Ictus cerebrale: diagnosi e cura in Italia
Ogni anno, in Italia, sono circa 200 mila le persone colpite da ictus cerebrale, considerato la terza causa di decesso dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie.
SALUTE – Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, nell’80 per cento dei casi si tratta di nuovi episodi, nel restante 20 per cento di recidive. Per molte delle persone colpite gli esiti sono invalidanti e permanenti. In base alle stime della Società italiana di riabilitazione neurologica, nel nostro territorio, ogni anno “42.300 pazienti presentano alla dimissione dal reparto acuti esiti gravissimi di ictus per i quali è necessario un tempestivo ricovero in strutture di alta specialità adeguatamente attrezzate per la neuroriabilitazione”. Inoltre, a circa un anno dall’evento acuto, un terzo delle persone presenta un grado di disabilità elevato, tanto da aver bisogno di assistenza continua.
Luisa Roveri, neurologa dell’Unità di malattie cerebrovascolari dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ci aiuta a comprendere tutti gli aspetti di questo deficit neurologico.
Cos’è l’ictus?
“Dal punto di vista fisiopatogenetico, l’ictus è il mancato afflusso di sangue a un territorio arterioso dell’encefalo causato da un embolo che occlude un’arteria cerebrale e, a seconda dell’area interessata, genera manifestazioni cliniche di diverso tipo e gravità. Ci sono dei “segnali” che indicano l’incombenza di un ictus: le funzioni motorie degli arti superiori possono venir meno, si può incorrere in difficoltà di espressione o di articolazione delle parole, in disturbi del campo visivo che non interessano primitivamente l’occhio, in deficit dell’equilibrio e vertigini. Alcuni sintomi rappresentano campanelli d’allarme molto chiari. Altri sono più subdoli e attribuibili a differenti patologie. Si può incorrere anche in un’improvvisa perdita di coscienza: tutto dipende dal territorio arterioso interessato dal mancato apporto di sangue. In ogni caso, in presenza dei sintomi indicati, occorre chiamare immediatamente soccorso e riferire l’evento affinché, se necessario, possa essere attivato subito l’iter previsto per il trattamento acuto dell’ictus”.
Quali sono i fattori di rischio?
Per l’ictus cerebrale esiste una familiarità legata a fattori genetici ma, più in generale, una familiarità legata a fattori di rischio quali l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le arteriopatie o le cardiopatie, in breve a tutte le malattie che interessano i vasi sanguigni e, quindi, anche quelli dell’encefalo. L’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni. Il 75% degli ictus, quindi, colpisce i soggetti over 65. Il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione anziana (65-84 anni) italiana è più alto negli uomini che nelle donne. Nella popolazione giovanile (under 50) i fattori di rischio sono diversi, con cause più rare rispetto a quelle riscontrate nella popolazione anziana, come la dissecazione arteriosa.
Come si interviene in caso di ictus?
Da più di 20 anni disponiamo di terapie che se praticate all’interno di una finestra temporale precoce possono rivascolarizzare il tessuto cerebrale e limitare il danno. La terapia trombolitica, di tipo farmacologico, deve essere effettuata entro quattro ore e mezzo dall’esordio dei disturbi. Più recentemente, si può ricorrere alla disostruzione meccanica dell’arteria colpita, ma solo in presenza di un vaso di medio-grosso calibro. Questa procedura deve essere effettuata entro sei ore dalla comparsa dei sintomi. Le fasce temporali possono essere estese anche fino a 24h in rapporto a precisi parametri e a discrezione dello specialista, ma solo in evenienze estreme. In ogni caso, il messaggio è quello di non attendere. Man mano che ci allontaniamo dall’esordio dei disturbi si riducono drasticamente le probabilità di avere un esito favorevole a seguito della terapia.
Esistono unità specializzate nel trattamento dell’ictus cerebrale?
Sono le Stroke Unit, presenti in grande quantità sul territorio italiano ma non tutte distribuite in modo omogeneo. Un’ulteriore criticità riguarda il fatto che molte unità non sono attrezzate per effettuare i trattamenti citati, oppure ne effettuano solo uno dei due. In altri casi, succede che Stroke Unit avanzate siano collocate vicine e che altre zone siano, invece, totalmente sprovviste di queste unità specializzate.
E per ciò che riguarda il percorso riabilitativo post-ictus? In Italia solo sei regioni – Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Marche presentano percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aggiornati e attivi per la riabilitazione di pazienti.
Il rapporto domanda-offerta è certamente sfavorevole. Inoltre, è indispensabile sottolineare come la persona che ha affrontato un ictus abbia bisogno di un percorso riabilitativo totalmente differente da chi, per esempio, ha subito un problema ortopedico o ha esiti post-traumatici. Pertanto, l’approccio a strutture adeguate, specializzate in riabilitazione neuromotoria, è indispensabile. Ma non è tutto. Occorre prevedere una terapia occupazionale e la presa in carico di disturbi spesso sottovalutati quali il disagio sociale, quello psicologico e la compromissione del linguaggio, causa di molte difficoltà per i pazienti.
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