Artide chiama Antartide: le sorprendenti connessioni climatiche degli antipodi
Uno studio su Nature rivela il complesso sistema di interazioni climatiche tra il Mar Glaciale Artico e l'Antartide.
Quando l’Artico chiama, l’Antartide risponde. E lo fa relativamente in fretta, nonostante i 20 mila chilometri che separano i due poli. Un messaggio stringato, spedito per posta aerea, anticipa la risposta vera e propria che tuttavia impiegherà due secoli per giungere a destinazione via mare: se ti riscaldi, io mi raffreddo.
Con una buona dose di immaginazione, si può riassumere così il complesso sistema di interazioni climatiche tra Mar Glaciale Artico e Antartide descritto su Nature da un gruppo di ricercatori coordinati da Christo Buizert, professore di Geofisica all’Università statale dell’Oregon. Nel periodo glaciale compreso tra 100 e 20 mila anni fa, il pianeta è stato interessato da 25 sbalzi di temperatura piuttosto bruschi.
Per comprendere a fondo questi eventi, i ricercatori hanno analizzato le carote di ghiaccio campionate in cinque siti dell’Antartide, mettendole a confronto con quelle estratte in precedenza in Groenlandia.
“Non è stata un’operazione facile. L’Antartide è un continente estremamente arido perciò la formazione di ghiaccio è molto ridotta rispetto a quanto avviene in Groenlandia. Per poter sincronizzare gli eventi climatici dei due emisferi ci serviva un campione che facesse da ‘ponte’, cioè di una carota antartica caratterizzata da un accumulo molto elevato. Grazie a questa abbiamo potuto porre sulla stessa linea temporale le carote dei due antipodi” spiega a OggiScienza Barbara Stenni, professoressa di Geochimica e Paleoclimatologia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, tra gli autori dello studio.
Il ruolo della corrente del Golfo
Innanzitutto, le analisi hanno rivelato come questi cambiamenti climatici siano dipesi dalle variazioni di intensità della circolazione oceanica superficiale, e in particolare della corrente del Golfo che trasferisce calore dalla regione tropicale a quella nordatlantica. Quando questa corrente calda raggiungeva la massima intensità, la Groenlandia andava incontro a riscaldamenti repentini, con aumenti fino a 10 o 15° C in appena un decennio.
“In concomitanza con questi eventi di riscaldamento, nelle carote dell’Atlantico settentrionale sono stati rinvenuti dei sedimenti grossolani, estranei alla normale deposizione: sono un indizio dell’attività erosiva da parte di iceberg. La loro fusione provocò un massiccio input di acqua dolce nell’oceano, modificando la circolazione termoalina” prosegue Stenni.
Quando il calore viene trasferito verso Nord dalla corrente del Golfo, il resto degli oceani gradualmente si raffredda. La conferma viene dalle carote antartiche, che registrano opposte variazioni di temperatura con circa 200 anni di ritardo. “Quella del Golfo fa parte del vasto sistema di correnti noto come Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica o più concisamente come AMOC, il suo acronimo in inglese. Le alterazioni di questo sistema hanno ripercussioni a livello planetario sulla circolazione oceanica. Fino a interessare, nel lungo periodo, persino gli antipodi” prosegue Stenni.
È la cosiddetta altalena bipolare (bipolar seesaw), il fenomeno per il quale, su scala millenaria, le variazioni di temperatura ai due poli avvengono fuori fase: quando l’Artico si riscalda, l’Antartide si raffredda e viceversa.
Questa risposta mediata dalle correnti non è tuttavia l’unico tipo di connessione climatica tra Mar Glaciale Artico e Antartide. “Le carote antartiche hanno rivelato l’esistenza di un segnale più rapido, che impiega appena qualche anno, o decennio, per giungere a destinazione. Il riscaldamento dell’emisfero boreale provoca infatti mutamenti anche a livello della circolazione atmosferica, che avvicinano o allontanano i venti occidentali che lambiscono l’Antartide” rivela Stenni.
Sebbene più debole e meno uniforme dell’altalena bipolare, il segnale lasciato dallo spostamento dei venti occidentali è infatti presente in tutti e cinque i siti antartici. La scoperta non amplia solamente le nostre conoscenze delle dinamiche climatiche del passato, ma interessa da vicino sia il presente sia il futuro del pianeta.
La situazione attuale
Un numero sempre maggiore di ricercatori è convinto che da almeno quindici anni, cioè da quando è stato inaugurato un raffinato sistema di rilevamento dedicato, il Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica si sta gradualmente indebolendo.
Se dovesse ripetersi quanto accaduto nel passato, l’intensità dei monsoni asiatici verrebbe smorzata, mettendo in difficoltà milioni di persone la cui vita dipende dalle loro piogge. Inoltre, le variazioni nei venti dell’emisfero australe ridurrebbero la capacità dell’oceano di rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, accelerando il riscaldamento del pianeta.
“Tuttavia, non dobbiamo scordare le diversità tra lo scenario attuale e quello dello studio: ci troviamo in un periodo interglaciale, l’aumento delle temperature medie è di origine antropica e inoltre riguarda l’intero pianeta” frena Stenni.
Se il futuro resta un’incognita, la scoperta di questa connessione rapida tra gli emisferi aumenterà l’accuratezza dei modelli previsionali, fornendo solide basi su cui tararli. Come la consapevolezza che i due giganti bianchi, anche se lontani, parlano spesso tra loro.
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