non è sviluppata sulla base di evidenze scientifiche. 55 su 90 app sono state scartate nelle fasi successive dello studio e che gli stessi ricercatori hanno espresso perplessità rispetto all’affidarsi unicamente a un’app per controllare la propria fertilità.

Un risultato molto simile è uscito di recente su Obstetrics and Gynecology, dove gli scienziati hanno osservato l’impatto dei metodi che si basano sulla consapevolezza della fertilità (tra i quali ricadono anche queste app) giungendo anch’essi alla conclusione che in nessun caso c’è una scienza consistente alla base.

“Molte app vantano capacità che non sono testate”, hanno aggiunto gli autori dello studio sulle pagine del Times, puntando i riflettori proprio laddove c’è lo zoccolo duro del sistema: la trasparenza, ancor più necessaria quando di mezzo ci sono policy da formulare e pubblicità (non di rado si tratta di prodotti sponsorizzati via Instagram o simili, con belle grafiche e senza troppi giri di parole).

Va poi sottolineato che nessun metodo contraccettivo, anche se validato da ricerche scientifiche, è scevro di un qualche margine di rischio, soprattutto se viene utilizzato in modo scorretto (pillola: circa 9%; profilattico: 12%; spirale: meno dell’1%. Dati CDC): tanto più ne avranno quelli senza fondamento.

Gli aspetti positivi

Fermo restando che è sempre bene affidarsi ai controlli regolari del medico, queste app possono essere utili per imparare a prestare attenzione ai cambiamenti del proprio corpo nel corso del ciclo mestruale, così come per rendersi conto di ritardi che potrebbero essere sintomo di qualche problema, o di una gravidanza in atto. Inoltre possono essere uno strumento per mettere in luce se c’è una concomitanza tra l’arrivo della mestruazione e altri sintomi, per esempio gli attacchi di emicrania.

Ciò che può qualificarle come innovazioni è altro: l’avere accesso a una enorme quantità di informazioni, una risorsa preziosa per poter condurre ricerca data-driven sulla salute femminile. L’Università di Oxford, per portare un caso, porta avanti un’indagine su questo fronte in collaborazione, oltre che con altri istituti, con una fertility app: i ricercatori convogliano tutti i dati che vengono inseriti dagli utenti e possono impiegarli per condurre indagini mediche su campioni molto vasti di popolazione femminile.

Quelli sì, davvero rappresentativi.

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