SCOPERTE

Avorio in codice

Per contrabbandare l'avorio sul mercato nero online si usano termini in codice: scoprirli può aiutare le autorità a identificare i traffici illegali.

ANIMALI- Se dovessimo immaginare come avvengono i traffici di oggetti proibiti, probabilmente penseremmo al dark web o a fumosi retrobottega in zone malfamate. Invece c’è chi sceglie siti a noi molto familiari, proprio come accade con il commercio di specie invasive.

Sara Alfino e il dottor David Roberts del Durrell Institute of Conservation and Ecology nella Scuola di Antropologia e Conservazione dell’Università del Kent hanno esaminato 19 diverse parole e frasi in codice – identificate come riferite a prodotti in avorio in vendita – su eBay. Nello specifico, sui suoi quattro siti web di Regno Unito, Italia, Francia e Spagna.

Foto: Pixabay

Per quanto eBay abbia vietato la vendita di articoli in avorio, i ricercatori hanno trovato 183 prodotti messi online da 113 venditori nell’arco di tempo del loro studio, tra il 18 gennaio e il 5 febbraio 2017. Questo non solo viola le condizioni degli scambi su eBay, ma infrange le norme della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora – CITES) e quelle dell’Unione Europea sulla vendita dell’avorio non lavorato.

Malgrado l’uso di codici per nascondere le vendite possa rappresentare un problema per le forze dell’ordine, anche considerate le diverse lingue con cui avvengono gli scambi, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte degli oggetti nelle inserzioni – circa l’80% – erano raggruppati sotto sei parole in codice nei quattro siti di eBay monitorati.

Questo suggerisce come la vendita online di oggetti d’avorio si stia riconducendo a un modello standard di parole in codice, anche quando si utilizzano diverse lingue: la globalizzazione e le forze di mercato esercitano la loro spinta anche su questi traffici. Si tratta di un aspetto che potrebbe venire in aiuto alle forze dell’ordine occupate nella ricerca degli scambi di questo materiale, e potrebbe permettere di sviluppare meccanismi di machine learning in grado di focalizzarsi sui termini chiave e di identificare i traffici illegali.

I ricercatori sostengono come sia necessario ulteriore lavoro per monitorare siti come Facebook, Twitter, Instagram e Craigslist, per trovare quali termini vengono utilizzati. Questi siti hanno modi differenti per presentare gli articoli in vendita, perciò ancora non si conosce in quale misura queste parole in codice sono condivise tra le diverse lingue, o anche solo tra le diverse piattaforme per la vendita.

Nonostante ciò, se fosse possibile identificare una “impronta digitale” nella vendita dell’avorio o di altri oggetti ricavati dalla fauna selvatica in grado di travalicare piattaforme, lingue e stati, il monitoraggio di questi traffici potrebbe diventare molto più semplice.

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Giulia Negri
Comunicatrice della scienza, grande appassionata di animali e mangiatrice di libri. Nata sotto il segno dell'atomo, dopo gli studi in fisica ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste. Ama le videointerviste e cura il blog di recensioni di libri e divulgazione scientifica “La rana che russa” dal 2014. Ha lavorato al CERN, in editoria scolastica e nell'organizzazione di eventi scientifici; gioca con la creatività per raccontare la scienza e renderla un piatto per tutti.